Revenge porn, gli psicologi pugliesi: "Sostegno alle vittime, mai aver paura di denunciare"

BARI - “Una forma sempre più preoccupante di violenza subdola e viscida che genera danni psicologici e sociali alle vittime”. Il presidente dell’Ordine degli Psicologi di Puglia Vincenzo Gesualdo commenta la notizia di cronaca circa la condanna nei confronti di un uomo per aver pubblicato sul social network le foto hard della ex, residente in Salento.

“Diffondere materiale fotografico che ritrae momenti di intimità di persone che, seppur consenzienti al momento della produzione di tale materiale, non hanno fornito il consenso alla pubblicazione, è un atto che va condannato in quanto rientra a pieno titolo in violenza sessuale” prosegue Gesualdo.

“La vendetta, dovuta ad una relazione interrotta o a infedeltà, è spesso la ragione principale che muove i perpetratori a divulgare immagini hard delle proprie partner, ma non è l’unica. Ricattare al fine di ottenere un guadagno economico e riaffermare il proprio ruolo patriarcale mostrando le immagini ad amici sono altre motivazioni che portano i carnefici a filmare le vittime, nella maggior parte dei casi ignare, per poi divulgarle sui social”.

Quello del revenge porn è un fenomeno che può generare conseguenze psicologiche devastanti nei confronti delle vittime. “Le umiliazioni subite, le diffamazioni e la vergona possono provocare attacchi di panico, ansia e depressione che, in casi estremi, può portare al suicidio”.

Gli effetti di chi è vittima di simili azioni si riversano nel quotidiano della persona, costringendola in alcuni casi a modificare abitudini e stili di vita. “La centrifuga di commenti, reazioni e persone coinvolte nella propria sfera più intima, genera nella vita delle vittime di revenge porn un corto circuito che è difficile da riparare. Recuperare fiducia in sé stessi e nel rapporto con l’altro è un percorso che il più delle volte ha bisogno di guide. L’impegno di ognuno di noi dovrebbe essere quello di sostenere le vittime per evitare che altri/e scelgano di non denunciare per paura delle conseguenze” conclude Gesualdo.

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