MAFIA CAPITALE. L'Italia dei misteri all'amatriciana

di FRANCESCO GRECO - Un mistero lungo 18 anni. Nella repubblica fondata, più che sul lavoro che non c'è, sulle connivenze, la fuga dalle responsabilità, gli omissis, i misteri, appunto. Dolorosi. Prima visti come tragdie, col passar del tempo assumono le sembiamze beffarde di farse.
 
Dal golpe Borghese al delitto Pasolini, dall'assassinio di Moro alla strage di Bologna, l'Italicus, gli omicidi Falcone e Borsellino. Non se ne viene mai a capo. Forse è “cultura”, è il nostro dna predisposto al mistero, un aleph tutto nostro, un'alchimia da Re Salomone a Cagliostro, e perciò il Grande Vecchio, la Spectre siamo tutti noi, mettiamoci l'anima in pace.
 
Lirio Abbate ̬ uno di quelli che da sempre si dedicano ai misteri - forse perch̩ viene dall'isola dei misteri, la Sicilia Рe pratica il giornalismo d'inchiesta categroria in disarmo: meglio passare veline, comunicati-stampa, servire il potente di giornata.
 
Ne “La lista”, Rizzoli Editore, Milano 2017, pp. 239, euro 18,00. ha messo giù tutti i nomi che contano dei clienti della Banca di Roma filiale 91 (dentro al Tribunale di Piazzale Clodio), che una notte di luglio del 1999 ebbero svuotate le cassette di sicurezza. Contante, gioielli, anticaglie, ma soprattutto carte (Andreotti ne capiva tutta l'importanza).
 
Carte con cui ricattare la Nazione, il sistema-Paese, la democrazia. Siamo il regno tolkieniano dei misteri, la laguna Rowling dei ricatti, è il nostro puzzle genetico euromediteraneo, un po' Lumi un po' sure coraniche, tolleranza e fatwe.
 
L'antefatto è scivolato dalla cronaca nella Storia. Quella notte una banda di “cassettari” si introduce nella banca e su 900 cassette (proprietari: toghe, avvocati di grido, funzionari pubblici) ne svuota 147.
 
Pare una citazione a metà fra “I soliti ignoti” (pasta e fagioli) e un film di Corbucci con Er Monnezza e Bombolo (“Mecojoni!”). Sullo sfondo la pittoresca negligenza italica, a Roma accentuata dal clima: c'è sempre chi dimentica qualcosa o tiene famiglia: nessun colpo di pistola, effrazione, lucchetti rotti, allarme in Questura. Spariscono 18 miliardi, 5 saranno rimborsati.
 
Una spy story de noantri, generone romano. Quei misteri dove non si arriva mai da nessuna parte, se si trova un colpevole è la manovalanza, oppure è morto, oppure se parlo vien giù tutto. Trasversale a destra e sinistra, che vive in un rapporto ambiguo, di commensalismo, osmosi di interessi.
 
Il paesaggio è sempre quello cui siamo abituati in prima, seconda e terza repubblica: P2 e servizi deviati, poteri occulti e criminali, Banda della Magliana e politica sporca che “garantisce” tutti, spesso in comunione d'intenti (Mafia Capitale).    
 
Roma ha però il suo algoritmo, degno del miglior Balzac, dove nulla è come appare, tutto è prismatico e gli uomini sono come le matrioske: indolenza e ferocia, spregiudicatezza e morale, a Frà che te serve e così fan tutti.
 
Abbate ricostruisce un contesto nauseante, fa i nomi di quelli che in quel caveau avevano qualcosa di rilevante. Noi li taceremo (e non come strategia di markening editoriale), Nemmeno quello dell'uomo che, stando alla ricostruzione, oggi ha in mano i destini del paese avendo quelle carte. Che carte? Per ordine di chi le ha prese? Dove sono adesso?
 
E, soprattutto, quel che resta della democrazia, della patria comune, la sua semantica profonda, sta svanendo sotto i nostri occhi, in un clima torbido da basso impero, da cupio dissolvi? 

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