'Anschluss', così la Germania tornò grande

di FRANCESCO GRECO - Profetico Khol: “A nessuno andrà peggio di prima, a molti andrà meglio”. In realtà andrà meglio a tutta la Germania, che con la riunificazione assumerà un maggiore peso politico con cui determinerà i destini dell’UE. Due le icone cool che affiorano alla memoria di quei giorni convulsi: microfono in mano, Lilli Gruber sotto la Porta di Brandeburgo (9 novembre 1989) e i tedeschi dell’Est che, sguardo trasognato, come se tornassero nel Paradiso perduto, sciamano a ovest (1 luglio 1990), ansiosi di cambiare i risparmi in marchi sonanti.

E l’unificazione delle due Germanie nate dalla fine del sogno hitleriano sulle macerie del Terzo Reich fu cosa fatta. Un successo del cancelliere Helmut Khol. Sul background però si è lesinato sui dettagli, ci hanno dato elementi sociologici, quasi folkloristici: eravamo in credito di retroscena, di dinamiche socio-economiche, contesti micro-meso-macro, sfondi storici e geo-politici. Si sa come funziona al tempo della comunicazione globale e della società liquida: si crea una suggestione mediatica, un mantra, si inventa uno storytelling, una vulgata, per cui a un certo punto una cosa appare logica, necessaria, inevitabile.

La Storia a volte conferma la bontà dell’accelerazione di certi processi, altre volte smentisce. Con puntiglio analitico e dovizia di particolari, a ricostruire quel complesso momento storico che, in tutta evidenza, influenza le sorti dell’Europa, ci ha provato Vladimiro Giacchè (La Spezia, 1963) in “Anschluss” - L’annessione (L’unificazione della Germania e il futuro dell’Europa), Edizioni Imprimatur, Reggio Emilia 2016, pp. 212, euro 9.90 (giunto alla seconda edizione). Con documenti di prima mano, anche in lingua tedesca (ha studiato a Pisa e anche in Germania), Giacchè non parte da assunti che porge al lettore, viceversa, lo smonta come si fa con un giocattolo e spiega i meccanismi interni intrecciando i livelli di un’indagine polisemica, echi e rimandi, personaggi e contesti.

Per andare a fare la spesa a ovest (e avere “infrastrutture ricostruiti, centri storici risanati”), i tedeschi dell’Est hanno sacrificato tutto: risparmi, ceto intellettuale, imprese, ecc. Hanno subìto “le privatizzazioni peggiori d’Europa” (della compagnia di bandiera, per esempio). Crollo di pil, export, occupazione. Così la Germania ricca ha condiviso il proprio “modello vincente”. Guai ai vinti!, disse uno che ne capiva. Ai tedeschi orientali non restava che passare sotto il giogo delle lobby, banche, poteri forti. Il conto dell’unificazione l’ha pagato la Rdt. Il comunismo si è rivelato un’ideologia di enunciazioni, e ai popoli che ci avevano creduto non restava che farsi annettere contrattando sulle macerie del fallimento.

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