“Ulia” a Matino conferma Grazia Stella Elia poetessa degli Ulivi


LIVALCA
- «Gianni ci vediamo domenica a Matino» questo invito degli Amici essendo riferito ad anni di lavoro pazzo, appassionato ed entusiasmante, chiaramente, andò deluso. Come faccio sempre chiesi aiuto ad una spiritosa espressione dicendo che avevo inteso che dovevo ascoltare il famoso “Mattino” scritto da Vito Pallavicini nel 1969, ispirandosi alla famosa romanza di Ruggero Leoncavallo, per il nostro Al Bano. Altrettando scontata la risposta «Senza cavallate non sai vivere». Dal momento che il più taciturno del gruppo - sempre da interpretare le sue riflessioni - sentenziò «Non penserai di salvarti con la solita “Cavalleria Rusticana”» fui costretto a far notare che era un lavoro di Mascagni e non di Leoncavallo, che aveva composto, non a caso, “I pagliacci”… purtroppo mi lasciai sfuggire a Parigi. Leoncavallo nato a Napoli nel 1857, nonostante fosse diplomato in composizione presso il conservatorio della sua città natale e laureato in lettere a Bologna, per vivere si trasferì a Parigi dove si esibiva nei cafés-chantants. Fino a quel giorno sapevo che “I pagliacci” erano stati partoriti in Francia; invece l’amico Vito, con discrezione, mi riferì che nel 1891 Leoncavallo recatosi in Svizzera realizzò la sua opera più famosa che andò in scena, con enorme successo, l’anno successivo a Milano. Fatta la verifica: aveva ragione! Quindi facendo ammenda mi limitai a ricordare: «Ad augusta per angusta» (Alle cose sublimi si arriva anche dopo qualche difficoltà) che è il motto che Victor Hugo mise in bocca ai congiurati nel suo “Hernani”, cui Verdi si ispirò per la sua opera “Ernani”.

A Matino sono stato nei primi anni di questo secolo per due ore, in quanto avevo accompagnato un domenicano della Basilica di San Nicola che dov eva ottemperare ad un impegno nella Chiesa Madre, per poi proseguire verso Casarano. In quel lasso di tempo, in cui il padre espletava il suo impegno, ho dato uno sguardo al centro storico che mi ha ricordato la parte vecchia di Bari. Un gentile panificatore mi aveva consigliato piazza San Giorgio - poi ho compreso che è il Santo Patrono - perchè in effetti vi si staglia il gigantesco “Palazzo Marchesale”: una di quelle bellezze che fanno dell’Italia il tesoro, in terra, del mondo. Da un distinto signore ho appreso che ora è di proprietà comunale e vi si riunisce il Consiglio Comunale. Il Palazzo era un possedimento dei Marchesi Del Tufo, che lo hanno conservato in uno stato dignitoso. So che vi sono delle fantastiche scuderie attrezzate che non visitai e non entrai nemmeno in una delle 50 stanze in cui è diviso il complesso. I miei 120 minuti a Matino sono trascorsi nell’ammirare la stupenda finestra composta da un unico vano suddiviso in tre parti mediante colonnine, nel caso specifico una trifora balaustrata. Non rammento di aver visto alcuna scultura di uno stemma - come di solito avveniva - che rappresentasse la famiglia proprietaria. Negli anni l’Amministrazione Comunale, con opera altamente meritoria, ha ristrutturato il tutto in modo da rendere il Palazzo un contenitore polifunzionale per eventi culturali e di spettacolo puro.

A giugno di quest’anno è andato in onda un progetto culturale con lo scopo dichiarato di far riflettere sulle problematiche ambientali; il calendario degli appuntamenti della rassegna d’arte contemporanea era denominato “ULIA - Passato, presente, futuro” organizzato dall’associazione “Matinum - natura & cultura” in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune e alle associazioni “Autori matinesi” e “Manu Manu Riforesta!”. Chiaramente per motivi di pandemia le manifestazioni sono state ‘sotto stretto controllo covid’, ma ciò non toglie che il problema Xylella è stato sviscerato con grande cura e meticolosità, non dimenticando i disastrosi risvolti economici.

Il termine “Ulia” in dialetto salentino significa ‘volevo’ e ‘vorrei’, oltre che l’oliva o l’albero delle olive per cui lo scopo di tutto l’evento è stato fin troppo evidente. Ora senza scomodare Vittorio Alfieri e il suo «Volli, e sempre volli, e fortissimamente volli», tutti sono consapevoli che non basta una volontà politica, ci vuole una consapevolezza di popolo che, oltre obiettare, collabori con opera ed azioni.

La rassegna ideata e curata dall’architetto Anna Maria Sicilia è stata divisa in varie sezioni: scultura, pittura, poesia, musica, fotografia, design ed installazione. Una delle serate più avvincenti è stata quella dedicate alla professoressa Grazia Stella Elia, famosa in tutta Italia come la “poetessa degli Ulivi”.

Contare gli ulivi

E’ difficile contare le stelle?

Certamente non più difficile

di contare gli ulivi

della Puglia.

Meravigliosa la nostra terra

ospita da sempre

la feconda pianta

scelta per l’adorata Atene

dall’intelligenza di Pallade. 

Nel 2016 il notissimo giornalista e scrittore Salvatore Giannella (ha diretto Airone, Genius e L’Europeo) ha curato la pubblicazione di un volumetto dal titolo «La poetessa degli ulivi-85 auguri per gli 85 anni di Grazia Stella Elia» e chi scrive - uno degli 85 - in una breve nota così si espresse:«Penso che vi sia una poesia dal titolo ‘Io e gli ulivi’ che rappresenti Grazia Stella Elia e il suo universo in un modo efficace e veritiero. I primi tre versi recitano: Credo che passi poco/, tra me e gli ulivi;/ io sono negli ulivi: E gli ultimi tre concludono: Mi sento figlia/ discendente diretta/ dei padri ulivi». I fortunati che hanno assistito all’evento hanno affermato che è stata una piacevole serata all’insegna di versi, musica e proposte per salvaguardare gli ulivi.

Alla poetessa, assente per motivi di salute, è stata consegnata una artigianale opera artistica, molto significativa oltre che profondamente creativa, riteniamo lavoro frutto delle capacità artistiche dell’architetto Sicilia, che recita:«A Grazia Stella Elia e al suo amore per l’Ulivo, pianta del suo cuore e della sua poesia».

Ora non vorrei che il sindaco di Matino, Giorgio Salvatore Toma, interpretasse in maniera non rispondente questa mia piccola ‘divagazione’, ma queste manifestazioni danno l’dea di quanto sia importante il concetto di villaggio (villa, ae residenza di una popolazione che ha nelle vicinanze il proprio posto di lavoro) per raccontare la storia di un popolo, di persone che creano una comunità che si aiuta nel vivere quotidiano. Scusandomi con Giacomo Leopardi, ritengo in questo caso attinente un pensiero di Lev Tolstoj :«Se racconti un villaggio, diventi universale» ( Caro Salvatore Giannella lo so che la citazione è stata da te utilizzata per l’introduzione al volumetto dedicato a Grazia Stella Elia, ma ti ricordo, in nome di quella spontanea amicizia maturata negli anni, che non ritengo di dovermi sottoporre ad una «Confessione», grazie ai buoni uffici di «Anna Karenina», per evitare una «Guerra e pace» che ci porti alla «Resurrezione». E’ vero che Tu e Grazia siete entrambi nati in Trinitapoli ma non dimentichiamoci che un tempo si chiamava “Casal Trinità”… che qualcosa vorrà pure dire). Stella Elia, Giannella, Toma, Sicilia (perfetta parità di sesso, come le pari opportunità comandano!) sono parte costituente ed integrante di quel ‘villaggio’ che renderà l’ULIVO di Matino e della Puglia UNIVERSALE.

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