IL COMMENTO / Rompiamo la cortina di silenzio sulla sanità pugliese

BARI. Secondo voi, funziona una sanità che recupera un infortunato gravissimo alle 16, lo intuba a Molfetta, gli fa la TAC a Terlizzi, e lo ricovera in rianimazione a Monopoli dopo lunghe e vane ricerche, quattro ore dopo, facendogli percorrere oltre 90 chilometri? E’ incolpevole di tutto questo un governo regionale che in tutti questi anni non è riuscito a varare una programmazione sanitaria ed ospedaliera che si era impegnata ad approvare, all’uopo rimuovendo quella vituperatissima del suo predecessore, come suo primo atto, ma che nel contempo è riuscito a sfondare i conti della sua sanità fino a dover attingere pesantemente alle già poverissime tasche dei pugliesi, e che ha affidato la guida di una ASL immensa che va da Monopoli a Molfetta ad una bella signora che si era immediatamente vantata di essere molto vicina politicamente e personalmente ad un noto parlamentare della maggioranza vendoliana?

E’ normale che di suddette peripezie il presidente della Regione, invece di scusarsi ed assumere provvedimenti, quasi si vanti, all’uopo distraendo i suoi dirigenti per conferenze stampa tutte condotte sul filo dell’intimidazione nei confronti dei giornali che aveva osato raccontare tali vicissitudini?

E poi, secondo voi, quando un dirigente di primissimo piano viene ingiustamente arrestato per eventi legati al suo coinvolgimento in una nota impresa che si occupa di discariche di rifiuti, ossia di un settore di cui i principali esponenti del suo partito si occupano in prima persona perseguendo una scelta (la rinuncia ai termovalorizzatori) che obiettivamente favorisce le discariche, e ne viene anche chiesto il rinvio a giudizio, è colpa dei giudici che hanno sbagliato ad inquisirlo o dei giornalisti che l’hanno raccontato?

E’ inquietante l’evoluzione che sta assumendo l’approccio del presidente della Regione nei confronti del mondo dell’informazione, l’esplosione da parte sua di una vocazione censoria nella quale risuonano talune antiche abitudini dei regimi la cui ideologia egli non a caso si ripropone di rifondare.

Ed è ancor più inquietante l’autocensura che l’informazione pugliese si sta imponendo per non disturbare cotanto manovratore, per cui delle peripezie dell’ultimo morto di Molfetta non si era praticamente occupato quasi nessuno se non per raccogliere a posteriori le ire del Governatore rispetto ai pochissimi che, molto timidamente, avevano osato raccontarle, e sulla vicenda giudiziaria del segretario provinciale del suo partito era caduto immediatamente un totale silenzio, fino ad un proscioglimento che è discutibile quanto l’imputazione alla quale si riferisce.

Certo è che tanto più la Puglia, vaccinata dalle devastanti esperienze di questi anni, recupera la sua naturale collocazione di centrodestra, tanto più cala su di essa una plumbea atmosfera di regime che ricorda quelle degli ultimi, disperati giorni di taluni tirannelli chiusi nel loro palazzo a coltivare diffidenze e rancori che dovrebbero rivolgere in realtà soltanto verso sè stessi, e cioè verso i soli, veri colpevoli della loro imminente disfatta.

Rispetto a questi conati di totalitarismo, a questa rabbiosa intolleranza, la risposta giusta non è subire tacere, ma resistere e rilanciare.