«Pennellate baresi» in libreria

di VITTORIO POLITO - Torna in libreria Giuditta Abatescianni con il nuovo libro “Pennellate baresi” edito da Palomar (pagg. 158 - € 15,50). L’autrice, già conosciuta per aver pubblicato altri volumi, tra cui “U’ malevèrme”, con poesie in dialetto barese, propone questa volta poesie, racconti e commedie per la delizia dei cultori e degli appassionati del dialetto barese.

Il prefatore dell’opera, che sembra più orientato ad elencare i suoi titoli e fare promozione ad una associazione, scrive che «L’autrice, in questo volumetto, ha raggiunto, nella scrittura dialettale barese, un buon livello ortografico, dopo un “… rigoroso lavoro di fucina, …” (cfr. M. Castoro nella presentazione a ‘U malevèrme’), derivato dai contributi semantici del Seminario di Studio e di Approfondimento sul Dialetto Barese superando l’estemporaneo concetto errato che definisce i vernacoli una parlata». Da quel che è dato di sapere, il Seminario pare sia naufragato, soprattutto per il ritiro della maggior parte di qualificati “seminaristi”.

Tornando a “Pennellate baresi” e al “buon livello ortografico”, pare che tutto ciò sia smentito da una attenta lettura del volumetto: ad esempio ‘quando’ viene scritto in vari modi “a quande”, “aquande”, “acuànne”; ‘invece’ “nvesce”; ‘dieci ore’  è scritto“desc’ore” (?). A pagina 57 si legge s’appassèscene, scritto al plurale invece che al singolare. Le preposizioni  ‘del’ e ‘al’ tradotte rispettivamente “de u” e “au” (?), e molto altra ancora. A pagina 21, una poesia è titolata “Feissebbùkke “mentre nel testo è scritto  “fasebùcche” e “feissebbùke” , una parola straniera e non dialettale barese, tradotta con evidente spreco di consonanti. E non finisce qui…

Non entro nel merito dei contenuti che sembrano abbastanza buoni, ma nella scrittura è evidente che manca un lavoro di ricerca  e contrariamente a quanto scritto dal prefatore, credo sia necessario un ulteriore e reale proficuo lavoro di fucina, insieme ad una attenta ricerca. In ogni caso lascio ai dialettologi la lettura del testo, poiché, con la loro particolare competenza, possano giudicare, meglio di me, la gran quantità di imprecisioni e di errori.

Anche nel precedente volume “U’ malevèrme”, si leggevano molti errori e improprietà nella scrittura, al punto che Mariella Castoro, che presentava il libro, scriveva, tra l’altro, che «La scrittura di Giuditta ha bisogno ancora di un più rigoroso lavoro di fucina…», cosa, che pur annunciato, non è stato fatto, anzi in certi casi si nota un peggioramento, forse a causa di cattivi consiglieri (?).
Purtroppo si fa molta confusione tra pronuncia e scrittura, che non è affatto la stessa cosa, ed io consiglierei all’autrice di lasciar perdere coloro che si sono improvvisati detentori della nostra prima lingua e che si ostinano a volerla insegnare. Così facendo avrà certamente molto più successo.

30 Commenti

  1. Alla luce di questo articolo, consiglio vivamente quanti si accingono a pubblicare un libro scritto in dialetto barese, di “sciacquare”, preventivamente, “i panni in Arno”, che, tradotto in barese vuol significare di contattare l’Accademia della Lingua Barese “Alfredo Giovine” per dare una ripulita a tutti gli errori di ortografia. L’Accademia è l’unica realtà che si basa su una Grammatica scritta e resa pubblica da anni e che i baresi hanno imparato a conoscere ed apprezzare sia dopo la pubblicazione del libro “Il dialetto di Bari” di Alfredo Giovine, che con la pubblicazione e distribuzione gratuita per lunghi mesi del giornale “U Corrìire de BBare” a cura di Felice Giovine. Perciò, andate sul sicuro e rivolgetevi all’Accademia che sarà lieta di venire incontro alle vostre esigenze letterarie. Gianni Serena

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  2. Ho dimenticato di aggiungere al mio commento che chi volesse pubblicare un libro in dialetto barese avvalendosi della Grammatica di “Alfredo Giovine” , dopo aver fatto visionare e restaurare qualche inesattezza dall’Accademia stessa, può benissimo citare nel libro che la forma di scrittura usata è quella dell’Accademia stessa, per cui non ci sarebbero commenti di sorta. Oppure ci si rifaccia ad un altro tipo di scrittura in circolazione, qualora ne esistesse un’altra pubblica. Chessò: “secondo il metodo Polito” (faccio per dire) , o qualche altro. Gianni Serena

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  3. Il prefatore del succitato libro sarà certamente “soddisfatto” per la recensione fatta dal Signor Polito. Ehm!
    In merito alla scrittura di Giuditta Abatescianni (artista che conosco e rispetto), che dire?... Perseverare nell'errare purtroppo non è positivo.
    "Dèsc'ore" effettivamente è inaccettabile in quanto "sc'o" non si leggerebbe “sciò” (con il trigramma; ovvero /ʃo/) bensí “sco”/”sko” (con la “c” dura; col fonema /k/).
    Ed inoltre, ci sta che nella stessa raccolta si adoperino piú varianti di uno stesso vocabolo (come io stesso feci nel mio primo libro) ma è pur vero che ognuna di esse andrebbe scritta sempre in egual modo. Mi spiego meglio: ci sta che un autore dialettale opti per l’utilizzo (per esempio) sia di “trègghie” che di “trìglie” (triglia); il problema sorgerebbe qualora, scrivendo “trègghie” a pagina 20 (esempio), in un’altra parte del libro si scrivesse “trègghje”, “tregghjë” e/o “tregghië” (in maniera appunto differente). Ciò non andrebbe affatto bene in quanto occorrerebbe coerenza grafica. Ho imparato a rispettare piú metodi di scrittura dialettale (come svariate volte ho affermato), sí, ma è pur vero che l’anarchia è un qualcosa di negativo.
    In ogni caso auguro sia all’autrice che alla casa editrice di vendere tante copie del libro. Per cui buona fortuna!

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  4. Vorrei chiedere all’anonimo, scusandomi della mia ignoranza (inteso come chi ignora) che cosa vuol insinuare con Accademia e chi sono i docenti titolati che insegnano. Inoltre vorrei suggerire di non far passare una guida del dialetto barese per una grammatica, infatti lo stesso Giovine padre la chiama guida oppure opuscolo, mentre voi la fate passare per grammatica.
    Sperando in una risposta adeguata e soddisfacente cordialmente saluto tutti voi che avete partecipato e il sig. Polito.

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  5. Dimenticavo, volevo chiedere a Lei, Sig. Polito, alcuni nomi dei dialettologi baresi nel parlato e scritto, ma dialettologi titolati e non improvvisati o che si cimentano in farse in dialetto, vorrei contattarli per alcune lezioni del dialetto barese, sempre parlato e scritto.
    Grazie infinite….

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  6. Un anonimo che chiede informazioni ad un altro anonimo (che poi anonimo non e' perche' si filma in calce)
    e' una situazione da film di Toto'... ma oltre questo fa piacere che ci siano persone come il secondo anonimo che vogliono studiare la materia dai dialettologi o comunque linguisti e non da questi "improvvisati o che si cimentano in farse in dialetto".
    Fa piacere che voglia cimentarsi con l'alfabeto fonetico (usato dai professori universitari della materia)
    e che voglia alzarsi di livello rispetto a chi non ha titoli e si improvvisa.
    Sig. anonimo ti invio un link dove potrai chiedere informazioni e poi iscriverti per sostenere gli esami e poi la laurea.
    http://www.uniba.it/ricerca/dipartimenti/lelia

    Mentre fai delle vere lezioni di dialettologia ecc. e ti laurei altri continueranno a scrivere con l'alfabeto tradizionale
    e a farsi capire dalla moltitudine. Ah... ancora ti viene in mente di invitarmi alla festa di laurea che soldi non ce ne stanno.

    A. Nonimo (Antonio Nonimo)

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  7. Il quaccuarismo in questa pagina al TOP della certezza di quanta invidia ci sia intorno…. Intanto vorrei sfatare il giornalista (che non riesco a trovare nell’elenco dei giornalisti, - www.odg.it/content/elenco-iscritti per cui posso poter pensare di tutto) Vittorio Polito.
    Le menzogne, le falsità, egregio Polito, dirle in un articolo pubblico diventa alquanto azzardato, mettendo in risalto la sua poca serietà nell’esporre quello che ne è la realtà.
    Deve sapere che, per sua rivalità, tormento e anche invidia, visto che lei ha preso parte pienamente, il “SEMINARIO PERMANENTE SULLO STUDIO E APPROFONDIMENTO DEL DIALETTO BARESE, IN SENO ALL’ASSOCIAZIONE ONLUS MONDO ANTICO E TEMPI MODERNI”, è ancora vivo e vegeto e NON COME LEI FALSAMENTE HA SCRITTO NEL SUO ARTICOLETTO, …. (cfr..il Seminario pare sia naufragato, soprattutto per il ritiro della maggior parte di qualificati “seminaristi”…. E MI DICA QUALI SONO I QUALIFICATI SEMINARISTI… lei??? Ahahah MI VIENE DA RIDERE)….. e gli innumerevoli incontri sono finalizzati a consentire una produzione letteraria corretta e di spessore artistico, come una grammatica del dialetto barese (e non un opuscoletto come quella che Alfredo Giovine ha lasciato al figlio che spaccia per grammatica….dei balbuzienti con tutte quelle doppie consonanti) e un vocabolario, ambedue fondati da persone qualificate (e non semplici artisti di strada o per il solo fatto che abbiano partecipato a qualche farsa in dialetto barese), docenti e non e anche da persone comuni che parlano il dialetto barese.
    Si nota subito sin dall’inizio la sua innata invidia nei confronti del prefatore dicendo che: “Il prefatore dell’opera, che sembra più orientato ad elencare i suoi titoli….” Certo i titoli non sono falsi come credo lo sia il suo giornalismo, dopo tutto li ha elencati alla fine della prefazione, come ne è diritto assoluto dopo la sua firma e certamente non come lei FALSAMENTE VUOLE FAR INSINUARE.
    Infine vorrei sapere chi sono questi dialettologi che ci sono a Bari… io non ne conosco, nessuno titolato, tutti quaccuaraccua (me compreso) e che del dialetto barese ne vogliamo fare una personale parlata….
    Grazie ai scribacchini come lei, all’invidia, all’anarchia, al voler prevalere su tutto e su tutti, la nostra lingua rimane e rimarrà nella più profonda arretratezza, disinformazione, incompetenza, asineria linguistica, impreparazione e ignoranza.
    MEDICE, CURA TE IPSUM….
    BUON VENTO A TUTTI….
    Vito Pascale – Segretario dell’Associazione Onlus Mondo Antico e Tempi Moderni e del Seminario Permanente sullo Studio e Approfondimento del Dialetto Barese.

    Due parole al caro Emanuele Zambetta…..
    Caro Emanuele, senza offesa alcuna, rileggi bene quello che hai scritto e prima di scrivere il dialetto barese, scrivi meglio quello italiano. Non ti offendere, è solo un consiglio.

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  8. ERRATA CORRIGE:
    Mi scuseranno i severi censori sempre pronti con la matita rossa e blu, se nella foga di scrivere mi è sfuggito, per errore di battuta, un “ai” al posto di “agli”.
    Vito Pascale

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  9. Il rafforzamento consonantico ad inizio parola, nella pronuncia del dialetto barese è enormemente piú frequente rispetto a quella dell’italiano... ed avrebbe quindi una logica sensata riportarlo in grafia. Farò degli esempi che motiveranno la mia opinione: la scì (la andò) – la sscì (la scia); de dì (di giorno) – de DDì (di Dio); u mì (il mio; dove “mì” è pronome possessivo) – u mmì (dove “mmì” è sostantivo, inteso come “ciò che è mio”); av’a fà (la preposizione semplice “a” in questo caso non causa il rafforzamento, in quanto è l’evoluzione della preposizione “da” [monosillabo che non causa il raddoppiamento]) – a ffà (a fare); le scì (li andò) – le sscì (gli sci / le scie); de dà (di dare) – de ddà (di là); u sale (lo sale) – u ssale (il sale); u cose (lo cuce) – u ccose (il cucire); u sciàme (lo andiamo) – u ssciàme (lo sciame); ce fìite! (quanto puzzi!) – ce ffìite! (che fetore!); s’u gote (se lo gode) – u ggote (la goduria); u mèle (il melo) – u mmèle (il miele); de dò (di due) – de ddò (di qui); ce mitte (se metti) – ce mmitte? (cosa metti?); u lore (il loro; dove “lore” è pronome possessivo) – u llore (l’alloro / dove “llore” è sostantivo, inteso come “ciò che è loro”), ecc..
    Il rafforzamento consonantico ad inizio parola, avviene (nei casi previsti) quando l’accento tonico del vocabolo cade sulla prima sillaba.

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    1. Il rafforzamento è solo nella parlata non nello scritto…
      Chi lo dice che si deve rafforzare? Dove lo dice? e non mi parlare dell’opuscoletto che si fa passare per grammatica.
      Vai a leggere “Due parole ai lettori” di Alfredo Giovine (1964) a pag. X, 16° rigo Alfredo Giovine dice:
      “La decisione di mettere mano a questo OPUSCOLO, che mi frullava da tempo……. Ecc.ecc. “
      E quindi l’opuscolo, ampliato di dicerie da chi non so, si fa passare per grammatica… “dei balbuzienti”…
      Finiamola di farneticare, quelli che si definiscono dialettologi oggi, hanno avuto, in precedenza, la possibilità di fare veramente una grammatica a modo, ma la loro invadenza, il loro voler far prevalere le loro idee, le loro intenzioni di prevalere su tutto e su tutti, la loro superbia e ripeto quello che ho detto precedentemente, grazie agli (ho scritto corretto questa volta) scribacchini, all’invidia, all’anarchia, la nostra lingua rimane e rimarrà nella più profonda arretratezza, disinformazione, incompetenza, asineria linguistica, impreparazione e ignoranza. (Sappi, caro Emanuele, che conosco bene coloro che si definiscono dialettologi, forse meglio di te….)
      Ciao… Vito Pascale.

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    2. Emanuele, dimenticavo, la mia mail è sempre quella che tu hai, mandami la tua....
      Ciao....

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    3. Il dialetto barese ha le sue peculiarità. Pur essendo io propenso a rifarci alla linguistica italiana (per facilitarci le cose), non dimentico certamente le peculiarità dialettali baresi. Tu affermi che i rafforzamenti consonantici ad inizio parola dovrebbero rimanere circoscritti all’àmbito della pronuncia. Hai ragione: essi dipendono dalla pronuncia. A differenza tua, però, credo possano figurare anche in grafia.
      La pronuncia barese è mutevolissima (e non solo in merito ai rafforzamenti consonantici ad inizio parola). In italiano diciamo e scriviamo “cantiamo” e “non cantiamo” (“cantiamo”, come puoi ben vedere, in entrambi i casi rimane invariato). In barese però questo stallo non esiste. In barese diciamo “candàme” e “non gandàme” (nel secondo caso, la “c” dura iniziale di “candàme” è diventata chiaramente “g” dura). Bene, anche questo fenomeno è frutto della pronuncia; ciò però non vuol dire che non possa essere riportato in grafia. Faresti un grave errore se propendessi per “non candàme”. La pronuncia barese è notevolmente piú mutevole rispetto a quella italiana. Altri esempi: “pertàme” e “nom bertàme”, “ternàme” e “non dernàme”, “sendìme” e “non zendìme”, ecc.. Negare tutto ciò vorrebbe dire essere incompetenti nella materia, falsare clamorosamente la reale pronuncia e male informare la gente.
      Se tu volessi essere coerente col discorso della pronuncia che non va mescolata alla grafia, non dovresti scrivere “San Gelestìne” ma “San Celestìne”, non “m-bacce” ma “n-facce”, non “m-mocche” ma “n-vocche”, non “n-guànde” ma “n-quande”, ecc.. E cosí facendo non scriveresti in barese ma, in giargianese!
      La tua battuta sui balbuzienti è un po’ sciocchina (anche se simpatica, lo ammetto). Quando pronunci la parola italiana “asso” (per esempio), tu balbetti? Oppure semplicemente rafforzi la esse?... E quindi dove sarebbe il problema nel rafforzare una consonante ad inizio parola?
      Non ricorri al rafforzamento consonantico ad inizio parola in quanto lo consideri anomalo ma... lo sai che in finlandese si raddoppiano tantissimo le vocali (intese come vocali lunghe)?... In Finlandia esiste addirittura un centro abitato chiamato “Ii” (scritto con due “i”).
      In scrittura non vuoi rafforzare le consonanti ad inizio parola?... Ok, non farlo (seguiresti la tendenza delle lingue nazionali). Ma non puoi asserire che rafforzarle non sia frutto di una logica sensata e che la pronuncia, nel barese, non debba mischiarsi con la grafia (visto quanto scritto sopra).

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  10. Buongiorno, sono Gianni Serena, l'anonimo che si firma con nome e cognome. Non sono uno sprovveduto in campo dialettale, tant'è vero che nel 2006 diede alle stampe un mio lungo lavoro di ricerca e di studio sul dialetto di Bari Palese. Una copia di quel libro che pubblicai con la mia associazione GAT di Palese la Sinai a Cutino all'inizio di quel seminario. Poco tempo prima della pubblicazione fu edito il libro di Alfredo Giovine, e mi resi conto, leggendolo, di essere sulla sua lunghezza d'onda. Anzi mi servì per rivedere in meglio alcune cosette linguistiche. Credo che Giovine per troppa umiltà definì quegli scritti "opuscolo", ma in realtà si tratta di una vera e propria GRAMMATICA con tanto di sintassi. E' un punto di riferimento inconfutabile per lo studio del dialetto barese.

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  11. L’ignorantello di turno che non è in grado di trovarmi negli elenchi dei giornalisti-pubblicisti è pregato di rivolgersi alla segreteria dell’Ordine dei Giornalisti (via Palazzo di Città) e ne avrà conferma.
    Vittorio Polito

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  12. Pare di aver colpito in pieno gli scribacchini ed altro…
    Caro polito sarò un ignorantello, ma onesto e per nulla falso criticone come lo sei tu….
    Per Serena, non ho fatto alcuna menzione o citazione che possa riguardarti, per cui mi spieghi il perché ti senti in causa, inoltre l’OPUSCOLETTO di Giovine rimane sempre un OPUSCOLETTO che si fa passare per grammatica da incompetenti, come me, e forse anche più di me…
    A Emanuele, aspetto la tua mail… e non c’è bisogno di fare l’elenco dei tuoi libri, li conosco…
    Ultima volta che rispondo a degli infatuati… e questa volta non mi firmo, tanto non serve…

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  13. LA PARATA DEI VIGLIACCHI.

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    1. Parata della quale certamente non ho fatto parte…

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    2. E nella parata ci sei anche tu... caro polito. Non solo bugiardo ma ti sei anche auto definito... bravo...
      Contino a non firmarmi perché non ne vale la pena...

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    3. Emanuele, con te non voglio discutere di nulla QUI, mi hanno parlato di te e preferisco parlarne in privato, sempre dinnanzi a quel famoso caffè. Se ti fa piacere la mia mail è in tuo possesso, scrivimi. Ciao...

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  14. CE MAZZÀTE!!!!!!"!"!

    NESSUNO CAPISCE CHE GLI AUTORI DEL PASSATO SONO QUELLI CHE FANNO TESTO A CUI SI DOVREBBE FARE RIFERIMENTO ACCETTANDO ANCHE IL FATTO CHE QUESTI AUTORI COL PASSARE DEL TEMPO SCRIVEVANO IN MODO DIVERSO OVVERO AGGIORNANDO LA LORO SCRITTURA IN DIALETTO CHE MIGLIORAVA LA LORO CONOSCENZA.

    ANCHE LA LINGUA ITALIANA SEGUE LA STESSA STORIA.

    PRENDIAMO UN DIZIONARIO DEL DEVOTO-OLI - O DEL TOMMASEO E CONFRONTIAMOLI CON QUELLI PIÙ RECENTI. SAREBBE UN BELL’ESPERIMENTO DA FARE, EPPURE È SEMPRE LA STESSA LINGUA ITALIANA.

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    1. Salve Sig. Santoro.
      Innanzitutto Le faccio sapere che reputo Suo padre un grande: fu barese d’altri tempi, dalla pronuncia verace (cosí come Alfredo Giovine e svariati altri autori classici).
      Non sono d’accordo sul fatto che debbano essere gli autori del passato a far testo e che essi siano coloro ai quali si debba per forza far riferimento. Non si può mica fare sempre questo ragionamento; dipende dai casi.
      Per come la vedo io, Suo padre ebbe una grande creatività e diede vita ad ottimi scritti; ciò però non vuol dire che io condivida il metodo di scrittura da Lui utilizzato.
      Io amo leggere gli scritti classici baresi, in quanto in essi è affascinante ed utilissimo apprendere vocaboli e modi d’esprimersi ormai estinti o quasi. Ma essere stato un barese doc e aver avuto grande creatività, per uno scrittore non significa automaticamente aver posseduto una preparazione adeguata in linguistica.
      Per poter capire quale sia una grafia dialettale accettabile, a mio avviso occorrerebbe una preparazione linguistica (per lo meno basilare). Occorrerebbe buon udito; saper distinguere i fonemi e i ruoli fonologici delle lettere. Chiaramente per facilitarsi le cose, sarebbe saggio rifarsi alla linguistica italiana; non ignorando ovviamente i fenomeni peculiari del dialetto.
      Come piú volte ho affermato, sono arrivato al punto di rispettare piú metodi di scrittura dialettale barese (purché essi abbiano una logica sensata). Ed inoltre (cosí come ho già scritto in precedenza) a meno che in grafia non si ricorra ad astruserie difficilmente divulgabili alla massa, ogni metodo di scrittura (sensato) avrà sia lati positivi che negativi (chi piú chi meno). L’importante sarebbe giungere ad un accordo che avvicini la semplificazione grafica alla corretta logica linguistica. La perfezione sarebbe impossibile senza l’uso di segni diacritici astrusi, simboli fonologici o ancor peggio fonetici.

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  15. MENO MALE CHE C'E' QUALCUNO CHE SA TUTTO. APRITI UNA SCUOLA

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