"Presto, correte, il Papa è grave..." ma nessuno gli credette


FRANCESCO GRECO -  "Presto, correte: il Papa è ferito gravemente... Qualcuno gli ha sparato...". Risposta degli infermieri di guardia puro Trilussa: "Ma che stai a dì? Piantala de scherzà!". Ferdinando ("Nando") Cannelloni guidava l'ambulanza quel mercoledì pomeriggio del 13 maggio 1981 (festa della Madonna di Fatima): era giornata di udienza e Piazza San Pietro era gremitissima di fedeli.

Una mano armata spuntò dalla folla e quando la papamobile giunse alla sua altezza sparò quattro colpi ferendo gravemente all'addome Giovanni Paolo II (e due turiste, una morì).   Il primo luglio del 2020 ricorre il decimo anniversario della morte di "Nando" Cannelloni, l'uomo che salvò la vita al Papa. Era un autista impiegato al Vaticano. L'ambulanza era parcheggiata sotto i portici, pronta a ogni emergenza.

"Nando" ebbe sangue freddo, la guidò tra la folla e con l'aiuto di due medici che erano in piazza e due infermieri, caricò il Papa polacco sull'ambulanza e tutti partirono alla volta del Policlinico "Gemelli", che dista 7 km e mezzo da San Pietro.

Sirene spiegate, l'autista "coprì" il percorso in soli sette minuti (stando a Google, a piedi si impiegano 70 minuti, in auto 21 e con la metro mezzora), giungendo al pronto soccorso e ricevendo dagli infermieri la risposta incredibile di cui abbiamo detto nell'incipit.


Fu la tempestività a salvare la vita al Papa, che aveva perduto ben tre litri di sangue: qualche minuto di ritardo e tutto sarebbe andato diversamente. L'operazione durò ben cinque ore, l'addome era praticamente spappolato.

Vincenza Di Nunno, la vedova di "Nando" (mancata lo scorso 12 giugno, era nata a Gravina in Puglia nel 1932, figlia di in barbiere socialista inviso al regime che era dovuto emigrare a Roma), ci mostrò mesi fa i riconoscimenti al marito appesi alle pareti per quell'impresa. E aggiunse anche che lo stress fu così tanto che il sor "Nando" successivamente accusò problemi al cuore, tanto che il Vaticano lo trasferì negli uffici.

Un altro retroscena non di poco conto: quando due anni dopo il Papa andò a trovare in carcere Mehemet Alì Agca (1958), per perdonarlo, le prime parole che il terrorista turco appartenente ai "Lupi grigi" pare abbia detto: "Mi pento per non aver preso bene la mira e di non averti ammazzato...".

Era stato condannato all'ergastolo con rito direttissimo, ma nel 2000 fu graziato dal presidente Ciampi ed estradato in Turchia. Dove continuò a scontare la pena (la giustizia turca lo accusava di aver assassinato un giornalista). Fu scarcerato nel 2006 ma per errore, e infatti fu di nuovo imprigionato. Uscì nel 2010. Oggi è un uomo libero, si è convertito al Cristianesimo e si spaccia per il "nuovo Gesù". Ha scritto un'autobiografia, con l'ennesima versione del perché sparò al Papa.
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