I giudici, le Forze dell'Ordine e i giochi mediatici

di Antonio Negro - Sempre più spesso assistiamo alle esternazioni delle toghe che, invece di servire in silenzio lo Stato e i cittadini, come in tutti i Paesi normali, preferiscono la vetrina pubblicitaria per mettere in mostra il loro sapere e il loro pensiero, e sempre nelle circostanze più delicate e meno opportune. In questi giorni c'è stata un' attenzione particolare sulle vicende legate al fenomeno della violenza contro le donne, lo stalking, fino al gesto estremo, quello dell'uccisione per cui è stato coniato un nuovo termine per definire la tipicità della cosa: il femminicidio. Lo stalking sarebbe di per sé un reato perché é un gesto che ripetutamente tende a sottoporre a violenza sia fisica che psicologica la vittima che viene presa di mira, per varie ragioni ma principalmente per motivi sentimentali e di legame affettivo; diventa un segnale chiaro che, se portato alle estreme conseguenze, potrebbe giungere all'eliminazione della persona perseguitata. Chi non subisce questo genere di persecuzioni difficilmente riesce a capire la situazione delicata e difficile in cui si trova chi vi è sottoposto: si tratta di vessazioni continue e di ricatti, anche morali, che mettono la vittima in una condizione di non lucidità, di paura e di impazzimento. Questa persecuzione spesso dura poco, con grande sollievo della vittima di turno, ma a volte può durare a lungo tanto da portare la vittima a uno stato di esasperazione e di frustrazione allo stesso tempo, e la sua impotenza di fronte a tale situazione si rende sempre più evidente: la vittima non reagisce o perché più debole, o per paura di ulteriori violenze, o per vergogna, o per tutto questo messo insieme. E anche perché spera che la cosa sia momentanea e che prima o poi finirà. Non vi è dubbio che situazioni di questo tipo avvengono di solito tra persone che hanno avuto o hanno una relazione e tra persone sposate: in genere è la donna vittima di tali situazioni, anche se, più raramente, si verifica il caso contrario. Non c'è una casistica su queste cose, ma di certo si verificano di più in condizioni socio-culturali più povere, e in situazioni in cui il maschio diventa predominante come figura sociale e familiare, fenomeno tipico dell'Italia in generale e del Meridione in particolare. Su tutto questo si nota l'assenza di un dibattito duraturo e approfondito, anche se più in generale la società e i movimenti puntano verso la parità dei sessi attraverso meccanismi di salvaguardia di presenza e di partecipazione delle donne ai vari livelli politici e partecipativi. Ma i meccanismi di salvaguardia con la riserva dei posti al femminile fanno poca breccia nel modello culturale maschilista e spesso le scelte sono solo simboliche perché non vanno a incidere nelle varie realtà socio-istituzionali e burocratiche del Paese, e quasi sempre nei posti meno significativi rispetto a questi problemi. E allora succede che, a delitto avvenuto, tutti hanno la soluzione pronta e sanno quello che andava fatto per evitare il peggio. Ma, come al solito, c'è qualcuno che sa ancora di più degli altri, in genere qualche magistrato che preso dal delirio di onnipotenza cosparge le pagine di giornali di dottrina sociologica, dando la patente di capaci, nel nostro caso di incapaci, alle Forze dell'Ordine, le quali non sarebbero in grado di prevenire queste situazioni. Qualcosa del genere è capitato a Lecce dove, dopo la tragedia di Taurisano,, abbiamo potuto leggere, esterrefatti, le esternazioni del giudice Roberto Tanisi, presidente dell'Anm, che ha bocciato le Forze dell'Ordine e ha dispensato i suoi consigli alle future vittime invitandole ad andare direttamente presso le Procure per denunciare le violenze subite, quasi a significare che se la donna di Taurisano si fosse rivolta direttamente a lui, o alla Procura, avrebbe avuta salva la vita. Il suo ragionamento é simile, e del resto non poteva essere diversamente, a quello dell'altro Padreterno di quel Paradiso italiano che è la giustizia, Antonio Di Pietro che, giorni orsono, ha dichiarato ai quattro venti che se avesse arrestato la sera prima del suicidio Raul Gardini, oggi sarebbe ancora vivo. La verità è che sia la donna di Taurisano che Raul Gardini sono morti e che un omicidio e un suicidio possono essere previsti solo fino a un certo punto, perché l'attore non comunica né i tempi né il modo di agire. Certo, se il giudice avesse fatto fare un pò di galera preventiva all'omicida, probabilmente il delitto non sarebbe avvenuto. O sarebbe avvenuto dopo l'uscita di galera, chi lo sa? Solo che in questo caso sarebbero le Forze dell'Ordine a imprecare contro i giudici, come di frequente accade, affermando che loro li prendono e i giudici li liberano. Più umano e razionale, invece, sembra essere l'approccio al problema della giudice Maria Cristina Rizzo che suggerisce una maggiore presenza dei servizi sociali sul territorio. Vi è, però, nel delirio di Tanisi (giudice) un qualcosa su cui discutere e che lui evita di dire, perché le sue analisi hanno una visione di parte: che le Forze dell'Ordine nel loro insieme sono composte da personale maschile che incarna proprio quel modello culturale e che porta a minimizzare, proprio secondo questo modello, le situazioni di violenza e di persecuzione nei confronti della donna. E non solo, ma la donna-vittima è diffidente, sospettosa e cerca di evitare di presentarsi in una caserma o in un commissariato, dove sa di trovare tutti maschi con i quali instaurare una situazione di dialogo delicata e confidenziale, perché sa di trovare le stesse figure maschili, lo stesso modello sociale di cui è vittima, appunto. Ecco allora che la riforma delle Forze dell'Ordine deve andare in questa direzione: quella di dotare, cioè, di organico femminile tutti i presidi cosparsi nel Paese e specie nel Meridione. Solo così si va oltre la sociologia spicciola, e il concetto delle quote rosa da dichiarazione di principio comincia a diventa realtà ai vari livelli. Queste sono scelte concrete e valide nei confronti delle donne e dei loro problemi, oltre al carcere preventivo per coloro che si rendano colpevoli di tale reato. E' vero, tuttavia, che il carcere preventivo non può finire con l'essere un processo alle intenzioni, per cui anche qui la materia diventa delicata e si affida alla capacità degli investigatori e del giudice. Pure l'avvocata Annamaria Bernardini-De Pace, da combattente quale lei è per questi problemi e per l'emancipazione delle donne, ha forzato il suo intervento sull'onda dell'emotività di una immane tragedia ancora a caldo, abolendo il raptus dal codice, come se anche lei fosse in grado di stabilire il momento in cui la mente perversa ha deciso di premere il grilletto, e quasi invocando la complicità del figlio, ancora scosso dalla tragedia, facendogli sentire la colpa di appartenere al genere maschile come il padre, trattandosi di omicidio di genere, appunto. Poco importa se il figlio, già distrutto dal dolore della perdita dei genitori, si senta ancor più tormentato dallo strazio per non essere riuscito a evitare la tragedia, cosa per la quale si stava adoperando. Vada per l'avvocata De Pace, la quale ha dimostrato, nella sua analisi, di non avere pietà né per i vivi né per i morti, ma per il giudice no. Per il giudice sono sempre più convinto che aveva ragione Cossiga quando affermava che i giudici vanno sottoposti per legge a visita psichiatrica ogni due anni. In ultimo, un'altra considerazione: fino a quando le Forze dell'Ordine vengono utilizzate per andare dietro ai ragazzini che fumano un grammo e mezzo di marijuana, e per farsi la foto di rito dopo il sequestro della piantina di canapa coltivata sul balcone di casa, i problemi veri, seri e realmente pericolosi per la società passano in seconda fila. Stride, tutto questo, con il silenzio assordante del procuratore capo di Lecce, Cataldo Motta.

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