Anche nel ’600 vigevano ordinanze che disponevano la chiusura dei porti

di VITTORIO POLITO - L’attualità della cronaca relativa alla chiusura dei porti italiani per la nota “invasione” dei migranti, forse favorita dalle ONG (Organizzazioni Non Governative), e dalla Sea Watch 3, in particolare, che ha violato norme e leggi italiane che ne vietavano il transito nelle acque italiane, forzando il blocco e commettendo vari reati, ad opera del capitano tedesco Carola Rachete, che ha dato luogo ad un caso, forse senza precedenti, che la Magistratura sta vagliando.

La chiusura dei porti nel Seicento, nel Mezzogiorno d’Italia, era molto diffusa a causa delle incursioni dei vascelli nemici spagnoli, che piombavano d’improvviso, soprattutto dove scarseggiava la vigilanza. Fu disposto allora con legge del 13 gennaio 1651 la chiusura. Il successivo 13 febbraio, una circolare, diffusa con lettera del 18 marzo, trasmessa, tra gli altri, al Preside della Sacra Regia Udienza di Trani, perché ne disponesse la divulgazione e l’applicazione nelle province di Bari e Otranto, con divieto, nei cosiddetti porti di campagna, di ogni attività, ovvero interdizione di accesso a imbarcazioni di qualsiasi tipo e grandezza, che intendessero scaricare ogni sorta di mercanzia, intimando di stare al limite di due miglia dalla costa, con pena di sequestro delle navi e del relativo carico, oltre alle adeguate ulteriori sanzioni corporali nei confronti dei piloti e dei marinai.

I governatori e i castellani delle città e delle terre interessate erano obbligati a disporre lo smantellamento di magazzini e depositi situati nei porti o nelle immediate vicinanze, fatta eccezione per le cisterne di olio poste ad oltre un miglio di distanza, e di segnalare l’apparire di qualsiasi imbarcazione, perché potessero provvedere alla cattura. Il divieto si estendeva anche ai Tribunali, che dovevano astenersi dal concedere permessi di approdo a chicchessia.

Il preside di Trani, non mancò a sua volta di comunicarle, il 30 marzo 1651, agli ufficiali regi e baronali interessati, nonché ai sindaci ed ai vari eletti delle università (i Comuni del tempo).

Per quanto riguardò la Terra di Bari, tra i porti interessati ai divieti vi era quello di Santo Spirito e della vicina rada di San Vito, come ricorda Vito Antonio Melchiorre nel suo libro “Storie Baresi” (Levante).
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