"TAP? Serve all'Italia e all'Europa". Intervista al prof. Boero

di FRANCESCO GRECO - MELENDUGNO (LE). Toh, un prof. a favore della TAP (TransAdriatic Pipeline), dopo le battaglie NO-TRIV. E' Ferdinando Boero, genovese, docente di Zoologia all'Università del Salento, autorità in materia di mari e oceani, instancabile divulgatore, autore di molti libri, il primo, “Ecologia della bellezza" appena presentato a Tricase Porto (Lecce), gli altri due sono Ecologia ed evoluzione della religione, e Economia senza natura. La grande truffa.

Gli editori gli chiedono testi tecnici, con i paroloni, ma così i libri finirebbero in una nicchia per pochi eletti, e non sarebbero in linea con la sensibilità e la formazione culturale del figlio di un partigiano.

E se un uomo è anche la sua stretta di mano, quella di Boero è vigorosa e sicura come chi crede in ciò che fa, dice, insegna, chi possiede valori forti, visioni, skyline vaste, militanze, passioni, come quella per la rockstar di riferimento, Frank Zappa, cui vent'anni fa dedicò una nuova medusa trovata nel Pacifico, ricambiato con una canzone: “Lonesome cowboy Nando" (video).

Professore, allora, ci spieghi: che sul fronte ”anti” ci sia un bel po' di turgidità ideologica con accessi di anti-modernità è la narrazione che appare ai più, ma Terra d'Otranto ha davvero bisogno di quel gas per il suo modello di sviluppo futuro? 

RISPOSTA: No, non ne ha bisogno. Ne ha bisogno l’Europa e il paese intero. La Puglia prende moltissimo dall’Europa, pensiamo ai fondi dell’obiettivo 1. Agli aiuti per l’agricoltura. E non voglio adesso parlare di come viene spesso truffata. Lo stesso avviene con molti altri fondi che “arrivano” e spesso sono spesi male o addirittura non sono spesi. Chi dà ha diritto di chiedere. Ovviamente a certe condizioni.

D. Più si dice “No” più si è moderni, ma la modernità è anche rischio, responsabilità, spesso rinunce... 

R. Ho detto moltissimi NO nella mia vita. No all’abusivismo, no alla pesca dei datteri di mare, no allo sbancamento delle dune, no alle trivellazioni, no al carbone, no al nucleare. A volte mi sono trovato solo o quasi, in queste battaglie. Per dire NO bisogna anche saper dire SI ma, lo ripeto, sempre a certe condizioni.

D. Quindi indietro non si può tornare, il sito è quello e si ormai tratta solo di negoziare il cosiddetto “ristoro”, magari sotto forma di royalties? 

R. Questo dovrebbe essere negoziato dai politici locali. Quelli che hanno detto NO al piano delle coste che cercava di frenare la cementificazione delle coste, per esempio. O che hanno permesso gli scempi che sono sotto gli occhi di tutti. Non certo da me. Comunque qualche suggerimento lo sto dando. Per esempio rimuovere la spazzatura marina che si accumula su queste coste. Questa volta senza alcuna responsabilità da parte della politica locale. Qui arriva tutta la spazzatura dell’Adriatico!

D. Ci sarebbe da chiedersi dove stavano e cosa facevano gli ambientalisti fondamentalisti quando le coste erano assalite dall'abusivismo delle seconde case (per cui c'è sempre una sanatoria politica in progress) e la bellezza soggiogata dal profitto, nella logica di un'estetica da rapina, egoista e devastante... 

R. Già, questa costa è stata devastata da un abusivismo edilizio di scarsa qualità, per un mare vissuto un mese all’anno. Le dune costiere sono sbancate per fare parcheggi, ci sono costruzioni che arrivano fino in mare. Roca Vecchia, una città di 4000 anni fa, è in completo abbandono, e anche la grotta vicino a quella della Poesia. Le spiagge sono invase dalla spazzatura marina. E l’unica minaccia ambientale è un tubo di 90 cm di diametro? Mi viene da dire come Totò: mi faccia il piacere!

D. Ieri NO-TRIV, oggi SI-TAP: c'è un denominatore comune? 

R. Veramente NO-TAP fa il verso a NO-TAV. La TAV è un’opera costosissima, pagata con fondi pubblici, che devasta l’ambiente. E’ giusto dire NO. E le trivellazioni sono la stessa cosa. Perforare il fondo del mare per estrarre combustibili fossili è una follia. Sono due NO sacrosanti. La risposta radicale dei NO-TAV… se abitassi lì probabilmente andrei anche io a sabotare i cantieri. Per il NO-TRIV sono andato a tribune referendarie, con Teresa Bellanova, ho partecipato a decine di conferenze (una con l'oncologo Giuseppe Serravezza), ho scritto articoli, ho scritto documenti tecnici. E continuo a dire in ogni occasione (il 12 maggio l’ho detto a una commissione del Parlamento del Mediterraneo, alla Camera di Monte Citorio) che si tratta di azioni che espongono il Mediterraneo a rischi che non vale la pena di correre.

D. Stiamo rimodulando un'idea di futuro, fra neo-Umanesimo industriale e ritorno alla bellezza: meno fossili, più energie dolci, alternative, impatto soft, sostenibile: per Brindisi e Taranto che riconversioni ipotizzare? 

R. La sfida dell’umanità consiste nella conversione ecologica, predicata ANCHE, da Papa Francesco, il primo religioso convertitosi a una scienza: l’ecologia. Dobbiamo rimetterci in armonia con la natura. E dobbiamo quindi reinventarci i nostri sistemi produttivi. Quasi da zero. Dobbiamo imparare a costruire case che non consumano energia tradizionale (basata sulla combustione), dobbiamo produrre il cibo in modo da non distruggere gli ecosistemi naturali, dobbiamo consumare senza produrre spazzatura. Le tecnologie devono essere sviluppate a questi fini. Io credo che ci sia la possibilità di vivere senza distruggere. La parola Umanesimo non mi piace, perché parla di “uomo”. Noi abbiamo dato troppa importanza a noi stessi. Ci siamo addirittura inventati un dio a nostra immagine e somiglianza.
E’ questo complesso di superiorità che ci sta mettendo nei guai. Dobbiamo fare un bel bagno di umiltà, ridimensionare le nostre aspettative. Gli ultimi papi hanno visto giusto. La natura si ribellerà a quello che le stiamo facendo, disse Giovanni Paolo II, e disse anche che non ci può essere pace senza giustizia.
Gli occidentali hanno ridotto il mondo in questo stato, e ora lo devono rimettere a posto. Francesco predica la conversione ecologica. Non credo all’uomo invisibile che vive nell’alto dei cieli e che ci guarda da lassù, ma credo che chi parla a suo nome finalmente ha capito quello che la scienza dice da molto tempo: non possiamo andare avanti così, dobbiamo cambiare. Dobbiamo usare la tecnologia per realizzare il cambiamento. Ma abbiamo bisogno di una nuova visione del mondo. Quella che ci mette DENTRO la natura e non SOPRA la natura.

D. Serravezza in sciopero della fame e della sete: il messaggio subliminale è che Tap porta brutte patologie: non è un'enfasi pericolosa, oltre che una forzatura (come anche Arpa-Puglia ha rammentato)?

R. Serravezza, pur essendo un medico, ha una visione ecologica dei problemi. Cura i sintomi (il cancro), ma dice che la vera cura è rimuovere le cause (l’ambiente che genera il cancro). Anche se pare un ragionamento banale, non è per nulla ovvio ed è una strategia che raramente si persegue. La cura dell’ambiente è poco sentita, da noi. Siamo in perfetta sintonia. Il mio mestiere è l’ambiente, il suo è la salute umana. Quel tubo non causa grandi problemi ambientali, e non ha conseguenze sulla salute umana. Tutti abbiamo un gasdotto che entra a casa nostra (si chiama tubo del gas) e il gas arriva nelle nostre case attraverso i gasdotti.
Ma di che stiamo parlando? Mi spiace: Serravezza sbaglia. Sbaglia soprattutto perché inscena una protesta radicalissima (lo sciopero di fame e sete) per un problema marginale. Non mi pare lo abbia mai fatto prima.
Ma con tutti i problemi che ci sono, per la salute umana a causa del degrado ambientale, proprio TAP doveva scegliere? L’impressione è che sia una minaccia enorme e terribile. Ora la sua posizione è che sia la goccia che fa traboccare il vaso. Quella che colma la misura. Sono d’accordo con Serravezza al 99%, ma su questo proprio non sono d’accordo, anzi, si tratta di una posizione che paradossalmente squalifica le posizioni precedenti. Questo ambientalismo viscerale toglie forza alle proteste sacrosante, e le squalifica.

D. Cos'è il progetto Lter?
R. Significa Long Term, Lungo Termine. I progetti di ricerca sono di solito di tre o quattro anni, poi i ricercatori devono presentarne altri, rispondendo a bandi che assegnano fondi. Si devono rincorrere i vari argomenti coperti dai bandi.
Ma la natura ha la sua “storia” che deve essere seguita e, per farlo, ci vuole il lungo termine. Per la meteorologia lo sappiamo benissimo. Non si chiede ai meteorologi: per tre anni studiate i temporali, poi nei successivi tre anni studiate il vento, e poi, invece, focalizzate sulle ondate di calore.
I meteorologi studiano il tempo atmosferico sul lungo termine, realizzando serie storiche che ci permettono di ricostruire, appunto, la “storia” delle condizioni meteorologiche. Lo stesso si deve fare con tutte le altre manifestazioni della natura: osservazione a lungo termine. All’Avamposto Mare di Tricase Porto vorremmo fare proprio questo. Fare un inventario della biodiversità di questo mare e osservare, nel lungo termine, la sua evoluzione.
Per comprenderne il cambiamento e comprenderne le cause. Per farlo, ci vuole un sostegno a lungo termine della ricerca. Tutto qui. Ora non si sta facendo. 

5 Commenti

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