Ricordo del giornalista Oronzo Marangelli

di LIVALCA - Il  19 ottobre del 1976 periva, in un tragico incidente stradale, il giornalista direttore di testate, il politico liberale e l’animatore culturale Oronzo Marangelli.  Il sottoscritto il 22 ottobre dello stesso anno terminava il servizio militare in quel di Aurelia, per cui con il direttore de « La voce Pugliese» e «La voce del Mezzogiorno» l’ultimo incontro risale alle feste pasquali del fatidico ’76. Penso che vi sia una frase di Shaw che ben rappresenti il percorso terreno del giornalista Marangelli: « La libertà implica responsabilità: per questo tanti uomini la temono ».  E’ stato militante del Partito Liberale, di cui giovanissimo aveva ricoperto per qualche anno la carica di segretario provinciale, e non ha mai nascosto la sua idea di rispetto per le Istituzioni, poco propenso ad accettare forme di protesta esasperate. Da sempre lo ricordo in azienda, dal momento che la sua avventura editoriale partì dal 1961, in un’epoca in cui i giornali locali erano il mezzo per far giungere alla gente messaggi di politica, cultura e manifestazioni che altrimenti non avrebbero avuto visibilità.   In quegli anni, per la nostra azienda, la stampa dei giornali  era ‘pane quotidiano’ e, come giusto che fosse, vi era una sana rivalità fra i direttori su chi dovesse finire per primo in edicola.  Chi era più veloce ad impaginare andava prima in macchina (stampa): in questo il direttore Marangelli, nonostante l’impegno, era carente di rapidità perché sempre in attesa dell’ultima notizia ‘politica’ che arrivava dal Presidente Fantasia o dal Senatore Mezzapesa, i quali erano soliti titolare l’articolo in maniera prolissa. Poco propenso il direttore a schematizzare le parole degli amici si arrovellava provando ‘fantasiose’ nuove impaginazioni ed il mio compito consisteva, con molta sensibilità, nel dimostrargli che bisognava operare dei tagli eliminando parole, pur salvaguardando il concetto dell’autore.  Mio padre con pazienza ed autorevolezza, nel tempo, è riuscito a fargli comprendere la necessità della sintesi ( a scusante del direttore vi era il fatto che si era formato presso la testata dell’avv. Alberto Margherita, l’editore de «Il Meridionale», i cui titoli in azienda erano appellati ‘romanzo’).  Fu così che affiancai Marangelli, quando lui riteneva opportuno, per avere una maggiore celerità nei titoli e devo dire che la sua volontà e responsabilità (non a caso ho citato prima Shaw)  lo portarono a scrivere su ogni originale due titoli: lui amava profondamente un mestiere che aveva voluto praticare con tutte le forze e non poneva limitazione di tempo al suo lavoro. 

E’ difficile spiegare, a chi non ha vissuto l’epoca del piombo, quanta abilità fosse necessaria, da parte del giornalista e dell’impaginatore, nel chiudere  un giornale in maniera veloce e ‘visibile’.  Voglio ricordare un episodio che è testimonianza di quanto fosse Marangelli non solo intelligente, ma anche colto nel ‘rintuzzare’ qualche amabile scherzo che era cosa usuale fra giornalisti.  Vi era un articolo dedicato al famoso pittore Onofrio Martinelli - forse a firma Franco Monterisi  - che necessitava di un taglio per far posto alla foto che illustrava il contenuto.  Più volte Marangelli mi disse «trova soluzioni alternative» in modo da non modificare niente e ripeteva con orgoglio : questo numero sarà letto da  Alberto Moravia, cognato del pittore di Mola.  In effetti il nome del grande romanziere fu ripetuto più volte e diede adito al direttore Aurelio Papandrea ( « Settegiorni» e «Galletto») di sbottare « Oronzo che ‘noia’», con una prontezza - affinata in anni in cui il giornalista conversanese qualche amarezza aveva collezionato - notevole rispose : « Aurelio sono liberale e ‘indifferente’ al tuo sarcasmo».  Papandrea colpito e affondato andò ad abbracciare colui che aveva, con una ‘controsmorzata’, parato il colpo (per la cronaca come altezza e peso Papandrea era due volte Marangelli). Motivo di grande prestigio era all’epoca, per ogni direttore di testata locale, pubblicare un supplemento del giornale come rivista, in occasione della Fiera del Levante; Marangelli da sempre ambiva  tale gratificazione. Una domenica di agosto fine anni ’60 o inizio ‘70 ci venne a trovare in azienda esponendo un piano che prevedeva la rivista agognata, in uscita prima di tutte le altre: non voleva che la notizia trapelasse. Quando mio padre confermò, come faceva quasi sempre con i ‘neofiti’ di una nuova avventura, «nessun problema da parte nostra», uscì dalla sua borsa degli originali che comprendevano già articoli dedicati ai comuni locali, interviste a presidenti di Enti, sindaci : il nostro territorio minuto per minuto.   Inutile dire che il suo segreto rimase tale fino  ai primi di settembre quando la rivista prese corpo : gioia, contentezza, allegria, felicità, festosità, esultanza, piacere di comunicarlo al mondo si leggeva in volto, i suoi occhi ti scrutavano nella certezza che tu fossi con lui a festeggiare un evento ‘stratosferico’.  Chiaramente fino all’uscita del ‘numero speciale dedicato alla fiera del Levante’ ( questa era la denominazione di tutte le riviste ) non fu tutto ‘rose e fiori’ e fu una liberazione che il direttore Marangelli, primo fra tutti gli altri, all’inaugurazione di quell’anno portò la sua tanto amata creatura.   Il direttore  ritenne un affronto sapere che avevamo mandato 150 copie al dr. Satalino, affinché fossero distribuite, e ci volle tutta l’autorità di mio padre per fargli capire che era una precisa richiesta della Fiera e tutta pubblicità per la sua testata e non uno spreco da parte nostra.  Per lui chiunque fosse entrato in possesso della copia doveva non solo prenderla, ma leggerla…fino all’ultima riga dell’ultima pagina.   Quando « La Voce Pugliese» venne trasformata in un più ambizioso settimanale, che già nel titolo annunciava bramosia di maggiore visibilità «La Voce del Mezzogiorno», mi chiese di collaborare non solo a chiudere il giornale in tempi canonici, ma di occuparmi di sport.

Risale a questo periodo un ‘rimprovero’ ( eufemismo, altro sarebbe il termine ) che mi fece il direttore per un titolo di prima pagina che secondo lui toglieva  prestigio al  giornale.  Velocemente espongo i fatti.  Era rimasto uno spazio in prima pagina perché non pervenuto un articolo importante, Marangelli telefonicamente mi disse «chiudi e fai tu».  Il Bari aveva perso immeritatamente - questi sono i miei ricordi - in casa con il Foggia, in virtù delle eccezionali parate di Raffaele Trentini (per inciso un portiere che ancora oggi detiene il record di imbattibilità nazionale con 1204 minuti, realizzato in serie D, difendendo la porta del Frosinone, e un record con il Foggia di 1001) e di una rete del cannoniere Braglia. Ridisegnai la prima pagina : feci ricomporre su due colonne l’articolo che avevo dedicato al Bari e lo piazzai in prima pagina di spalla con questo titolo : Braglia spara/ Trentini para/ al Foggia la gara/Bari impara ( una sequenza di 4 righe ).  Recuperai in questo modo lo spazio per una pubblicità da inserire  all’interno, che male non faceva. Nel primo pomeriggio quando venne il direttore trovò il giornale stampato e mentre vedeva la prima pagina, Nicola Fanelli, colui che aveva materialmente impaginato, fece segno di sparare come avviene nei film western : per dire che si trattava di un titolo ‘esplosivo’.  Giovanni Modesti, di solito parco e avveduto in ogni manifestazione oratoria, si scoprì loquace e parolaio e sottolineò, ad un Marangelli già nel ‘pallone’, come il titolo fosse ‘privo di stile’ ( Modesti sapeva che il titolo era mio e colse un modo ‘elegante’, quanto inopportuno, per sottolineare il suo disappunto perché ero al servizio della concorrenza, ma sbagliava :  ero al ’servizio’ dell’azienda).  Io incrociai lo sguardo di mio padre e mi limitai a dire che ci voleva uno sportivo che capisse di calcio per giudicare.

Papandrea, sempre presente il lunedì, parlò con Marangelli e ritengo avesse adoperato il buon senso accumulato in anni di pratica giornalistica per riportare il tutto in una dimensione più naturale : una cosa può non piacere, ma non è mai realizzata per dispiacere qualcuno.

Il giorno dopo Marangelli percorse l’azienda con un cartello su cui era scritto : Gianni spara/ Nicola (l’impaginatore) para/ a Levante la gara/ Oronzo impara ( sempre su 4 righe).  Era il suo modo civile - spesso mi diceva sono del segno del leone, dimenticando che lo sono anch’io - e geniale di chiudere ogni piccolo incidente di percorso.   Modesti ci tenne a precisare che il suo era solo un rifiuto del film western -  ancora oggi non so bene se mi fossi ispirato a qualche titolo di film in auge all’epoca - ed io dissi a Nicola di evitare in avvenire  la ‘spettacolarizzazione’ dei titoli.

Al direttore Oronzo Marangelli mi lega un particolare personale che mi ha fatto riscoprire mio padre e mi ha fatto capire che non sempre si può giudicare una persona dal modo in cui esterna i propri sentimenti. A fine 1975 dal momento che era presente in azienda -  doveva essere festivo-comandato perché  era deserta  - assistette ad una discussione in cui io rinfacciavo al genitore una certa durezza, asprezza in ogni iniziativa : quel suo modo tutto particolare di prendere decisioni che mi apparivano non in linea con le nostre  idee e traguardi.    Fu, ora si che posso chiamarlo per nome, (nella nostra azienda il tu era di casa, ma, a qualsiasi direttore di giornale, per consentirgli l’autorevolezza che il ruolo richiedeva, doveva essere riservato il lei… anche ad un imberbe Vito Scisci ) Oronzo che con poche parole e l’ausilio del leggendario sgabello paterno mi fece capire di quanto fossi ingrato e terribilmente in errore.  Nel 1968, nella sede di via Crisanzio, mi ricordò il direttore, ho visto tuo padre piangere perché tu eri in serio pericolo : «eravamo io, lui ed uno sgabello» ( Chiunque abbia conosciuto mio padre sa che non faceva trapelare mai nessuna emozione, mai una lacrima; l’espressione del volto le sue parole).  Oronzo Marangelli, con la grandezza che solo gli uomini responsabili possiedono, si  era tenuto per lui un ‘segreto’ per sette anni, rispolverandolo solo nel momento della necessità.

Fu così che rientrai a completare il servizio militare nel 1975 e da allora con mio padre vi fu solo un normalissimo scambio di idee e mi convinsi che quello al  passo con i tempi era lui e non io.

Marangelli, inoltre, ha senza dubbio contribuito a sviluppare nella mente del professore Matteo Fantasia quell’idea di televisione che darà vita ad una magnifica emittente di nome Telenorba e di cui è stato il primo direttore responsabile e che vede nel direttore Enzo Magistà, suo fedele collaboratore fin da ragazzo, un esempio per tutti i giovani che vogliono intraprendere il mestiere più bello del mondo.       

Mi piace immaginare che quel giovane liceale, che organizzava manifestazioni studentesche per  chiedere il ricongiungimento di Trieste all’Italia, oggi frema - pur con quella calma insita nelle persone che ci hanno lasciato fisicamente  - nel vedere il suo Paese e l’Europa pervasi da una smania di ‘referendum-separatisti’ e quindi attraversi, con il suo  piccolo ma veloce passo, Largo di Corte nella sua Conversano per entrare nel suo ‘Crescamus in illo per omnia’ e fare visita - con la deferenza e devozione che questi occhi hanno visto - a quel Mons. Luigi Gallo da lui tanto amato  (per motivi troppo estesi da spiegare vi comunico che, quando incontravo il Mons., mi chiedeva notizie di quel ‘ragazzo’ volenteroso e vivace come pochi)  e, superato l’attimo di smarrimento per non trovare la televisione cui aveva contribuito a dar vita in quel luogo per lui sacro, proseguire per quella via Pantaleo in cui Maurizio continua la storia dei  giornalisti Marangelli e dare, finalmente, a Gianni la possibilità di ricambiare quella lezione ricevuta sull’insegnamento paterno.

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