I ‘Carmina Latina’ di Joseph Tusiani nel ricordo di Emilio Bandiera


Or con queste due donne
che non conosco e mi fan da sorelle
dovrò contare, volente o nolente,
i giorni estremi della mia esistenza.
Che faccio? Dico “il ciel sia ringraziato”
o soltanto “pazienza”?
Non vinco e perdo niente
se penso ad alba e stelle.

Son qui remunerate
per scongiurare il fato
d’una fatal caduta:
potrei per sempre a terra rimanere
e troncar la mia vita e il lor compenso.
Or chi mi fa sapere
se la loro valuta
o il mio restare in piedi ha maggior senso?

Non mi ha detto nessuno
quale divario esista
fra tronco annoso e giglio,
fra prima e ultima goccia.
E allor che dico: “Il secco stelo muoia
e solo viva il nuovo fior che sboccia”?
Il ciel mi dia consiglio
e in pace poi vivrò se non in gioia.
Joseph Tusiani 
New York, 31 marzo  2014

di LIVALCA - L’Amico Giuseppe (chiamarlo con il nome italiano era un mio ‘vezzo’) Tusiani mi inviò questa poesia, il cui titolo non a caso era “Le badanti”, il 31 marzo 2014 alle 11,25 con queste parole:

Mio caro Gianni, (Tusiani giusto un mese prima aveva avuto un ictus; salvo per miracolo, all’uscita dall’ospedale, si trovò a dover convivere con delle badanti che avevano il compito di assisterlo).

son per te questi versi appena composti.

Un abbraccio,

Joseph

Dopo uno scambio di mail, in cui provai a spiegargli quanto fosse privilegiato ad avere a disposizione le badanti, comodamente ed a casa propria rispetto ad altri anziani meno fortunati, alle 19,23 dello stesso giorno : “Scusa se torno a importunarti. Ho riveduto l’ultimo verso della prima strofa, che ora è ‘se penso ad alba o stelle’. In effetti nella prima stesura al posto della parola ‘alba’ vi era ‘notte’.

In queste stesse ore trovò il tempo di parlare al telefono anche con la sua cara amica di Trinitapoli, Grazia Stella Elia, la quale gentilmente e perentoriamente aveva fatto notare al suo grande interlocutore che lei, pur con tre figli, doveva affrontare da sola ogni spiacevole evenienza.

Tusiani era molto simile, per spigolosità e generosità (le due cose non sono in antitesi, ma si sposano magnificamente), alla poetessa scrittrice dell’antica Salapia e bisognava assecondarlo in attesa che la parte magnanima prendesse il sopravvento. Così fu per le badanti, che divennero insostituibili angeli custodi.

Furono tre mesi in cui Giuseppe sentiva il calore di tutti gli amici e inviava la stessa poesia a più persone, facendo sapere a tutti che avrebbero condiviso con altri il piacere della lettura e per la poesia del 3 giugno 2014 gli eletti furono : Bandiera, Cavalli, Cera, M. Coco, D’Amaro, Di Domenico, Luciani, Motta, A. Siani, C. Siani, E. G. Stella.


Amici carissimi,
come vedete, le scuse per salutarvi continuano a non mancarmi.
Il vostro
Joseph

UN BIMBO ED IO

Incrociammo lo sguardo un bimbo ed io,
un anno e mezzo lui, ed io novanta:
a quell’età la differenza è tanta
che chi ci perde son soltanto io.
Gli estremi,già! In lui ritrovo il mio
Ingenuo mondo, l’anima che incanta
tutti tranne se stessa, infanzia santa
che non ancora dubita di Dio.

Ma lui perché mi guarda?  Che può mai
vedere in me – forse questo bastone
che pure a me gran riverenza impone?
Bimbetto mio, quando più non avrai
il firmamento in mano, possa questo
ricordo mio non rivelarsi mesto.
Joseph Tusiani
New York, 3 giugno 2014

A gennaio 2018 Levante editori di Bari ha pubblicato « LUX VICIT – CARMINA LATINA»,

un volume di 83 liriche latine di Tusiani, con introduzione e traduzione italiana a cura di Emilio Bandiera, nella collana Kleos diretta da Francesco De Martino.

Qui di seguito si riporta l’inizio della dotta e minuziosa introduzione stilata da Bandiera per il volume.

«Il 23 febbraio 2014, a distanza di pochi giorni dal suo 90° compleanno, Joseph Tusiani di mattina all’improvviso si trovò disteso sul pavimento. Per fortuna, il telefono era nelle immediate vicinanze e Joseph poté chiamare il fratello e chiedere aiuto. L’aiuto arrivò immediatamente e in brevissimo tempo Joseph si trovò nel vicino ospedale. I medici iniziarono subito le ricerche e le cure. Joseph aveva avuto un ictus e i medici iniziarono i trattamenti necessari; dopo i primi giorni, gli permisero di scrivere e di chiamare gli amici tramite il telefono. Poi Joseph tornò a casa, affidato alle cure di badanti che lo assistessero e di fisioterapisti, che realizzassero l’abilitazione fisica.

Come già detto, Joseph aveva iniziato a scrivere, e in versi, già in ospedale. Usò nuovamente le lingue che aveva usato negli anni precedenti, ossia la latina, l’inglese, l’italiana, il dialetto di San Marco in Lamis, suo paese natio. La prima lirica latina porta la data del 24 marzo 2014. L’attività di scrittura di Tusiani ebbe un’impennata; ogni giorno scriveva poesie nuove e inviava copia agli amici, come aveva fatto spesso.

Una prima piccola raccolta di componimenti in latino fu pubblicata da me nel dicembre 2014. Erano dodici liriche, le prime liriche latine scritte da Tusiani post ictum. Il volumetto intendeva essere un piccolo mio omaggio “A Joseph Tusiani –amico risanato–”.

Le poesie di Tusiani andavano man mano aumentando di numero. Quelle in lingua inglese sono state pubblicate da Paolo Giordano ed Anthony Tamburri nel 2016, col titolo “A Clarion Call”; la raccolta pubblicava 68 liriche inglesi, precedute da una “Preface” di Anthony Julian Tamburri e da una “Introduction” di Paolo Giordano.

* * *

Il presente volume pubblica 83 liriche latine, ossia l’intera produzione latina di Joseph Tusiani post ictum, cioè fino alla consegna del manoscritto all’editore. Si aggiunge quindi a tutta la serie dei miei volumi e volumetti, che presentano l’intera raccolta di testi latini di Joseph Tusiani con mia introduzione e traduzione italiana.

Le liriche latine vengono qui pubblicate secondo l’ordine strettamente cronologico della composizione; la data è indicata alla fine di ogni lirica. È questa una precisa scelta; mira a presentare i vari testi come una specie di diario dell’autore. Attraverso questo diario è possibile seguire non solo il susseguirsi dei vari testi, ma anche e soprattutto il percorso psicologico dell’autore. Tale percorso si nota fin dalle prime composizioni; anzi direi fin dalla prima lirica, ossia Ad maiorem baculi gloriam, scritta dall’autore da poco uscito dall’ospedale.

“Può sembrare quantomeno irriverente il titolo della prima lirica. [...] La tradizionale frase Ad maiorem Dei gloriam diventa Ad maiorem baculi gloriam, dove Dio viene sostituito dal bastone. Non c’è nessuna irriverenza; dal v. 1 si comprende immediatamente che lo stesso “bastone” potrà dare i suoi benefici solo “con l’aiuto del cielo”. Il resto della lirica è una lode al legno del bastone, ma viene ricordato che il legno è stato reso “nobile, amato e almo” (1,4) proprio da Cristo che moriva sul legno della croce”.

Il nome del baculus ritorna più volte (1,1; 2,12; 6,10; 9,14; 13,5 e 7; 23,1,7 e 12) nelle prime liriche. Evidentemente l’autore dipendeva ancora troppo da questo strumento, che però lo aiutava, se non a deambulare, almeno a sperare in una possibile autonomia di movimenti. Tale autonomia si ridusse a qualche timido passo fatto in casa e alla rara uscita all’aria fresca in giornate propizie. Piccole “vittorie” queste, che si notano man mano nella lettura dei componimenti, anche se talvolta ritornano fasi di pessimismo e di sofferenza.

Una lettura più attenta delle 83 liriche, pubblicate in questo volume, mette in evidenza, mi pare, alcuni elementi che potrei definire nuovi o almeno caratterizzanti di questa recente produzione poetica latina del Tusiani.

A) C’è impressione ben chiara che il poeta abbia l’idea di un taglio col passato e di una nuova proiezione verso un futuro forse anche diverso. È come se l’autore sentisse un senso di rinascita e di novità. B) C’è un maggiore approfondimento del sentimento religioso. C) Il pensiero del poeta sembra più involuto, o più profondo; in alcuni momenti si percepisce un modo di ragionare e di esprimersi più difficile a comprendersi (e quindi più difficile ad essere reso nella traduzione)». (Emilio Bandiera)
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