Ilva, '“Governo centrale non lasci solo il commissario Bondi'

TARANTO  - “Il Governo centrale non lasci solo il commissario Bondi e si comprometta per reperire i fondi necessari all’applicazione del piano industriale e del piano ambientale nei tempi previsti”
“La magistratura milanese metta quanto prima a disposizione il miliardo e 200 milioni di euro sequestrati alla famiglia Riva ed ogni altra risorsa attualmente illegalmente nelle mani degli ex proprietari dell’Ilva, per consentire di mettere in atto il piano industriale e il piano ambientale nei tempi previsti dall’Aia”.

Aldo Pugliese, Segretario generale della UIL di Puglia, alla luce dell’aumento dei costi per il risanamento e il rilancio dell’Ilva contenuto nel piano industriale del commissario Bondi, si interroga sulle modalità per reperire i fondi aggiuntivi.
“A questo punto e mai come ora – spiega – l’intervento del Governo centrale diventa dirimente: il commissario non può essere abbandonato a se stesso nel lavoro di salvataggio di un’azienda che rappresenta un pilastro non solo del settore siderurgico, ma dell’intera economia pugliese, meridionale e italiana. L’Esecutivo ha il dovere di riconoscere all’Ilva un peso di livello nazionale compromettendosi direttamente nel processo che deve portare al risanamento e al rilancio della stessa, magari chiedendo le adeguate garanzie finanziarie all’applicazione dei piani attraverso la Cassa Depositi e Prestiti e gli istituti bancari. Certo, alle condizioni che sono state prospettate nelle ultime ore è difficile che i conti possano tornare, anzi il futuro si prospetta, se possibile, ancora più fosco”.

“Acquisito che i Riva hanno dimostrato la propria inaffidabilità, ben vengano, per un necessario aumento di capitale sociale, investitori stranieri o nazionali come Marcegaglia, Gavio o ArcelorMittal. Comunque, restiamo convinti – prosegue Pugliese – che la via maestra sia quella dettata dalla Costituzione italiana, che prevede la nazionalizzazione dell’Ilva, sottraendola così definitivamente alla famiglia Riva e alla sua gestione fallimentare, che ha provocato in quasi vent’anni un vero e proprio tracollo industriale e occupazionale, oltre che uno tsunami sanitario e ambientale a causa del quale Taranto sta ancora pagando, e forse per chissà quanto tempo continuerà a pagare, un conto salatissimo”.

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