Omicidio Labriola: confermata la condanna per l'ex direttore generale della Asl di Bari

BARI - La Corte di Appello di Bari ha confermato la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione per l’ex direttore generale della Asl di Bari, Domenico Colasanto, imputato nel processo stralcio sulla morte di Paola Labriola. La psichiatra barese fu uccisa il 4 settembre 2013 nel Centro di salute mentale di via Tenente Casale da un paziente tossicodipendente con 57 coltellate.

Le accuse e il processo

Colasanto è stato ritenuto responsabile di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e di omissione di atti d’ufficio. Secondo l’accusa, le sue negligenze avrebbero contribuito al decesso della dottoressa, poiché non sarebbe stata garantita la sicurezza della struttura in cui lavorava.

Nel processo erano imputati anche l’ex funzionario Alberto Gallo e l’ex segretario di Colasanto, Antonio Ciocia. Gallo, condannato in primo grado a tre anni di reclusione per aver redatto il falso Documento di valutazione dei rischi della struttura, compilato dopo l’omicidio e retrodatato per “coprire le sue mancanze” e “sviare le indagini”, ha visto dichiarata la prescrizione della pena dai giudici. Le altre accuse di falso e induzione indebita erano già state respinte in primo grado.

Per Ciocia, accusato di induzione indebita a dare o promettere utilità, è stata confermata l’assoluzione del primo grado.

Risarcimento e reazioni

La Corte ha confermato anche l’obbligo per Colasanto di risarcire la famiglia della vittima, costituita parte civile, in solido con la Asl, responsabile civile.

Gli avvocati della famiglia Labriola hanno commentato: “Una condanna penale per omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro è sempre una sconfitta. Certifica che una persona è morta, nel nostro caso non solo per mano di chi ha trucidato Paola Labriola con 58 coltellate, nell’ormai lontano settembre del 2014, ma anche per colpa di chi avrebbe dovuto tutelarne la sicurezza e l’incolumità. Una vittima del lavoro, come tante e tanti, ancora oggi, nel nostro Paese. Speriamo che non accada più, e speriamo anche che questa condanna sia di monito e insegnamento per tutti”.