Il gruppo spontaneo Amici di San Nicola festeggia le 92 candeline di Nicola Simonetti

di LIVALCA - La saggezza popolare ha stabilito che l’età più difficile è quella che si ha,  quindi  vi sono i luoghi comuni che possono essere riassunti in una frase di Mann:« Si è tanto giovani o vecchi quanto ci si sente di essere» e poi vi è un signore vissuto quattro secoli prima di Cristo, nato ad Atene da agiata e nobile famiglia che, dopo aver  coltivato poesia e pittura, si fece ammaliare dalla filosofia  divenendo ‘allievo’ di Socrate.

Platone il suo nome e la storia riporta che, almeno  per ambiente familiare, fosse antidemocratico  perché lo zio era uno  dei trenta  tiranni,  ma io, tralasciando Accademia e Dialoghi, lo  cito per una frase sull’età che sento vicina al mio sentire:« L’uomo di natura calma e serena sente appena il peso dell’età. Ma per chi è di opposta natura sono un greve fardello sia la giovinezza, sia la vecchiaia» (Ogni forzato riferimento, per la seconda ipotesi, all’estensore di queste note ritengo sia tanto casuale, quanto plausibile).

Reputo  che il professore Nicola Simonetti - il 2 gennaio 2020 compie 92 anni, essendo nato il 2 gennaio 1928  - appartenga alla prima categoria, non certo perché allevare quattro figlie richiede una grande dose di equilibrio, ma per naturale predisposizione  o per grazia ricevuta.
Secondo dei miei calcoli particolari che hanno a che fare con le costellazioni principali e, nello specifico dello zodiaco, Nicola è nato nel 1927, la qual cosa vi spiegherò esclusivamente con la prova del nove. Tale  prova è tanto cara a Luigi Papa - il docente di Statistica dell’Università di Bari che ha avuto il merito (improprio chiamarla idea, perché chi si occupa di statistica elabora le idee degli altri, che la storia insegna non sempre ‘utili’ è un parere personale) di ‘creare’ il gruppo dei nove formato da - opto per l’ordine alfabetico, perché quello d’ingresso  porterebbe ai tanto amati ‘ricorsi’ - gagliardi ‘anta‘: Ciro Capotosto OP, Gianni Cavalli, Marco Ciccone, Antonio Di Leo, Peppino Giordano, Michele Mancini, Luigi Papa, Michele Petruzzelli e Nicola Simonetti.

 La prova del nove - la statistica impone di precisare ‘semplice’ e non infallibile, spiegazione doverosa per accreditare e non legittimare la mia intuizione - per l’anno 1927 fa scaturire il numero UNO, che, nel caso di Nicola, è un abito su misura: NICOLA SIMONETTI E’ UN NUMERO UNO.  Potrei spingermi oltre  precisando  che è nato il 30 dicembre 1927, ma sarebbe presuntuoso e irriverente verso il 1928.  La prova del nove del 1928 ci regala il numero DUE.  Nicola in effetti festeggia il giorno 2 e gennaio vale come numero UNO.

In sostanza un numero UNO predestinato e, comunque sia andata, della costellazione australe del Capricorno, non a caso decimo segno dello zodiaco e Nicola è sempre stato fin dalle elementari un abbonato al voto 10…non solo in condotta, come tutti bambini educati.  Il Capricorno costellazione australe, fra Sagittario e Acquario con coordinate che dovrebbero essere  α  =  21ʰ e δ = 20ᵒ  S (Come si può notare tutto giostra intorno ai numeri UNO, DUE e ZERO).         
                       
 Ora a nulla vale precisare che il Tropico del Capricorno è il parallelo australe  di latitudine 23,5 S e che, nel solstizio d’inverno, il Sole arriva allo Zenit UNA volta l’anno. Secondo questo ragionamento, puramente statistico, Nicola avendo i numeri UNO, DUE e ZERO  nelle coordinate possiede 50% di possibilità di essere nato sia nel 1927 e sia nel 1928, ma, in entrambi i casi, predestinato come numero UNO  e, statistica a parte, anello di congiunzione dei ‘magnifici’ nove  riunitisi nel nome di San Nicola, che oggi vogliono festeggiare un fratello maggiore con spirito filiale (con questo termine  tuteliamo  il diritto di alcuni di  rivendicare ‘gioventù’ anagrafica).

Forse è il caso di tralasciare il ‘volo pindarico’ di cui mi sono avvalso (non sempre riesce ad avvalorare chiaramente lo scopo prefisso)  e spostarci sulla grandezza del poeta lirico corale greco Pindaro, nato  a Cinocefale in Beozia, vicino la più famosa Tebe (anche Pindaro viene fatto nascere tra il 522 e il 518 a. C. e, studi recenti, concordano sul 520…per cui UNO, DUE e ZERO  sono i suoi numeri  identificativi). Per Pindaro ho un ‘debole’ a tal punto da convincere Francesco De Martino e Onofrio Vox, due famosi studiosi del mondo antico, a dare maggiore risalto nella loro fenomenale «LIRICA GRECA : DORICA, IONICA e EOLICA» in tre volumi (Levante editori, 1996) a colui che fu discepolo di Corinna, insigne poetessa tebana. I due studiosi menzionati sopra hanno dato una definizione di Pindaro che ritengo fedele al personaggio:«Dorico, ma con accentuate simpatie attiche». Nicola Simonetti :« Medico, ma con accentuate simpatie per il mondo classico».  Prima di  abbandonare definitivamente Pindaro-Simonetti mi permetto di ricordare, anche a chi scrive, che i due protagonisti, pur separati da 25 secoli, sono sorretti da una profonda fede e una sfolgorante intelligenza e sono in grado di evocare e descrivere (Nicola è un valente, poliedrico giornalista) in maniera efficace, ognuno inserito nella sua epoca, il contesto etico-religioso.   In sostanza quello che viene definito ‘volo pindarico’ da sempre è il massimo lampo di genio di un lavoro poetico, in cui l’artista riassume  con un linguaggio frutto di fantasia  il fasto di un mito, ossia un campione di virtù.

Nicola Simonetti è il FARO del nostro gruppo (come non riferire che Enrica, una delle figlie, ha pubblicato un libro bellissimo «Luci sull’Adriatico : FARI tra le due sponde», Laterza editori, 2009) oltre che una preziosa enciclopedia consultabile, perché quasi sempre i fatti che  narra li ha vissuti e li riferisce con sobrietà e zelo di testimone oculare, senza mai aggiungere un aggettivo di troppo.    Il gruppo al completo una mattina stava discutendo su San Pio da Pietrelcina e lui ci ha fatto partecipi di un personalissimo avvenimento.  Il professore ha fatto i nomi, ma io preferisco un racconto anonimo.  Vi era una paziente di Nicola  affetta da una patologia così grave, da ritenere inutile l’intervento chirurgico. Il marito, non rassegnato, ha portato la moglie al Nord, ma il responso è stato identico.  Nel tornare a Bari, perché voleva informare i parenti della moglie e confrontarsi con loro se fosse da tentare ugualmente l’intervento, si è fermato a S. Giovanni Rotondo e, in chiesa, aveva incontrato (casualmente ?) padre Pio che lo aveva apostrofato:«Che fai qui, vai da tua moglie che è tutto a posto».  Il signore barese, un imprenditore cattolico ma pragmatico, non aveva ben inteso quel messaggio e tornato  in città, ascoltati i parenti, si era deciso, comunque, che la moglie andasse sotto i  ferri.   Rientrato  dalla moglie  aveva comunicato ai medici la sua decisione, non trovandoli concordi.    Ma, il non ancora San Pio, aveva fatto in modo che lo zelo dei medici - a titolo personale posso testimoniare che è la prassi, ma noi annotiamo spesso  solo le eccezioni - aveva preteso di rifare tutti gli esami pre-intervento (l’imprenditore non aveva comunicato a nessuno del suo incontro a San Giovanni Rotondo!).  Dagli esami risultò che la signora era guarita o, secondo una ‘battuta’ di un passante che non faceva parte del gruppo, ma avevamo ‘contattato’ per la foto che vedete in cima a questo articolo, non era stata mai malata.

A questo punto il piccolo-grande-uomo Nicola precisò : « Sono un medico ho visitato  prima e dopo la paziente, era guarita».  Simonetti  non ha mai nominato la parola ‘miracolo’, lasciando ad ognuno di noi la singola ‘valutazione’.

«Si fa risalire a Barnard il ‘primo’ trapianto, quello di cuore che maggiormente ha colpito la sensibilità, lo stupore, la meraviglia. Ma una tradizione vuole che, nel terzo secolo a. C., un chirurgo cinese, Pien Chi’ao, abbia scambiato i cuori di due soldati addormentati, e che, nel secondo secolo d. C., un altro grande chirurgo cinese, Ua T’o, abbia realizzato trapianti di visceri con l’aiuto di un’anestesia a base di un cocktail vegetale. Non va dimenticato l’autotrapianto in situ realizzato da Gesù Cristo nell’orto dei Getsemani quando riattaccò l’orecchio al milite Maico. Altro ‘miracolo’, quello dei Santi Medici che sostituirono la gamba ‘marcita’ del guardiano del tempio loro dedicato con una gamba di un moro deceduto il giorno precedente»  con questo inciso inizia lo stimolante saggio che Nicola Simonetti scrisse  con il titolo  «Etica dei trapianti». Il testo venne inserito all’interno di un lavoro eccezionale il «TRATTATO di BIOETICA» (Levante editori, 1992) curato dal professore  Francesco Bellino e che vide collaborare i più insigni studiosi del settore (Non per la statistica, ma per gloria editoriale, il primo del genere edito in Italia).  Simonetti fu uno dei pochi che rispettò i termini di consegna del materiale. Quel volume costò all’editore non poche inimicizie, perché, gli esclusi giunti fuori tempo massimo, non accettarono l’idea dell’assenza : solo per completare gli studi del prof. Papa comunico che  il volume doveva uscire all’inizio dell’estate del 1992 ed invece vide la luce solo a ottobre. Un testo ancor oggi validissimo che ci porta a comprendere che l’intera creazione guarda verso l’uomo, senza la sua presenza la natura è carente, incompleta.

Voce popolare vuole che i ‘baresi’  trascorrano più tempo a parlare dei propri nemici, che a parlare bene degli amici, ma la classica eccezione è costituita da un volume «Come eravamo» di Vito Maurogiovanni (Levante editori, dicembre 2005) in cui l’Amicizia regna sovrana.  L’Amicizia richiede l’impiego di risorse non comuni, di grande disponibilità di impegnarsi veramente per stare insieme e ricercare il bello della vita e pretende non belle parole, ma fatti concreti e non nel senso di cose materiali.

Nel volume «Come eravamo» vi è una parte da me curata dal titolo «Un messaggio, tante foto, storia di una rivista, ricordi della casa editrice» in cui - come non dare ragione a chi ritiene il caso il soprannome della Provvidenza - feci una scelta, per quanto riguarda le foto da inserire, che oggi, alla luce degli ultimi sviluppi, appare incredibile, prodigiosa, sorprendente.  A fine novembre 2005, finalmente, ricevetti, quasi in contemporanea, l’immagine che ritraeva Nicola Simonetti con Alberto Sabin e dall’Università di Bari quella in cui il magnifico rettore Girone conferiva la laurea honoris causa all’on. Giorgio Napolitano. Con la generosità che tutti ci riconoscono, non potendo più aumentare le pagine, tolsi due foto che riguardavano la famiglia Cavalli e inserii i nuovi arrivi. Solo qualche mese  dopo l’on. Napolitano divenne Presidente della Repubblica e firmò per il nostro Nicola il decreto di conferimento della medaglia d’oro al merito della Sanità Pubblica.  Da qualche parte ho la lettera con cui il portavoce di Napolitano - il giornalista barlettano Pasquale Cascella, mio vecchio amico - attestava la singolarità dell’avvenimento.

Il gruppo di Amici, con padre Ciro ispiratore, ha segnalato al Sindaco di Bari Antonio Decaro come i 92 anni di Nicola meritassero una degna, lodevole celebrazione e l’Amministrazione, con veloce disponibilità, ha fissato per il giorno 14 gennaio 2020, alle 12,00 in sala Giunta, un incontro  che darà lustro alla famiglia Simonetti ma anche all’intera città.

Vediamoci più spesso, vale per tutti gli Amici del mondo, e per l’occasione uno scrittore non barese, Vinicio Aquaro, famoso per le pubblicazioni dedicate alla deliziosa Alberobello, nativo di Martina Franca, ci regalerà delle ‘chicche’  sulla carriera di Nicola.  In questo modo si conferma il detto che San Nicola è amante dei forestieri, perché i forestieri amano San Nicola, i baresi e la città di Bari : Vinicio è devoto di San Nicola, apprezza i baresi e la loro cucina, ama Bari in tutte le sue molteplici forme e, cosa non trascurabile, è Amico di Nicola Simonetti fin da quando Paolo Grassi, all’epoca presidente RAI, che era stato fondatore del Piccolo Teatro di Milano, volle curare la prefazione di un suo libro dedicato alla ‘capitale dei trulli’.  Giovani la vita è un dono meraviglioso, sta a noi, dalla nascita fino alla partenza, onorarla con pensieri, parole e opere e lasciando la porta sempre aperta all’arrivo di nuovi Amici: non sempre è vera la credenza che recita ‘più difficile mantenere un’amicizia, che farla nascere’.   «Acta est fabula», questa le parole con cui nell’antico teatro  terminava uno spettacolo.
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