Il Tribunale di Bari nega copia delle intercettazioni sul ministro Fitto
BARI – Per tutelare la privacy delle persone intercettate ma non coinvolte nell’indagine penale, il ministro degli Affari Regionali, Raffaele Fitto, non può ottenere «l'autorizzazione all’estrazione di copia integrale di tutte le intercettazioni telefoniche e ambientali» disposte nell’inchiesta a suo carico sul crac del gruppo pugliese Cedis.Lo ha deciso il giudice per l'udienza preliminare di Bari, Marco Guida, respingendo l'istanza del legale di Fitto, Francesco Paolo Sisto, per ottenere anche le copie dei file audio delle intercettazioni che la procura conserva in cassaforte per tutelare la privacy delle persone intercettate (ma estranee all’indagine) in quanto, secondo il Pm, le captazioni riguardano fatti privati.
Secondo il giudice, dinanzi al quale è in corso l’udienza preliminare a carico di Fitto e di altri imputati, «è evidente l'intento del legislatore di non consentire la diffusione di intercettazioni estranee al procedimento o attinenti persone non coinvolte o per fatti non penalmente rilevanti oltre un determinato lasso temporale».
Fitto, come ex presidente della Regione Puglia, è accusato di concorso in turbativa d’asta e interesse privato del curatore fallimentare per la 'svendità della 'Cedis' (fallita nel 2005) a un contraente predeterminato.
• «È davvero singolare prendere atto che a fronte di migliaia di intercettazioni telefoniche ed ambientali, un pm può scegliere quelle più utili per sostenere la validità dell’accusa, mentre ad un cittadino indagato viene negato il diritto di poter valutare le conversazioni, come invece è previsto dagli articoli 116 ovvero 268 del codice di procedura penale».
È la replica di Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Regionali, in una nota diffusa a Roma, alla notizia che la sua richiesta di ottenere copia integrale delle intercettazioni telefoniche e ambientali disposte nell’inchiesta a suo carico sul crac del gruppo pugliese Cedis è stata respinta dal giudice per le indagini preliminari di Bari, Marco Guida.
Il ministro annuncia anche di voler presentare una «denuncia penale nei confronti degli uffici giudiziari di Bari che all’epoca erano gli unici depositari di conversazioni estranee all’ordinanza, per verificare le responsabilità relative alla illecita diffusione».
1Alla mia istanza di ottenere copia di tutte le intercettazioni telefoniche relative ad indagini per due distinti procedimenti che mi riguardavano, e quindi indispensabili per esercitare il mio diritto di difesa, ebbi inizialmente l’assenso dei pubblici ministeri», sottolinea il ministro di Forza Italia in una nota.
«Per ottenerle avrei dovuto versare complessivamente circa 100mila euro, per diritti di cancelleria. Pensai con orrore che in Italia un cittadino può difendersi solo se ha notevoli possibilità economiche. Tuttavia mi dichiarai disponibile a versare quelle somme. Non appena detti esecuzione a tale mia volontà, i pubblici ministeri revocarono il consenso, adducendo giustificazioni mai prima addotte».
«È davvero singolare - prosegue Fitto – prendere atto che a fronte di migliaia di intercettazioni telefoniche e ambientali, un pm può scegliere quelle più utili per sostenere la validità dell’accusa, mentre ad un cittadino indagato viene negato il diritto di poter valutare le conversazioni, come invece è previsto dagli articoli 116 ovvero 268 del codice di procedura penale. Il giudice di Bari, a proposito dell’inchiesta Cedis, invoca giustamente il principio della tutela della privacy delle persone intercettate ma non coinvolte nell’indagine penale, principio al quale, salvo il diritto di difesa, noi siamo assolutamente fedeli».
«Ma – sottolinea il ministro – nessuno sembrò indignarsi quando all’epoca alcuni quotidiani pubblicarono la trascrizione letterale di decine di conversazioni telefoniche tra persone indagate ed altre non indagate, in cui si parlava di terze persone anch’esse estranee alle indagini. Alcune di queste conversazioni, peraltro, non erano neanche comprese nei provvedimenti notificati agli indagati. Sulla base dello stesso sacrosanto principio di tutela della privacy cui si è attenuto il giudice di Bari, preannuncio che presenterò una denuncia penale alla Procura di Lecce (per competenza), nei confronti degli uffici giudiziari di Bari che all’epoca erano gli unici depositari di conversazioni estranee all’ordinanza, per verificare le responsabilità relative alla illecita diffusione».
«In questo Paese, specie nella fase preliminare delle indagini, assistiamo al reiterato tentativo di giocare a compromettere la reputazione e l’onorabilità delle persone. E questo non va bene. Sono convinto – conclude Fitto – che la nostra ulteriore richiesta, depositata ieri al giudice di Bari, di poter accedere agli atti, vada presa nella giusta considerazione, per tutelare e garantire il diritto ineludibile alla difesa».
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