Stasera Teo Saluzzi manda in scena 'Ti racconto Eduardo'


LIVALCA
- Teodosio Saluzzi è nato a Potenza il 19 maggio del 1945 e, secondo la prova del nove, sia per la data che per l’anno di nascita, è un numero UNO: sarà questo il motivo per cui i suoi genitori hanno voluto ‘evidenziarlo’ con un nome non certo usuale.

Teodosio è stato un matematico greco, vissuto nel I o II secolo a.C. in Bitinia. Le non molte notizie che abbiamo su di lui ci sono giunte dalla Suda - lessico bizantino di autore ignoto con oltre 30.000 voci biografiche di diverso genere: dal letterario allo scientifico, dallo storico al geografico - che lo accredita come studioso della dottrina della sfera.

In altro periodo storico inquadriamo il famoso imperatore romano Teodosio I (Cauca, Spagna 347-Milano 395), figlio di Flavio Teodosio, che, nello stesso anno della sua morte, riuscì nella non facile impresa di riunire l’impero. Teodosio fu quell’imperatore che nel 380 proclamò il Cristianesimo religione ufficiale e l’anno successivo nel concilio di Costantinopoli, da lui presieduto, diede un più moderno assetto giurisdizionale alla chiesa.

Ora non ritengo che i genitori di Saluzzi, pur se ispirati da una cittadina che comunque si trova a 800 metri d’altitudine nella valle del Basento, si siano avventurati in pericolosi equilibrismi per trovare un nome di ‘livello’ per il loro rampollo, ma forse hanno tenuto presente che proprio nel 1945 Peppino De Filippo abbandonò la compagnia creata con Eduardo e Titina per cercare una propria identità più marcata che lo condurrà nel cinema ad essere una valida ‘spalla’ di Totò.

Questo ci dimostra come Teodosio fin dalla nascita fosse un predestinato con un punto di riferimento nella famiglia De Filippo e, per dirla tutta, con il teatro di Eduardo Scarpetta.

Quando ho proposto al direttore del Giornale di Puglia che gli avrei inviato un breve scritto su Teodosio Saluzzi, subito mi ha risposto con il suo piglio confidenziale e pur determinato: “ma come gli hai già dedicato quattro pagine a marzo quest’anno” (complimenti Vito per la memoria di… ‘Ferri’). Mi è mancata la prontezza di replicare “era uno scritto in cui divideva la scena con un mio grande amico come Vincenzo di Mattia”; in effetti, ormai, necessito di tempo per… ricordare e, quindi, evito, nonostante sia accompagnato da una fama di ragionevole arguzia, di replicare per raggiunti limiti di…età. Quindi pur rimanendo fedele a coloro che considerano una sana risata uno dei suoni più civili che la musica abbia mai ‘scritto’, sono grato al direttore Ferri per avermi aiutato a… non ripetermi. Certamente avrò parlato del rapporto diretto tra Teodosio e il grande Eduardo De Filippo. Nel 1968 a Cosenza - una cittadina che possiede una c e una s al posto di una p e t… per sentirsi ‘a casa’ - Teodosio era aggregato alla compagnia di Eduardo De Filippo che portava in scena “Natale in casa Cupiello”, scritta dallo stesso Eduardo.

Si racconta che mentre il grande attore rientrava nel camerino il nostro Teo per stabilire un ‘contatto’ espresse dei notevoli apprezzamenti per la magistrale interpretazione dell’attrice Pupella Maggio, che nel ruolo di Concetta gestì e guidò la complessa famiglia Cupiello. In quella specifica occasione Eduardo al nostro giovane interlocutore, non ancora attore e commediografo, disse che era più facile imparare dai mediocri, in quanto esempio lampante da non imitare. Al solito era una risposta nello stile asciutto ed ‘affamato’ del futuro senatore a vita. Di questo e altri aneddoti è ricco lo spettacolo che Teo Saluzzi rappresenterà, sabato 8 ottobre alle 21,00, presso la Sala Teatro Artemisia in via Dante 243a, affiancato da una valente Maria Abacello; Teodosio e l’attrice interpreteranno brani tratti da “Natale in casa Cupiello” (1931) “Napoli milionaria” (1945), “Filumena Marturano” (1946). La bravura del chitarrista classico Franco Morgese e il suono sublime del mandolino affidato al bitontino Antonio Schiavone renderanno la serata indimenticabile anche… per i fratelli De Filippo, ormai riunitisi in quel posto in cui beghe e rancori sono fuori posto, anzi fuori…teatro (Mi piace ricordare, per l’affetto sincero che mi lega al Conservatorio Piccinni di Bari, che Schiavone fa parte di un gruppo chiamato ‘Hathor Plectrum Quartet’ che schiera lui e Roberto Bascià al mandolino, Fulvio S. D’Abramo alla mandòla e Vito Mannarini alla chitarra: conosciutisi in Conservatorio, ora sono tutti colleghi).


Titina De Filippo nacque a Napoli nel 1898, figlia del commediografo Eduardo Scarpetta e Luisa De Filippo, e debuttò sin da ragazzina sulle scene, così come i fratelli Eduardo (1900) e Peppino (1903), rivelando subito di essere contagiata da istinto teatrale. Scrisse con il fratello Peppino una commedia dal titolo “Quaranta, ma non li dimostra”; questa notizia mi è stata riferita dal fratello di mio padre, mio zio Dino, che oltre ad essere un grande estimatore delle commedie dei De Filippo, mi rivelò che l’attrice aveva sposato un attore nato a Taurisano (Lecce) di nome Pietro Carloni che io imparai subito a riconoscere, quando lo vedevo recitare in televisione nelle commedie. Eduardo ebbe sempre un debole per questa sorella, forse un poco cagionevole di salute, tanto che la famosissima “Filomena Marturano” fu scritta appositamente per lei. Quando la compagnia dei ‘I De Filippo’ si sciolse, lei rimase con Eduardo.

Il grande Vittorio De Sica la voleva per il film del 1961 “Il giudizio universale”, ma l’attrice dovette rinunciare per i noti problemi cardiaci. Nel 1964 De Sica, esattamente un anno dopo la scomparsa di Titina, volle dedicarle “Matrimonio all’italiana”, tenuto conto della sua straordinaria interpretazione in teatro nel ruolo di Filomena (per la cronaca anche Eduardo ha curato una versione cinematografica del testo, sempre con la sorella come protagonista).

A gennaio di quest’anno Teodosio Saluzzi ha pubblicato per l’editore Fabula Tati il volume “Auspichiamo a prescindere. Quattro testi teatrali” in cui ricorda le lezioni di drammaturgia che Eduardo gli impartiva.

Teo con civetteria lucana, adeguata alla baresità assimilata per frequenza quotidiana, ripete una frase che Eduardo gli ’donava’sempre nel momento del congedo: “Sei bravo, hai il teatro nel sangue ma, mi raccomando, non dimenticare mai come si scrive per il teatro”. In sostanza il Maestro gli confidava che in teatro si porta il verosimile, mai la realtà; la concretezza nuda l’affrontiamo tutti giorni sul palcoscenico della vita e riportarla integralmente in teatro risulterebbe banale. Dovrei aprire una parentesi al riguardo perché il Maestro, con Raffaele Viviani, è pur sempre l’attore-scrittore che aveva costruito i suoi personaggi attingendo a piene mani dalla strada; la sua Napoli era la città affamata dalla guerra, in ‘lotta continua’ giornaliera per assicurarsi una sopravvivenza pseudodignitosa, ma con l’unico fine di non ‘soccombere’: dolore e speranza, sofferenza e fiducia, sconforto ed illusione nella prospettiva che sarebbe giunta, prima o dopo, l’ora in cui “la notte sarà passata”. Mi fermo qui e non vi parlo delle commedie tipo “De pretore Vincenzo”, perché deve essere ancora studiata ed approfondita bene la presunta vena polemica del Maestro, come ritengo meriti una visione-attenzione particolare il suo approccio con la riduzione cinematografica di “Filumena Marturano” “Questi fantasmi” e “Napoli milionaria”: tra il 1950 e il ‘54 il Maestro fu regista ed attore di queste opere… in attesa di diventare nel 1981 senatore a vita.

Teo Saluzzi sembra quasi voler precisare nel suo libro “Auspichiamo di prescindere” che lui nello scrivere i testi teatrali è tutto proteso a ‘reinventare la realtà’: maneggiarla, toccarla, mescolarla, manipolarla, impastarla, e poi amalgamarla… evitando accuratamente di adulterarla, sofisticarla e contraffarla.

Riporto integralmente quello che ha scritto il professore Daniele Giancane sul teatro di Saluzzi: “Ora, a voler individuare la filosofia portante’ del discorso teatrale di Saluzzi, possiamo affermare che la ricerca del Nostro si situa in una linea di confine tra grottesco, assurdo e popolare, in un intreccio indissolubile che rende lo spettatore coinvolto in maniera ‘straniante’. Come l’interpretare una vicenda da diverse angolazioni, mai totalmente realistiche (anche se il teatro di Teodosio Saluzzi ha spesso delle forti implicazioni sociali)”. L’ultima sapiente osservazione di Daniele rende omaggio e solleva Teo da ogni accusa di generica superficialità, che mai può essere considerata fatuità.

Nel 1984 ricordo di aver visto da Taormina uno spettacolo, presentato dal noto giornalista di cinema e teatro Lello Bersani, in cui un anziano e stanco Eduardo ritirava un premio e, nello stesso tempo, teneva una parca e generosa lezione sul teatro e la vita degli attori (Ho un ricordo personale e gratificante su Taormina: ci sono andato una sola volta a 18 anni in agosto, ma ho avuto il privilegio di assistere nel teatro antico alla rappresentazione di una Medea di Euripide in forma gratuita per il pubblico… in gran parte stranieri; spero di tornarci con la famiglia prima che le recite…finiscano).

Ricordo quest’uomo magrissimo, introdotto da un altro mito del giornalismo di nome Lello Bersani, con una sciarpa ‘scozzese’ che non stava recitando, ma ci raccontava di una vita di sacrifici passata in teatro, nel gelo del teatro, un uomo che riteneva immeritato il soprannome di orso e precisò “un orso non trova il tempo di scrivere 55 commedie”. Anche Eduardo affermò che fare teatro significa fare una vita di sacrifici - Maestro anche tanti altri, compreso Mario Cavalli, hanno fatto sacrifici notte e giorno per creare qualcosa di proprio, senza applausi, e non è detto che qualcuno, figli compresi, si ricorderà di loro - e aggiunse stasera voglio vedere lo spettacolo dalla parte del pubblico come un qualsiasi padre di famiglia; dopo una lunga pausa, non di quelle studiate a tavolino per fare presa sulla platea, ma quelle che ti procurano emozione-trepidazione- commozione quando sei coinvolto con la tua storia personale, si confessò: sono stato un padre assente per i miei figli (io sapevo di Luca, ma non di Luisella, mio padre il giorno dopo mi mise al corrente, della figlia morta a 10 anni per una non definita malattia). Chiese scusa perché parlò, fermando a stento il pianto, del figlio Luca per la prima volta e poi concluse anche ora il mio cuore sta battendo molto forte, come sempre è stato in tutti questi anni quando entravo in scena, e vi assicuro continuerà a battere anche… quando si sarà fermato per sempre.

Dal momento che le notizie provenienti dal mondo dei vivi sono inquietanti per il futuro non solo degli anziani, ma anche dei loro figli e nipoti, mi permetterò di rubare al Maestro Eduardo un suo pensiero: “Ogni minuto muore un imbecille e ne nascono due”… sperando che i famosi due non si trovino mai ‘a comandare’, come afferma un famoso cantante, in contemporanea.

A Teo, da amico acquisito, dico: il brevetto il Maestro te l’ha elargito a suo tempo, quindi, puoi continuare da Maestro Teodosio Saluzzi ad istruire i tuoi discepoli e mettere per iscritto la tua ‘verosimile realtà’.

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