Stop al bullismo: dove? Chi? Come?

di FRANCESCO GRECO - ROMA. La Legge 71/2017 in materia di “tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”, prevede un’ulteriore assunzione di responsabilità da parte delle scuole. Ne parliamo con Massimo Fersini, che da tempo si occupa del fenomeno del bullismo e cyberbullismo.

DOMANDA: La scuola è il luogo giusto per affrontare e risolvere il fenomeno del bullismo?

RISPOSTA: “La scuola è un luogo importante, perché si può individuare il fenomeno, si può intervenire e soprattutto si può fare prevenzione.
Mi trovo pienamente d’accordo con quello che ha detto in questi giorni la dott.ssa Filomena Albano, garante per l’infanzia e l’adolescenza, la quale ha sottolineato la necessità di introdurre la mediazione nei programmi scolastici per formare i ragazzi affinché possano acquisire capacità di ascolto e di mediazione.
A questo io aggiungo: il contrasto al bullismo e cyberbullismo è principalmente un problema educativo e di prevenzione.
Intervenire dopo che il fatto è accaduto può servire da monito, ma non risolve il problema.
Il bullismo non lo si combatte solo con leggi, regolamenti e procedimenti disciplinari, bisogna individuare strategie e acquisire strumenti adeguati in modo da lavorare sulla prevenzione. Proprio in virtù del fatto che il fenomeno di cui parliamo rientra nella sfera educativa”.

D. Quando lei parla di prevenzione, che cosa intende?

R. “Mostrare un’alternativa al bullismo, a esempio, per cominciare: insegnare ai ragazzi a saper essere delle persone empatiche, assertive, capaci di autoaffermarsi e autodeterminarsi attraverso l’espressione delle proprie potenzialità e non attraverso la cultura dell’aggressitività e della svalutazione degli altri, dei propri compagni, dei docenti”.

D. Si sente parlare ultimamente della figura dell’esperto in bullismo e cyberbullismo, chi è l’esperto?

R. “E’ una figura in via di definizione. Difatti non è stato ancora delineato un iter formativo univoco.
Gli esperti che si occupano con autorevolezza del bullismo fanno riferimento a discipline di psicologia, di giurisprudenza, umanistiche, queste ultime importanti in quanto hanno in oggetto la conoscenza dell’uomo, del suo pensiero e del suo comportamento nei tempi.
Ognuno proviene da percorsi diversi (approfondimenti a convegni, conferenze, lavoro sul campo, esperti che hanno condotto indagini e ricerche sul fenomeno, ecc.).
Attualmente non ci sono percorsi universitari che offrano una preparazione specifica e completa”.

D. E quindi, pare di capire, che allo stato attuale si fa fatica a capire chi si deve occupare di bullismo?

R. “E’ proprio così. Ed è proprio questo il momento in cui tutti coloro che si occupano di bullismo è bene che condividano le proprie esperienze, le proprie competenze, per ragionare sul come arginare il fenomeno.
E’ importante mettere insieme le linee guida date dal Ministero con le esperienze di chi lavora nel settore. Bisogna ascoltare i ragazzi. Tuttavia, qualcosa si è mosso: attualmente ci sono dei corsi di formazione per esperto in bullismo e cyberbullismo riconosciuti dal MIUR”.

D. E gli insegnanti che ruolo possono avere?

R. “Agli insegnanti non si può chiedere di più di quello che già fanno. La figura dell’esperto deve essere una professionalità esterna,  in quanto l’estraneità alle dinamiche del gruppo permette di rompere gli schemi prefigurati all’interno del sistema scolastico. L’insegnante e l’esperto possono collaborare.
L’insegnante, difatti, osserva ogni giorno il comportamento in classe e magari non solo presagisce il problema, ma può dare delle indicazioni importanti derivanti dalla conoscenza approfondita dei ragazzi e delle loro famiglie”.

D. Quali sono, secondo lei, le competenze che chi vuole occuparsi del fenomeno deve avere?

R. “Deve saper lavorare in aula; saper instaurare un rapporto di fiducia basato sull’amicizia; operare con autorevolezza e discrezione coinvolgendo tutti i ragazzi; saper utilizzare strumenti adeguati e discreti per far emergere la problematica, come a  esempio: i giochi di ruolo, i questionari, l’osservazione diretta e indiretta, i colloqui individuali, ecc.
Deve saper individuare il problema e la gravità del problema per decidere come intervenire e quali altre figure coinvolgere: lo psicologo, il giurista, la polizia postale, ecc.”.

D. Ma non si corre il rischio che i ragazzi fingano, o si chiudano?

R. “Sicuro, e per questo è necessario utilizzare strumenti adeguati  che permettano di individuare un problema taciuto, strumenti che l’esperto deve saper applicare con molta discrezione”.

D. Sembra di capire che la figura dell’esperto è una figura assai complessa… 

R. “Il bullismo è un fenomeno complesso, per cui per arginarlo è necessario un approccio complesso, che consideri sia il punto di vista normativo, che quello emozionale e psicologico, senza trascurare l’aspetto educativo e umano.
L’esperto inoltre deve conoscere il fenomeno anche dalla prospettiva del bullo, per evitare la lettura riduttiva: il debole va aiutato e il cattivo va punito.
La punizione è un deterrente che da sola non risolve il problema. Deve saper prevenire e intervenire sul bullismo, attraverso una risposta bio-socio-psico-educativa”.

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