“Salento 365 giorni l’anno”, 'Salento terra d’amare' contro la TAP
di Giuseppe Massari - Sono solo alcuni degli slogan pubblicitari lanciati per promuovere la terra degli antichi messapi. Al di là degli slogan ad effetto, il Salento è terra che conquista, affascina, seduce e non inganna. Il mare che si fa storia, che diventa ponte fra civiltà, costumi, tradizioni. L’enogastronomia che arricchisce piatti, tavole, attraverso la fantasia o l’utilizzo dei prodotti della madre terra. Di quella natura ancora, e per fortuna, non ancora contaminata, nonostante i molti tentativi di aggredire selvaggiamente il territorio, da parte di predatori incoscienti, insensibili. Terra e mare confusi in quella libertà espressiva che arricchisce l’economia turistica, alberghiera, produttiva. Terra e mare diventati, purtroppo, in questi ultimi tempi, luoghi di conquista e d’assalto. Non in termini di sviluppo e né di continuità con quell’inarrestabile processo di sviluppo e di identità che i salentini hanno, pazientemente, costruito nel corso degli anni, “sfruttando” le loro migliori risorse ed energie umane, vitali, esistenziali, laboriose di intelligenza ed impegno, acquisendo risultati diventati marchi di qualità di vita, di benessere, spazi e nicchie di mercato.
Uno sforzo corale, unanime teso a recuperare il passato fatto di solitudine, di emarginazione, d’isolamento. Nonostante ciò, lo sviluppo, la tecnica, le logiche di mercato, certe logiche perverse di mercato, tentano e decidono, nel chiuso delle loro stanze lontane, di invertire la rotta, di proporre soluzioni controtendenza, di imporre la mediocrità industriale ed imprenditoriale attraverso uno sventramento di un territorio vocato e lanciato per vivere e non per soccombere o subire l’aggressione selvaggia di chi ha pensato, con l’ottica dell’interesse, di uccidere, mortificare, annientare sforzi di intelligente produttività, di vivacità e di vivibilità ecocompatibile. Oggi, qualcuno pensa, contraddittoriamente, di poter conciliare la industrializzazione con le peculiarità territoriali e particolari di queste zone sopprimendo il meglio che c’è, dell’esistente. Ci si sta riferendo alla TAP, alla nuova, incombente ed imminente minaccia, a quel processo che porterà alla costruzione di un gasdotto nel cuore di quel Salento che si vuole lacerare, aprendo una ferita incolmabile, inguaribile, dolorosa.
La protesta sta montando da parte di alcuni sindaci dell’intera penisola salentina. Forse, non basta di fronte alla pervicacia di imprenditori senza scrupoli, di politici senza immagine, senza volto, senza coscienza. Forse, non è sufficiente per imporre il proprio destino fatto di sole, di colori, di natura, di bellezze storiche, di grandi e lunghe distese di verde collinare tra filari di vigneti e alberi ultrasecolari di ulivi. E’ necessaria una mobilitazione intra regionale, nazionale con tutta la gente di retto sentire, razionalmente convinta che sta per essere perpetrato un danno vistoso. Il Salento non può essere lasciato morire, non può essere lasciato solo al suo destino o a quel destino che altri prefigurano o vogliono prefigurare a suon di soldi sporchi, di promesse vane sul piano occupazionale Il Salento, voluto e simboleggiato come il creato della ragione e della fede, terra del Negroamaro, del Primitivo, del Salice, terra produttiva, economicamente all’avanguardia, culturalmente proiettata verso la più sana delle industrializzazioni, con l’acquisizione di nuovi mercati internazionali, si vede arrivare sulla noce del collo questa battuta d’arresto, questo colpo mortale, inqualificabile, ingiustificabile per un territorio che ha saputo pazientemente e coscientemente autodeterminarsi; che ha saputo definire i confini e le tendenze del proprio sviluppo razionale ed intelligente.
Il turismo ne sarebbe compromesso. Questo ci preoccupa non poco, visto che il turismo, nonostante l’attuale crisi, ha tirato e tirato bene, l’andamento economico del Paese Italia, ormai, allo sfascio, allo sbando, alle prese con una inguaribile crisi economica dalle vaste proporzioni. L’agricoltura ne sarebbe compromessa, perché verrebbero sottratti una infinità di terreni per l’attraversamento delle canalizzazioni di questo gasdotto che non si sa quanto sarà necessario, utile, produttivo al fabbisogno delle popolazioni italiane ed internazionali. Il conservatorismo, la conservazione gelosa delle proprie identità, il confronto tra passato e futuro non può essere barattato, affidato o concentrato nelle mani di chi si vuole macchiare o sporcare di sangue innocente, uccidendo, umiliando, mortificando uomini e natura, bellezze, splendore, economie, risorse. Infierire mortalmente sul Salento significa uccidere quella parte sana e produttiva della Puglia e di quel meridione d’Italia, ieri come oggi, alle prese con chi vuole spandere presidii di morte, regalare morte in nome di uno sviluppo incompatibile, incomprensibile, folle, bestiale, ingeneroso.
Il turismo non può morire in una terra miracolata dal bene prezioso di Dio che è la vita in tutti i sensi. Il turismo non deve morire nello spazio e nell’orizzonte di un mare limpido e cristallino, destinato a diventare una cloaca di rifiuti tossici e pericolosi. Cosa sarebbe una terra privata della sua voglia di vivere, di vincere, di continuare a scommettere; in cerca di quel riscatto necessario e doveroso per confermare l’originalità, l’autenticità delle proprie origini, di quelle che si vogliono distruggere con ruspe, cemento, con colpi mortali, spezzando speranze di vero progresso?
L’agricoltura vitivinicola e olivicola, fonte di reddito, spalmato sulla religiosa creatività e sul sacro voler essere e continuare ad essere costruttori di bene e di beni, di vivibilità pura, sana e genuina. I prodotti della terra non contaminati devono poter continuare a viaggiare per il mondo, così come stanno facendo tutte le aziende del settore agricolo alimentare. Non può essere impoverita una terra, una economia nel momento in cui il rilancio enogastronomico sta producendo i suoi frutti sul piano della commercializzazione, del turismo nuovo, scoperto attraverso queste leggere forme di industrializzazioni rispetto a quelle pesanti, come mortai da guerra, che si vogliono realizzare e infliggere, a cuor leggero, sulla testa di gente che non è disposta a svendere il proprio essere con un divenire incerto e pericoloso. “Salento 365 giorni all’anno” “Salento d’erra d’amare” per vivere. In cui deve essere data la possibilità, a tutti, di continuare a vivere. Di condurre una vita senza paure, senza rischi, ma con la certezza di poter continuare ad essere crocevia di interessi nobili. Terra nobile e nobilitata dalla salsedine del proprio mare, dal sapore dei propri prodotti, dal calore della sua gente accogliente, ospitale, festosa, allegra, generosa nel dare quello che possiede senza ricevere in cambio quello che non merita.