Minervino si stringe attorno ai 25 operai della Minox: “Siamo troppo vecchi per ricominciare, troppo giovani per andare in pensione”

MINERVINO MURGE (BT) – “Perdere il lavoro a 63 anni significa essere giovani per la pensione e vecchi per un nuovo inizio lavorativo. È un dramma”. Le parole di Antonio, uno dei 25 operai pugliesi rimasti improvvisamente senza lavoro, raccontano una crisi che va ben oltre i numeri. È la voce di una comunità colpita nel cuore, quella che da decenni ruota attorno alla Minox, storica azienda metalmeccanica specializzata nella produzione di contenitori in acciaio inox per alimenti.

Dopo 30 anni di attività, una sentenza del Tribunale di Lamezia Terme ha messo fine alla produzione: il fallimento è stato dichiarato lo scorso 18 maggio e, con esso, si è chiusa la speranza di proseguire anche l’esercizio provvisorio. Il colpo finale è arrivato il 20 giugno, con l’ingiunzione di licenziamento. La sede pugliese della Minox, insieme a quella calabrese dove lavoravano altri 12 operai, ha chiuso i battenti. E con essa rischiano di chiudere anche le prospettive di decine di famiglie.

La fabbrica come seconda casa

Per i lavoratori, la Minox non è mai stata solo un posto dove timbrare un cartellino. “È la nostra seconda casa”, racconta Vincenzo, un altro operaio. “Su queste macchine abbiamo costruito famiglie e sogni. Mai uno stipendio mancato, mai tensioni, mai bisogno di sindacati. E oggi ci ritroviamo a presidiare giorno e notte un cancello chiuso da un tribunale”.

E proprio davanti a quei cancelli, il paese si è mobilitato. Oggi alle 14:00, associazioni, cittadini, parrocchie e commercianti daranno vita a una manifestazione spontanea di solidarietà, marciando fino al presidio degli operai. “C’è chi ci porta la colazione, chi le focacce, chi il pranzo – racconta ancora Vincenzo – e oggi una fabbrica di fronte alla nostra ha cucinato per tutti noi. È paradossale: mentre la comunità ci abbraccia, lo Stato dov’è?”.

Una crisi silenziosa

La vicenda della Minox è emblematica di un’Italia produttiva che spesso viene dimenticata, soprattutto nei territori periferici del Sud. Una crisi arrivata senza preavvisi né ammortizzatori, in un contesto in cui i lavoratori non hanno mai smesso di credere nel proprio lavoro.

“Non ci rassegniamo all’idea che tutto finisca così. Non può essere un tribunale a spegnere trent’anni di dignità operaia”, ribadiscono gli operai, che continuano a presidiare la fabbrica giorno e notte.

Intanto, l’eco della protesta comincia a farsi sentire anche a livello regionale. Si attende ora una presa di posizione delle istituzioni: dalla Regione Puglia, al Ministero del Lavoro, fino al Parlamento, perché una risposta – concreta – non è solo doverosa, è urgente.

“Questa non è solo la nostra battaglia”

“Non è solo una vertenza sindacale o una crisi aziendale. È una questione di dignità e di futuro”, dicono i cittadini di Minervino, solidali con gli operai. Il lavoro, qui, è parte della cultura, del tessuto sociale, della memoria collettiva. Per questo, oggi, non scendono in piazza solo per 25 operai. Ma per difendere un’intera comunità che non vuole essere lasciata indietro.