Bari, Città di San Nicola

di VITTORIO POLITO — Bari e la Puglia hanno avuto sempre un ottimo rapporto con il mare. Cosimo Damiano Fonseca nel suo libro “La Puglia e il Mare” (Electa Editrice) ricorda che già la civiltà micenea (XVI secolo a.C.), consentì intensi e stretti rapporti con il mondo egeo. Ma, nonostante la storia ha fatto segnare il passo alla Puglia con la militarizzazione della coste, lo spostamento e la polarizzazione delle grandi rotte marittime verso l’Atlantico, accentuò sempre di più la sua vocazione mediterranea, prima su attività culturali e successivamente su componenti economiche. Così facendo i caratteri della “nazione pugliese”, si erano definiti grazie alla grande risorsa del mare.

L’olivo e il commercio dell’olio, rappresentano un’altra notevole risorsa commerciale per la Puglia e Bari. L’olivicoltura pare sia praticata nel barese fin dall’età neolitica (5000 a.C.). La sua importanza fu riconosciuta già nell’Impero Romano, quando importazioni ed esportazioni erano regolate dall’Amministrazione Centrale. L’olio di Bari si diffuse fino a Venezia, per essere quindi inviato anche in altre città dell’Europa continentale.

Con l’arrivo delle spoglie di San Nicola a Bari, il commercio marinaro ha assunto un’ulteriore notevole importanza. È notorio che intorno al porto sono concentrate numerosissime chiese, forse a sottolineare significativamente il rapporto con il mare e, nonostante i rischi che all’epoca si correvano per i potenziali attacchi esterni, significava pur tuttavia benessere e prosperità.

Gli effetti della traslazione e la presenza della grandiosa Basilica ebbero sulla città risvolti non solo religiosi, ma anche sociali, culturali, artistici ed economico-politici. La cosiddetta “cittadella nicolaiana”, topograficamente ed idealmente rivolta al mare, si attrezzò per accogliere il flusso ininterrotto di pellegrini che giungevano, e giungono ancora oggi, da terra e da mare. Doni preziosi andarono ad arricchire la casa del Santo crescendo di pari passo con la popolarità del suo culto. E non mancarono le fiere nicolaiane, allestite nei cortili interni della Basilica, affollate da un gran numero di mercanti e mercanzie.

E che San Nicola sia un gran Santo lo scrive anche Vito Maurogiovanni nel suo libro “Un gran Santo…” (Levante Editori).  Innanzitutto perché è venerato in tutto il mondo, le chiese a lui dedicate non si contano, ed anche perché protettore di marinai, bambini, ragazze, orfani, commercianti di grano, sarti, studenti, mercanti, calzolai ed anche dei ladri. I quali ultimi, nel momento che arrivano le guardie per le loro malefatte, invocano San Nicola a loro difesa. E sotto il suo manto ci sono anche birrai, bottai, farmacisti e rigattieri: insomma un Santo per tutte le stagioni ed adatto a tutti i ceti.

Sarebbe oggi auspicabile sfruttare, in senso positivo, le opportunità che noi abbiamo con Bari, il mare e San Nicola. Padre Gerardo Cioffari, storico della Basilica di San Nicola, sostiene che bisogna «Continuare nel grande riassetto urbanistico, senza dimenticare quella memoria che da sola può dare l’orgoglio della baresità». La sagra di San Nicola potrebbe essere l’occasione migliore per questo recupero di memoria, ricordando nelle scuole, nelle università, negli ingressi di stazione, negli aeroporti e nei porti, che questa è la città di San Nicola. Inoltre, intitolare, come è stato fatto per il nuovo stadio, qualche strada al grande Santo e soprattutto dotare le vie di ingresso alla città, della stazione, dell’aeroporto con cartelli che diano il «Benvenuto nella città di San Nicola», come dice Lino Patruno nel suo capitolo «San Nicola e i baresi: il miracolo della luce» nel bel volume “Bari la città di San Nicola” (Adda editore).

vittorio.polito@alice.it

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