Acqua, fonte della salute. Curiosità storiche

 di VITTORIO POLITO - Qualche anno fa, fu allestita a Bari, presso la Cittadella della Cultura, la Mostra di documenti storici e opere d’arte contemporanea “Acqua in arte e nelle carte”, a cura di Sabrina Veneziani, in collaborazione con l’Archivio di Stato di Bari, con gli interventi di Fabiano Amati, Antonio Castorani, Eugenia Vantaggiato, Giusy Petruzzelli, Luigi Masella, Alberto Ferruccio Piccinni e la stessa curatrice della Mostra. Esposero le loro opere: Dario Agrimi, Giovanni Albore, Anna Maria Di Terlizzi, Giulio Giancaspro, Maria Martinelli, Vito Matera, Michele Paparella, tutti artisti che non hanno bisogno di presentazione.

L’acqua, fonte della salute, è stata la protagonista principale dell’evento, e per l’occasione fu pubblicato da Sabrina Veneziani, un tascabile (edito da Gelsorosso), in cui fa un po’ la storia dell’evoluzione igienico-sanitaria della Città di Bari tra Ottocento e Novecento.

L’acqua è elemento cosmico, primordiale e costituente la vita, ha origini divine ed è anche parte del nostro corpo, mezzo di sostentamento ed indispensabile per le nettezza urbana.

Al di là dell’essenzialità dell’acqua, mi piace ricordare cosa succedeva a Bari, considerando che era impresa ciclopica ricercare un pozzo artesiano. Si ha testimonianza della presenza d un serbatoio a largo San Pietro, approntato e più volte ripristinato, che col tempo fu destinato alle necessità dell’Ospedale Consorziale che veniva, a volte, rabboccato con acqua proveniente dall’Ofantino.

Mentre si cercavano soluzioni all’incessante penuria d’acqua, nel 1830, dopo un periodo di siccità e carestia, il sindaco pro-tempore, Ignazio Salonna, decretò che per la popolazione fossero messe a disposizione 5 cisterne private del Castello, allora destinato ad alloggio dei Reali Carabinieri, prigione, ospedale e orfanotrofio militare.

Nel 1833 fu revocato il decreto e l’uso delle cisterne fu riservato solo alla popolazione residente nel forte, ai prigionieri delle carceri reali e ai cavalli della gendarmeria.

Il Decurionato deliberò nel 1832 l’edificazione di un pozzo in Largo Ferrarese, nel contesto del Mercato coperto, ad uso pubblico, serbatoio che nel 1858 fu sottoposto a stagnatura, a causa delle perdite e delle infiltrazioni.

Nello spazio di 4-5 lustri, la popolazione aumentò del 25%, per cui la disponibilità idrica non era più sufficiente e, nel 1845, l’Intendente richiese al superiore Ministero dell’Interno di aumentare la quantità di acqua della cisterna del Castello e solo due anni dopo fu proposta l’edificazione del nuovo serbatoio.

D’altro canto le attenzioni del governo borbonico erano riservate ai nuovi quartieri, trascurando i rovinosi problemi che gli abitanti del centro storico lamentavano e l’evidente arretratezza del modello insediativo della città vecchia.

Bari, secondo “Il Sole 24 Ore” attualmente, è al 9° posto tra i Comuni più grandi d’Italia con oltre 320.000 abitanti e al 67° posto (2019), per l’indice della qualità della vita, grazie anche all’acqua del Sele e alle condotte fognarie che hanno prolungato e migliorato la vita dei baresi e si spera che, condividendo le regole fondamentali del vivere civile, l’indice della qualità della vita possa fare un grande salto verso la vetta.