Dal mare di Barcellona agli ulivi secolari di Monopoli-Fasano, l’archistar De Pineda: 'Il mio ospedale nasce in un paesaggio speciale'

BARI – Dall’Hospital del mar di Barcellona all’Ospedale immerso in un parco d’ulivi di Monopoli-Fasano. Nella filosofia di Albert De Pineda, archistar catalana che li ha progettati entrambi, l’ospedale dev’essere perfettamente integrato nel luogo in cui sorge. “Un paesaggio speciale”, quello tra Monopoli e Fasano, incastonato tra il mare e gli alberi secolari. Singolare a livello urbanistico e architettonico, ma anche dal punto di vista della sostenibilità (il nuovo ospedale barese è progettato per consumare il 30% di energia in meno), dell’organizzazione funzionale e, ancora, della capacità di far sentire il paziente a casa. Sono i concetti chiave che lo stesso architetto, in visita stamane nel cantiere - ormai in dirittura d’arrivo - del nuovo ospedale del Sud Est Barese, ha voluto condividere passeggiando nei grandi spazi della “sua creatura” assieme all’assessore regionale alla Sanità, Rocco Palese, al direttore generale della ASL Bari, Antonio Sanguedolce, al direttore amministrativo Luigi Fruscio, e ai professionisti dell’Area Tecnica dell’azienda sanitaria, ai tecnici di Manens S.p.A. della società che sta realizzando l’opera e della Direzione lavori, guidata dal prof. Francesco Ruggiero, che ne sta seguendo passo dopo passo i progressi.

«Oggi è una tappa importante – ha sottolineato l’assessore Rocco Palese - quest’opera è davvero essenziale per questo grande territorio perché si tratta di una struttura ospedaliera avveniristica e di eccellenza. Sono state superate tante difficoltà ma ora l’ospedale si sta avviando al termine, anche accelerando ove possibile, pensando soprattutto al futuro trasferimento dell’Ospedale San Giacomo. Per l’acquisto di attrezzature e macchinari c’è un grande lavoro da parte di consiglieri e giunta regionale per velocizzare al massimo i passaggi burocratici legati all’acquisizione del finanziamento ex art. 20, i cui tempi sono sempre croce delizia per tutti noi. Non diamo date, ma l’impegno c’è tutto».

«Il lavoro dell’architetto De Pineda e del suo team – ha commentato il direttore generale Antonio Sanguedolce – è la dimostrazione plastica di come si possa unire la funzionalità architettonica del nuovo ospedale alle più moderne esigenze dell’assistenza sanitaria senza intaccare la bellezza dei luoghi, anzi riuscendo ad inserire mirabilmente un edificio di queste dimensioni nel contesto ambientale che lo circonda e al servizio di un vasto territorio e un bacino di 260mila persone».

L’uso della luce naturale, del disegno biofilico – ispirato cioè ai canoni della natura - come fonte di benessere e di materiali caldi e legati alla tradizione e all’ambiente locale sono caratteristici delle realizzazioni dello Studio Pinearq, non solo per ottenere il rispetto della privacy grazie alla creazione di spazi a misura di ogni paziente, ma anche per raggiungere l’obiettivo complessivo dell’attività di progettazione ospedaliera: umanizzare le infrastrutture sanitarie per moltiplicare le possibilità di recupero e guarigione.

«Questo ospedale – ha chiarito l’architetto Albert De Pineda - esprime un concetto nuovo, pensato e realizzato per sorgere proprio in questo luogo che ha un paesaggio così speciale, immerso tra gli ulivi monumentali che sono vere e proprie sculture naturali. Una struttura con un impatto ambientale molto basso e perfettamente integrata con il paesaggio che, però, pur avendo grandi dimensioni è costruita a misura d’uomo, tenendo cioè sempre presente che l’ospedale deve essere fatto su “scala umana”, far sentire il paziente il più possibile in un ambiente domestico, come fosse a casa sua. La qualità realizzativa – ha aggiunto - è molto alta, ogni degenza è in rapporto stretto con il verde esterno, per cui penso che anche questo contribuirà alla guarigione o al recupero dei pazienti. Tutto, dall’uso della pietra locale al colore, contribuisce a far sì che questo ospedale sia stato concepito non in maniera standard, artificiale, ma disegnato per integrarsi con questo luogo. Con il Covid è anche cambiata in generale la concezione architettonica dell’ospedale stesso, che dev’essere dotato di grandi spazi, essere flessibile e capace di cure e attrezzature ad alta intensità ma anche adattarsi velocemente a grandi emergenze, dalla pandemia ai disastri naturali come un terremoto».

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