Yara: uccisa a Chignolo poche ore dopo la scomparsa

di Roberta Calò. “Non ci sono delle novità specifiche”; esordisce in questi termini il procuratore aggiunto di Bergamo Massimo Meroni in occasione della conferenza stampa tenutasi ieri mattina sul caso di Yara Gambirasio, giustificando ai presenti la precarietà delle successive dichiarazioni: “tratta di tutti accertamenti suscettibili anche a cambiamenti significativi, in riferimento ai prossimi accertamenti e fino a quando non saranno terminati gli accertamenti tecnici, che richiederanno ancora molto tempo. Non stiamo parlando di giorni e neppure di settimane. Serviranno mesi”. Forse un modo come un altro per giustificare a priori la lentezza della burocrazia e della giustizia italiana, già nota nelle fasi di ricerca di una persona scomparsa i cui mezzi a disposizione, come ad esempio i cani molecolari, vengono impiegati a scoppio ritardato.
Meroni avrebbe poi proseguito con la sequela di spiegazioni rendendo noti dettagli, molti dei quali già noti per vie traverse agli organi di stampa: “Sul corpo della bambina sono presenti dei segni di arma, dei tagli di una certa lunghezza sui polsi, sul collo e sul dorso. Forse anche sulle gambe. Con novità per quanto riguarda i tagli sui polsi che sarebbero stati tagliati entrambi e internamente e quindi non dovrebbero essere lesioni di difesa. Allo stato attuale questi tagli, superficiali, non dovrebbero inoltre essere la causa della morte e non si è ancora accertato se i tagli sono stati inferti prima o dopo il decesso. Per quanto riguarda il disegno che formano non pare si tratti di un disegno deliberato: parrebbe del tutto casuale”. Approfondendo le possibili dinamiche del delitto il procuratore ha chiarito che la morte non è avvenuta per dissanguamento: “I tagli potrebbero essere stati una concausa del decesso, abbinati ad altri fattori”. Circa le contusioni: “Una sopra la testa e altre due sul volto. L'origine è incerta e forse sono stati provocati da un corpo contundente o da percosse o da una caduta”
Come già ipotizzato, è stato fatto presente anche in questa occasione che la giovane ginnasta sia stata uccisa il giorno esatto della scomparsa: “Per quanto riguarda l'epoca del decesso Yara sarebbe morta poche ore dopo la sua scomparsa. Sembrerebbe quasi certo che Yara sarebbe morta nel luogo dove è stata ritrovata, a Chignolo, e poche ore dopo la scomparsa”. Una prospettiva ancora più tragica che conferma le gravi lacune tecniche che hanno insidiato l’opera della protezione civile guidata dalle forze dell’ordine in fase di ricerca. Una eventualità che ora diventa una certezza e su cui ci dovrà interrogare a lungo per capire cosa non ha funzionato nel sistema e nelle manovre di ritrovamento di un corpo che forse poteva essere ritrovato prima, che forse respirava ancora prima di perire, che forse avrebbe consegnato maggiori informazioni nel corso di indagini scientifiche.
Non sono ancora pervenuti i risultati dei tamponi effettuati sul corpo ma Maroni ha confermato che la ragazza non ha subito violenza sessuale ma non esclude che questa potesse essere un movente: questo non significa che chi l'ha uccisa non potrebbe aver tentato una violenza sessuale. I suoi indumenti erano in ordine, solo il reggiseno è stato trovato slacciato ma comunque indossato”. Il procuratore ha poi accennato alle tracce di dna ritrovate senza menzionare quelle presenti sulla batteria del cellulare: “Due tracce sono state individuate su un guanto di Yara e nello specifico su due dita esterne del guanto, il pollice e il medio. Il guanto è stato trovato in una tasca del giubbotto di Yara e al momento non appartiene a nessuno dei profili presenti nel database delle forze dell'ordine nè alla cerchia dei familiari e delle persone verificate nelle indagini”. In generale fa presente che “si continuano ad effettuare controlli, anche sugli altri reperti che per ora non hanno dato alcun elemento utile alle indagini. Ribadisco che serve molto tempo: alla dottoressa Cristina Cattaneo abbiamo dato tre mesi ma probabilmente servirà più tempo”. Non si sbilancia sulla data in cui il corpo potrebbe tornare nelle mani della famiglia né sull’eventualità di quest’ultima di volerlo far cremare: “Non si può ancora sapere, serve tempo”. Meroni spiega che le indagini sono in pieno fermento e che si procede in goni direzione senza lasciare nulla di intentato: ”Sono state ascoltate centinaia e centinaia di persone. Nessun particolare può essere escluso. Stiamo cercando nella Provincia, ma non escludiamo ricerche fuori dalla Bergamasca. Certo è che quel campo di Chignolo non è facilmente raggiungibile e dovrebbe trattarsi di una persona a conoscenza del luogo”.
Non manca nemmeno il procuratore di fare un appunto agli organi di stampa e alle modalità con cui stanno gestendo le notizia sul caso di Yara: “Non sono contrario sul dare la notizia dei fatti ma su questa vicenda è stata oltrepassata la misura: non è possibile andare avanti per mesi sentendo queste chiacchiere pubbliche e mi riferisco soprattutto alle emittenti televisive. Vorrei che tenessimo conto che siamo di fronte a una tragedia e a delle persone che stanno soffrendo”. Si potrebbe concordare sull’eccessivo risalto mediatico o sul generarsi di illazioni infondate, ma forse non è da trascurare in fattore per cui una ridondante visibilità conduce l’opinione pubblica a interrogarsi, a porsi domande, a confrontarsi su sistemi che oggettivamente potrebbero non aver dato i risultato sperati e che portano alla luce una triste verità: il corpo della povera Yara è stato ritrovato per un caso fortuito a soli 12 km da casa.
Quello che ci si augura è che almeno l’identificazione dell’assassino sia un iter meno fortuito e più investigativo; intanto, a tutti i cittadini di Brembate e d’Italia non resta che associarsi all’appello rivolto all’omicida di Suor Carla Lavelli, preside della scuola media Maria Regina frequentata dalla vittima: “Quando ti guardi allo specchio vedi una persona umana? Vai in fondo al tuo essere persona e verifica se stai bene con te stesso, poi decidi”.
Della medesima opinione risulta infatti un altro genitore, ugualmente devastato dal dolore ma che non rifiuta in alcun caso il confronto con la realtà e con i suoi deludenti risultati; la madre di Denise Pipitone, Piera Maggio,infatti, non si è mai sottratta agli organi di stampa nei quali ha sempre riposto una gran fiducia: “Sono particolarmente vicina a tutti i genitori che hanno subito il trauma di un minore scomparso o ucciso, perchè conosco da vicino quali atroci sofferenze colpiscono queste persone. Nonostante ciò ritengo che sia sempre importante perseguire l'obiettivo della ricerca e della giustizia, favorendo la diffusione delle immagini dei bambini e incentivando le campagne di sensibilizzazione mediatica e le strategie operative”. “Nonostante osservi un'attenzione da parte della magistratura a risolvere pienamente il caso, per una madre gli anni trascorsi sono una attesa interminabile che giorno dopo giorno devasta l'animo e ogni pensiero – conclude la donna-. In questo periodo di particolari sconvolgimenti per quanto riguarda la cronaca nazionale relativa ai minori scomparsi, ho voluto astenermi a partecipare a trasmissioni televisive, intensificando invece quella parte di solito trascurata che concerne l'approfondimento della tematica a livello europeo, per una più ampia personale comprensione”.
Va decadendo sempre di più l’ipotesi di un coinvolgimento da parte di sette sataniche, come spiega è Giovanni Panunzio, fondatore di Telefono Antiplagio e studioso di esoterismo: “A meno che non ci si trovi di fronte a dilettanti del simbolismo sacrificale. La X potrebbe essere assimilata anche a due immagini cristiane: il calice, dove la coppa e la base sono ambivalenti, e la croce di sant'Andrea, che però sarebbe stata plausibile non sulla schiena di Yara, ma sul torace, all'altezza del plesso solare, perché il sole rappresenta un percorso di iniziazione”.
L’unica cosa che resta da sperare è che si attui effettivamente quanto sostenuto dallo stesso Meroni che ha concluso la conferenza stampa con un riferimento allo schema presentato da Berlusconi in materia di riforma della giustizia; il disegno ritrarrebbe una bilancia in cui, trasferendo la metafora sul piano del caso Gambirasio, il pm è dalla parte della vittima: “Mi limito a rappresentare la situazione attuale – ha spiegato il pubblico ministero – nel quale la magistratura non rappresenta solo se stessa ma anche la parte lesa e la comunità scossa da questo delitto”.

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