Emergenza Coronavirus: "Carabinieri di Manfredonia senza dispositivi di protezione"

MANFREDONIA (FG) - Altissima la preoccupazione da parte del personale dell'Arma dei carabinieri che, in piena pandemia, è costretto a lavorare in prima linea senza dispositivi di protezione individuale. La denuncia viene da UNARMA, Associazione Sindacale Carabinieri, che evidentemente ci aveva visto lungo. E bene! Raccogliamo infatti la sconcertante testimonianza del dr. Gianluca Tondo, v.Presidente nazionale di Unarma A.S.C. il quale ci racconta che "il 23 gennaio u.s., dopo un'attenta riunione del nostro direttivo, abbiamo scritto al Ministro della difesa, al Ministro della salute ed al Comando Generale dell'Arma dei carabinieri per segnalare la preoccupazione che il virus stava suscitando tra l'opinione pubblica e tra i carabinieri in particolare.

E avevamo chiesto un intervento urgente di carattere preventivo, atteso che il virus aveva caratteristiche di rapida diffusione da persona a persona, soprattutto alla luce del gran numero di cittadini cinesi che vivono e lavorano nel nostro paese e che in quel periodo si erano spostati sul tragitto Italia-Cina-Italia, per festeggiare il capodanno cinese.

Ebbene, risulta che solo il 28 gennaio successivo, il Gabinetto del Ministro abbia inviato, per le valutazioni del caso, la nostra urgente missiva allo Stato Maggiore della Difesa. Ben cinque giorni per giungere da un ufficio all'altro dello stesso palazzo. E' incredibile! Nel mese di febbraio siamo poi ritornati a scrivere più volte: per esempio per mettere in evidenza le carenze di sicurezza per i carabinieri che operano nei porti e negli aeroporti... per segnalare che il gel disinfettante distribuito era, clamorosamente, scaduto... per segnalare la carenza di mascherine, guanti e quant'altro... tutte circostanze spiacevoli e su cui non avremmo mai voluto essere costretti ad intervenire." Quale nazione manderebbe il suo esercito a combattere, peraltro contro un nemico invisibile, senza ogni adeguata strumentazione?

Eppure è così: le poche mascherine consegnate, tra l'altro monouso, sono state riutilizzate tantissime volte, ciò nonostante vengono richiesti continui controlli su strada, dove non sempre è possibile mantenere la distanza di sicurezza con la persona controllata e fino alle operazioni di foto-segnalamento che vanno svolte a stretto contatto con eventuali arrestati. Purtroppo il problema non è solo quello delle poche mascherine, mancano tute che dovrebbero coprire l'uniforme, veicolo di trasmissione del virus nelle caserme e nelle proprie abitazioni qualora venuto in contatto con persone o posti infetti da Covid-19.

C'è poi da segnalare un'altra grave situazione: all'interno delle caserme sono stati distribuiti disinfettanti risultati scaduti. Il prodotto non è dannoso, ma di sicuro inefficace in quanto ha perso la componente alcolica che agisce contro batteri, virus e funghi. Infine gravissima ci viene segnalata la totale assenza di sanificazione dei locali della caserma ed ancor più grave quella dei mezzi su cui i militari fanno il servizio di pattuglia. Nella pur comprensibile difficoltà del momento un'altra domanda sorge spontanea: possibile che i vertici dell’Arma dei Carabinieri e delle altre istituzioni della Difesa, non siano stati in grado di valutare per tempo questo pericolo per il nostro Paese? Il popolo italiano è preoccupato dall'inefficienza dimostrata dai vertici militari.

L'emergenza Coronavirus era lì, già preannunciata dalle preoccupanti notizie provenienti dalla Cina, un Paese che seppur geograficamente lontano è invece molto vicino al nostro, dal punto di vista sociale e commerciale. Alle domande - che esigono risposte - vi è purtroppo la realtà dei fatti. Ed ecco che a distanza di poche ore, giunge la notizia della morte per coronavirus di due carabinieri: il maresciallo maggiore Massimiliano Maggi, in servizio a La Spezia e l'app. sc. Claudio Polzomi in servizio a Bergamo. Auspichiamo che venga subito trovata una soluzione a questa grave contingenza al fine di garantire la massima sicurezza e la giusta dignità lavorativa a tutti i militari nella speranza che i poveri militari che hanno sacrificato la loro vita sia una sprone per i vertici competenti ad intervenire con tempestività e che questo paese non debba piangere ancora vittime innocenti.

La frase “io speriamo che me la cavo” non deve diventare il motto proverbiale con cui ogni militare si appresta ad iniziare il suo turno di servizio perché la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori è un principio di diritto di ogni paese democratico. Ed è un caposaldo della nostra Costituzione che non deve mai essere calpestata. (Stefania Consiglia Troiano - Rete Smash)
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