Calannàrie Bàrese 2023 di Felice Giovine


LIVALCA
- Qualcuno ha detto che “Il caso è il soprannome della Provvidenza”, qualche altro, come per esempio Napoleone, ha sentenziato “Il caso resta sempre un mistero per i mediocri, ma diventa una realtà per gli uomini superiori”, ora con umiltà devo ammettere che non mi sono mai considerato mediocre, ma un fautore di una frase attribuita a De Gasperi che in sostanza recita: “Per risolvere problemi complicati vi sono tre metodi: quello della forza, dell’imbroglio e dell’onestà. Non spero, ma ritengo di appartenere alla terza categoria”.

Il 10 gennaio del 49 a.C. Gaio Giulio Cesare (Roma 102 a.C. - Roma 44 a.C.) varcò il Rubicone dando inizio a quella guerra civile romana che lo portò contro Pompeo e il Senato.

il 10 gennaio del 1810 Napoleone Bonaparte (Ajaccio 1769 - Sant’Elena 1821) divorziò da Giuseppina Beauharnais per non averlo reso padre, pur essendo madre di due figli avuti dal primo marito.

il 10 gennaio 2023 Livalca alle 5,50 è stato investito, sulle strisce pedonali, da un signore che andava veloce e pensieroso ma che ha avuto comunque una notevole prontezza di riflessi nel frenare: si è fermato e, dopo essersi assicurato che l’investito fortunatamente aveva solo qualche ammaccatura, gli ha permesso di fotografare la targa e lo ha assicurato di essere a disposizione. Testimone dell’accaduto è stato un solerte operatore ecologico che, oltre ad aver aiutato Livalca ad alzarsi, è rimasto con lui a scambiare qualche battuta sulla scarsa propensione dei cittadini a considerare Bari, per dirla con le parole di Alfredo Giovine : BBàre du core mì, Tu sì la zita mè.

Il 10 gennaio 2023 Felice Giovine, il figlio di Alfredo, riprendendo una vecchia consuetudine ha fatto pervenire a Livalca, intorno alle 15,30, il suo “Calannàrie Barèse 2023”, che, partito nel 1997, è giunto alla ventisettesima uscita, con la sola assenza della sospensione del 2015.

Questa serie di coincidenze che hanno accomunato Cesare, Napoleone, Livalca e Giovine padre e figlio il 10 gennaio, pur non avendo una spiegazione logica, penso siano legate da un senso di appartenenza che mi fa pensare a quella frase che ci invita ‘a mostrarci per quello che siamo, piuttosto che a fingerci di essere quello che non siamo’. Non so bene il perché, ma il sensato-razionale-coerente seguito ora sarebbe quello di elargire un consiglio che faccia da morale… anche se ‘la morale’ non fa storia e con la morale non si fa la storia che è già giunta e giungerà, in futuro, a noi. Qui entra in soccorso quella ‘baresità’ che in molti amiamo e quei modi di dire in dialetto che nella loro infinita saggezza dicono e non dicono: “Chenzigglie ca non nze paghene non nze sèndene” (consigli che non si pagano, non si ascoltano). Chiaramente ho riportato il detto così come lo aveva scritto Giuseppe Romito nel suo “Dizionario della lingua barese”, Levante Bari, 1985.

Fino al 2019 il calendario di Felice Giovine mi veniva consegnato da Gigi De Santis, un ammalato di ‘baresite’ attivissimo ovunque: sia nel caso ci fosse da recitare una poesia in dialetto sia di partecipare ad un forum in cui il dialetto è ‘attore’; egli stesso è attore di ottimo livello che sfrutta una mimica facciale non comune ed una presenza fisica tanto ingombrante quanto affabile-piacente-simpatica.

Felice il cui nome mi ricorda dei versi di Pablo Neruda proprio sullo stato di ‘felice’ (Questa volta lasciate che sia felice/ non è successo nulla a nessuno/ non sono da nessuna parte/ succede solo che sono felice…. Oggi lasciate che sia felice/ io e basta/ con o senza tutti…) e che mi fanno pensare che se fossero stati scritti da un altro Felice, Alloggio per esempio, forse sarebbero passati in religioso silenzio (citte citte), mi ha inviato anche una sua recente pubblicazione (Alfredo Giovine “Il Dialetto di Bari - Grammatica, Scrittura, lettura” a cura di Felice Giovine, Centro Studi Baresi, pp. 204, 2021, € 22,00) che è una riedizione riveduta di quella del 2005, la quale vide la luce a 10 anni esatti dalla scomparsa del padre Alfredo. Il volume risulta stampato da Grafica080 di Modugno e viene impreziosito da una copertina che si deve ad Angela Di Liso, che rielabora una cartolina dell’archivio Giovine.

Il “Calannàrie Barèse 2023”, impaginato con maestria e stampato con accuratezza dalla litografia “Grafica e Stampa” di Giuseppe Forte di Altamura, vede in copertina una creazione di Scarano per i Grandi Magazzini Mincuzzi: in evidenza una gentile signora, con parte della spalla scoperta, che ‘riflette’ su quelle che sono le più belle, le più eleganti, le più convenienti stoffe di moda. A proposito di questo splendore del Palazzo Mincuzzi, che ha visto impegnati per la costruzione l’architetto Aldo Forcignanò e l’ingegnere Gaetano Bellomo, e che fra una manciata di anni festeggerà il secolo di vita, oggi dimora che ospita il noto marchio Benetton (quello fondato nel 1965 dai quattro fratelli di Ponzano Veneto, Treviso), lo scorso anno è stato acquistato da un imprenditore originario di Altamura: Emanuele Salvaggiulo.

Felice Giovine apre il suo calendario con una conclusione drastica: è pura leggenda la storia di Monte Rosso, non è mai esistito il Santuario dedicato a Sand’Andè e non manca di portare prove documentali, il cui pezzo forte è la testimonianza di alcuni rappresentanti del nucleo subacqueo della Soprintendenza ai beni archeologici. Invito i miei lettori più fedeli a procurarsi il calendario per leggere con attenzione il tutto e per stimolare la loro curiosità, che è tanto polemica quanto inesauribile, riporto integralmente la conclusione di Felice: «Monde Russe non è altro che una sopraelevazione rocciosa del fondo marino in corrispondenza della quale l’acqua ha poca profondità, rappresentando così un pericolo per la navigazione. 

In altri termini è una secca di mq. 500 circa, sulla quale in passato vennero posti dei massi che formarono, come abbiamo letto innanzi, un isolotto artificiale al quale avrebbero attraccato i vascelli in quarantena, o che non trovavano posto libero nel porto, che anticamente si chiamavano monde; russe fu aggiunto per il solo fatto che in quel punto galleggiava un gavitello colore rosso, per richiamare l’attenzione dei naviganti».

Chi ritiene di non essere in sintonia deve prima leggersi integralmente il certosino lavoro fatto da Giovine per ricostruire il tutto e poi eventualmente dissentire. Pensate Felice Giovine ci concede notizie su un vocabolo barese menezzigghie che vide Giuseppe Romito, l’autore del dizionario barese citato prima, nel 1985 (anzi nel 1984 perché il volume porta la data di gennaio ’85, ma le bozze furono corrette a dicembre ’84) accettare i consigli di un nostro collaboratore dell’epoca, Nicola Fanelli, che essendo nato nel 1945 nella città vecchia, diede indicazioni sulla ‘pasta mesckate’.

Romito studioso scrupoloso, preciso, accettava indicazioni per aggiungere o togliere un vocabolo a tal punto da scrivere nella presentazione: « Ritengo di aver fatto del mio meglio in tale faticoso lavoro di ricerca di migliaia di voci, senza peraltro nessuna pretesa di aver realizzato una raccolta completa tale da poter dichiarare di aver raggiunto l’optimum in assoluto rispetto agli altri concittadini che mi hanno preceduto in simile fatica. La ragione è dovuta al fatto che il serbatoio delle voci genuine del nostro dialetto è davvero inesauribile, giacché ad esso ci si può sempre rivolgere per apprendere nuove voci del nostro vernacolo. Occorre soltanto avere pazienza nella scelta per evitare di inserire nella raccolta voci che derivano più direttamente dall’italiano, il che fa perdere il vero colorito e l’espressività della voce appartenente al vernacolo della gente barese».

Fu il nostro collaboratore che diede l’indicazione sui pezzettini di pasta: infatti una volta la pasta era venduta sfusa perché quasi sempre era conservata in sacchi di carta spessa da 20 o 50 chili, per cui, quando il venditore la raccoglieva, magari introducendo direttamente il piatto della bilancia all’interno, spesso si spezzettavano frammenti che rimanevano sul fondo; anzi le donne che acquistavano il prodotto dicevano al ‘pizzicagnele’ di stare attento a non inserire la ‘pasta mesckate’; buona prassi voleva che fossero regalati al ‘uagnone’ della bottega o venduti a prezzo inferiore.

Giovine ci riferisce anche di notizie interessanti sul Mercato del Pesce, il perché Fesca, la ‘vera’ storia del Bari calcio, di cittadini illustri ma sconosciuti ai più, la festa della ‘Madonne de le gardèddere’, la differenza tra ‘mazze e grènghe’, notizie riguardanti ‘u gagge’ e tante altre interessanti rarità. Con grande sensibilità Felice racconta la storia dell’Ospedaletto dei bambini di Bari, quello ubicato in via Trevisani, tra via Crisanzio e via Garruba, e mi fa piacere che citi il professore Mario Montinari che al riguardo ha pubblicato un libro interessante per l’editore Schena di Fasano.

Lo stesso Montinari, con i figli Massimo e Michele, nel 1995 ha pubblicato un volume che è un viaggio nel passato affinché si sappia e non si dimentichi “Storia illustrata dell’Ospedale Consorziale Policlinico di Bari - Dal San Pietro al San Paolo”, opera edita e stampata da Levante Bari su carta ‘Rusticus’ da 120 grmq. delle Cartiere Miliani Fabriano: spero che Felice nell’edizione del 2024 trovi spazio sul suo calendario per quest’opera importante ed imponente; cartonata ed inserita in una custodia pronta a sfidare i millenni.

Chiaramente mi occuperò quanto prima del volume “Il dialetto di Bari” di Alfredo e Felice Giovine.

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