Santa Fizzarotti Selvaggi ‘plana’ sulle ali del desiderio


DELIO DE MARTINO - Delio De Martino Sulle ali di fuoco. Trilogia del desiderio è l’ultima silloge poetica di Santa Fizzarotti Selvaggi edita da Fides Edizioni. Come chiarisce il titolo, si tratta di un’opera sull’amore, corposa e ricchissima di citazioni esplicite e implicite ai più grandi autori letterari e religiosi della storia dell’umanità. Divisa in tre cantiche intitolate Per credere, Per sperare e Per amare presenta una struttura tripartita come la Divina Commedia ed è composta da 81 poesie per cantica,in totale 243. Il numero non è casuale perché la somma delle cifre è sempre 9, numero tradizionalmente magico in quando deriva dalla moltiplicazione del numero perfetto 3 per 3 e richiama la numerologia religiosa della trinità oltre a numerosissimi altri autori e contesti poetici come la struttura dell’oltretomba dantesco, con i suoi 9 cerchi infernali ma anche i nove cori angelici e i nove cieli del Paradiso.

D’altronde già il titolo Su le ali di fuoco sottotitolato Trilogia del desiderio unisce tre potenti metafore dantesche legate all’amore, quelle delle ali, del fuoco e del desiderio. Un titolo così suggestivo infatti non può non richiamare Paolo e Francesca e i celeberrimi versi 82-84 del canto V dell’Inferno in cui è contenuta proprio la similitudine della passione amorosa quale volo di colombe: Quali colombe dal disio chiamate / con l'ali alzate e ferme al dolce nido/ vegnon per l'aere, dal voler portate. Nel luogo più infuocato della storia della letteratura, l’inferno,le ali diventano dunque il simbolo del desiderio più accecante.

D’altronde anche il termine “desiderio” del sottotitolo della silloge è in realtà una catacresi e nasconde nell’etimologia un’altra metafora, quella della ricerca delle stelle e infatti la tensione verso l’altissimo è onnipresente nei versi della Fizzarotti tanto quanto il desiderio, l’assenza e la ricerca di amore sia terreno che ultraterreno. La raccolta non si chiude come la Commedia con la parola “stelle”, benché queste siano nominate spesso nel corso dell’opera in ossimori come “stelle e lenticchie”e in versi in cui è evidente il bisogno fisico di raggiungerle fisicamente come“corde delle stelle” e“toccare le stelle”.

La silloge invece si conclude con la parola “Amore”, termine che comunque richiama il famosissimo explicit dantesco l’amor che move il sole e l’altre stelle. La ricerca porta dunque ad un amore ultraterreno, ad una “vita nuova”attraverso un percorso poetico che attraversa tutte le 281 poesie e che, come ricorda padre Ciro Capotosto nella Prefazione,“si riferisce alle ali dello spirito Santo, a quelle lingue di fuoco che nel cenacolo infusero un nuovo intelligere negli apostoli”. Oltre al divino poeta moltissimi altri autori sono disseminati tra i versi a partire dalle parole iniziali di Plutarco inserite come introduzione a tutta la raccolta «la mente non è un vaso da riempire ma un fuoco da accendere perché s’infuochi il gusto della ricerca e l’amore della verità».

Per accendere questo fuoco per l’autrice più che la terra contano invece i fiori, oltre ai frutti e alla natura. La copertina infatti contiene la foto di una calla bianca i cui petali assumono la forma di cuore, una foto poetica scattata dalla stessa autrice e intitolata ossimoricamente Il fuoco e il candore. L’immagine richiama la precedente raccolta della Fizzarotti dedicata ai fiori della sua sontuosa villa intitolata Nel giardino del melograno e pubblicata lo scorso anno da Levante editori. Ma gemme, petali, fiori blu, ciclamini, gelsomini, rose, zagare, mirto, ciliegie, mandorli e gigli fino al fiore di Giuda e al fiore della Madonna costellano anche questa raccolta e sono solo alcuni dei più suggestivi simboli della ricerca e del suo “giardino fatato” come lo definisce Losito, ovvero del desiderio dall’autrice, nato dalla terra e proteso alla rosa celeste.

Nella premessa alla seconda parte d’altronde l’autrice emblematicamente scrive «Ogni essere vivente invero comunica, ogni stella ci parla, ogni fiore che tocchiamo ci tocca». Pur nella loro specificità e nella diversità di ogni cantica le diverse poesie tendono a diventare sempre più “spirituali” e meno terrene. Ad ogni modo un personalissimo e inconfondibile stile formale unisce tutte le liriche. I versi brevi tendono alla parola-verso di impronta ungarettiana, e con continui enjambement appaiono anche graficamente come delle rapide fiammelle che accendono luci nel buio della ricerca del desiderio. Una ricerca che si sviluppa tra ricordi, suggestioni, preghiere e dialoghi con se stessa o con l’Assoluto, in cui non contano tanto le risposte quanto le domande, i tanti punti interrogativi che puntellano costantemente i versi.

Lo stile nominale e asindetico dei versi li rende rapidi da leggere quasi in una fiammata poetica che si esaurisce nel giro di pochi secondi per ricominciare nella successiva poesia fino a formare quasi una lunghissima processione poetica inframezzata soltanto dalle brevi postille alla fine di ogni poesia. Grazie a queste illuminanti postille di Giovanni Losito, psicologo di grande pregio come l’autrice, ogni poesia è accompagnata da percorsi interpretativi di natura non solo prettamente letteraria ma anche psicologica e antropologica, ad esempio spiegando le fanove pugliesi o l’idea freudiana di lutto. In questo percorso Losito arriva quasi a una psicanalisi della stessa autrice, come quando, commentando versi carichi di delusione amorosa le spiega che non è stata l’unica ad aver incontrato uomini incapaci di amare ma che la “sindrome del cuore di pietra” è un tratto caratteristico di numerosi pazienti in cura psicologica.

La raccolta si trasforma così quasi in un prosimetro, in un una sorta di Convivio in cui sono offerte pillole di cultura universale al lettore in modo da costruirsi il proprio percorso letterario. Losito commenta anche le citazioni meno facilmente riconoscibili, rendendo espliciti i legami poetici con autori più o meno famosi e l’intreccio di diversi miti letterari incastonati da uno stile ermetico di un’autrice che, come spiega lo psicologo, resta non “trafitta” ma “appena sfiorata da un raggio di sole”. Grazie alla lettura attenta di Losito scopriamo che la poetessa,“novella Ovidio”, cimentandosi nella complessa indagine sul desiderio, tesse la sua tela poetica intrecciando fili con i versi di Dante e di Quasimodo ma anche di Saffo, Foscolo, Leopardi, Emily Dickinson, Shakespeare, Kavafis e di tanti altri autori. Sulle ali di fuoco diventa così il “viaggio interiore di Odisseo-Fizzarotti” nel quale “ogni lido è prezioso”, anche il canto delle sirene o la promessa dell’immortalità”. Navigando nel mare della poesia, la poetessa si proietta verso la culla del mondo, verso Creta mia bella e verso Agapimeni mou Kos, l’Amata mia Cos, alle “sorgenti del sogno” e del “desiderio”.
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