E' morto Marco Pannella, una vita per i diritti civili

Addio a Marco Pannella. Il leader radicale, protagonista delle battaglia per i diritti civili nella storia italiana, era ricoverato in una clinica.

Pannella da anni lottava contro due tumori. Negli ultimi giorni le sue funzioni vitali - spiegano fonti mediche - si erano peggiorate al punto che è stato ritenuto opportuno un trasferimento in una clinica romana più attrezzata presso il quale "non sono previste visite".

"Grande protagonista battaglie diritti civili, ci mancherai" - "Se ne va un grande protagonista dei diritti civili, ha lottato fino all'ultimo per le battaglie in cui credeva: ci mancherai Marco Pannella". È quanto scrive, su Twitter, il presidente della Commissione per le Politiche Ue della Camera Michele Bordo del Pd.

di FRANCESCO GRECO — Adoravo le parolacce con cui condiva il discorso, scrutavo il suo carisma sin nelle pieghe più sottili e inavvertibili, ne ammiravo il “fiuto” da vero animale politico, mi abbagliava il nitore del suo idealismo senza se e senza ma, sempre lontano da compromessi al ribasso.

Aveva capito in anticipo sui tempi (anche prima del novembre 1989, crollo del Muro di Berlino sotto il maglio dell'ansia di libertà di milioni di uomini) il relativismo delle ideologie, il loro vuoto di valori, l'asprezza del nichilismo, l'effetto alienante e devastante sull'uomo. Era entrato nel III millennio molto prima di noi.

Anche questo aveva di bello: era sempre avanti sull'agenda della politica, anche se il malizioso direbbe che non ci vuole molto in un paese come il nostro, fintamente progressista, al fondo conservatore nel dna, opportunista (il salto sul carro del vincitore), dove lo scontro è quasi sempre ideologico, oltre che ispirato da interessi di parte, di lobby, di sette, di tutti, meno che dai cittadini.
Marco Pannella (era nato a Teramo 86 anni fa, viveva a Roma in via della Panetteria) se n'è andato in un sciroccoso pomeriggio di maggio (viene in mente Giorgiana Masi, uccisa proprio in questo mese), il “gigante buono” della politica italiana ha spento la sua raffinata intelligenza, fine delle “provocazioni” che hanno fatto crescere la società italiana.

Faceva da apripista, costringeva gli altri a corrergli dietro, a schierarsi sui referendum (divorzio, aborto, ecc.) che hanno laicizzato le nostre percezioni e coscienze, migliorato il nostro vissuto. Una vita spesa sui valori e le battaglie (antiproibizionismo, diritti civili, eutanasia, ecc.), sulla dignità dell'uomo, sull'umanitarismo più che sulle ideologie che desertificano il suo cuore, ormai tutte disidratate. Una magnifica, invidiabile solitudine. Ha sprovincializzato la politica italiana. Ha svezzato generazioni di politici poi “prestati” ai partiti storici o alle istituzioni: suo il copyright della doppia tessera. Da Emma Bonino (il “monello di Montecitorio”, Sandro Pertini) a Francesco Rutelli, da Daniele Capezzone a Massimo Teodori, Toni Negri e tanti altri.

In un paese serio, sarebbe diventato il leader naturale di una vasta area laica, lib-lab, libertaria, riformista, anti-giustizialista, gandhiana. Ne avremmo avuto bisogno e oggi saremmo alla pari delle democrazie europee più forti, dove i diritti sono vissuti e non mere enunciazioni di principio. Invece è rimasto nel suo recinto nonostante Radio Radicale (vero servizio pubblico): le caste l'han sospinto ai margini, nel ruolo spesso coreografico del “guru”, della voce che urla nel deserto, sfumandolo, lasciandolo sullo sfondo, derubricandolo a “profeta” da ascoltare ma da non seguire se non si è costretti dai referendum e dalle firme di milioni di cittadini, una forma di democrazia diretta di cui fu teorico sommo.

“Protestante in terra di Controriforma”, mai interessato al potere per il potere (“Mi interessano solo le mie passioni”), non fu mai sindaco, ministro, ecc., in un tempo in cui si fanno patti faustiani per uno strapuntino. Teorizzò i partiti transnazionali quando dava la presidenza del Partito Radicale a intellettuali stranieri (Jean Fabre). Molto prima di Berlusconi capì che la politica evolveva verso lo spettacolo, ma il suo non fu mai vuoto teatrino melenso e interessato, alla Carro dei Tespi.
Venne in Puglia più volte per sostenere le sue infinite battaglie referendarie e l'ho intervistato. Credo di conservare qualche lettera. Ogni volta era uno spettacolo. Fumava di continuo ed ero lì lì per dirgli di smettere, ma non ci sono mai riuscito.

Eretico, visionario, creativo, anticlericale, ma con un senso religioso della vita, sintonizzato sul pensiero dei grandi pontefici: da Giovanni XXIII a Giovanni Paolo II. Cercava sempre alleati per le sue battaglie nonviolente, egalitarie, riformiste, a destra (da antifascista, andò da Almirante) e a sinistra.

Di Renzi pensava le peggio cose, le sue riforme? “riformette calate dall'alto” che lasciano inalterato il tessuto sociale del paese. Cioè, acqua fresca. “La democrazia è a rischio”. Credeva invece nell'azione rivoluzionaria di papa Francesco, forse perché vi leggeva lo stesso suo coraggio escatologico, ideale, l'identica militanza sui valori, sulla speranza da costruire e conquistare, sull'uomo, la sua unicità e ricchezza.

Infiniti i suoi scioperi della fame, e quando appariva in tv con l'aria spiritata faceva tenerezza, come quando denunciava l'oscuramento e le censure mediatiche alle sue mille battaglie col bavaglio davanti alle telecamere.

Pannella è stato la “coscienza critica” di oltre 60 anni di vita italiana, una sorta di “papa” laico sullo sfondo. E se l'Italia oggi non è preda dei suoi istinti peggiori, malsani, o se lo è in termini meno oppressivi, devastanti e ha una coscienza civile matura, che reagisce alla barbarie, al mercimonio, alla corruzione degli animi, lo deve anche a lui (e al drappello dei suoi radicali che al top arrivarono al 3%), Marco Giacinto Pannella, il “gigante buono” così poco italiano e così tanto europeo, universale. Da standing ovation.

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