Bari, ferito mentre andava in moto con bimbo: arrestato luogotenente clan Rizzo

BARI. Nonostante il bersaglio del suo agguato andasse in moto in compagnia di un bambino di soli tre anni, non esito' a sparargli contro riuscendo solo a ferirlo. Accadde a Bari sul lungomare lo scorso 16 giugno. Oggi gli agenti della Squadra Mobile della Questura, in base a un ordine di custodia cautelare emesso dal gip del Tribunale del capoluogo pugliese, su richiesta della Direzione distrettuale Antimafia, hanno arrestato il pregiudicato Umberto Lorusso , 32 anni, e sua moglie Michela di Pietro, 30 anni, incensurata.

L'ACCUSA - Quest'ultima si trova ai domiciliari nella sua casa del quartiere San Girolamo. Sono accusati, a vario titolo, di tentato omicidio e traffico di sostanze stupefacenti. Altre quattro persone risultano indagate. Il tentato omicidio rientrerebbe nella lotta tra i clan della citta'. Lorusso e' considerato un luogotenente del clan Rizzo al quartiere San Girolamo. La vittima designata era Felice Calabrese, 21 anni.

LE RICOSTRUZIONI - Secondo la ricostruzione degli inquirenti alla guida dell'auto, dalla quale vennero esplosi i colpi, c'era Michela Di Pietro. Da quando il marito era stato ridotto sulla sedia a rotella per un agguato avvenuto il 23 agosto del 2009, la donna fungeva da suo autista anche quando questi doveva approvvigionare il clan della droga. Una coppia senza scrupoli che per sfuggire ai controlli delle forze dell'ordine, durante le attivita' illecite, arrivava ad usare anche il figlio 13enne come copertura.

LOTTA TRA CLAN - Quella di Umberto Lorusso e' anche una storia di vendetta privata. L'uomo, personaggio di spicco dello spietato clan Rizzo (detto anche 'il clan dei catanesi'), vicino allo lo storico clan di Bari Vecchia, quello dei Capriati, aveva deciso non solo di contendere il controllo del quartiere San Girolamo al clan Striscuglio, che ha come referente sul territorio la famiglia Campanale, ma di togliere la vita a coloro che reputava responsabili del suo calvario fisico.

L'AGGUATO - Dopo l'agguato subito in una sera di agosto del 2009 mentre stava facendo ritorno a casa in motorino, per Umberto Lorusso e' iniziata una vita su una sedia a rotelle: oltre un anno di ricoveri in ospedale e di fisioterapia. Secondo gli inquirenti, infatti, dietro il fallito agguato a Diego Casadibari, 44 anni, detto 'Gagan', ci sarebbe proprio la volonta' del clan Rizzo di vendicare l'agguato a Umberto Lorusso.
Una decina di giorni dopo l'attentato di quest'ultimo, il 4 settembre del 2009, per la precisione, a casa (a ridosso della statale 16bis) di Diego Casadibari, noto esponente del clan Striscuglio, si presentarono due finti agenti di polizia per un finto controllo, ma il padre del bersaglio aveva intuito la trappola e aveva allertato il figlio che era cosi' riuscito a salvarsi. Il giorno dopo a salvargli la vita aveva provveduto la Polizia arrestandolo proprio per il tentato omicidio di Umberto Lorusso.
Ma Diego Casadibari non era il solo ad essere nel mirino di Umberto Lorusso: a far parte del commando dell'attentato ai suoi danni molto probabilmente vi era anche Felice Calabrese, nipote dei piu' noti esponenti di spicco dei Campanale, Leonardo e Giacomo. Per questo motivo Umberto Lorusso avrebbe tentato di uccidere Calabrese il 16 giugno scorso, sempre a San Girolamo.
Nonostante fosse costretto su una sedia a rotelle, secondo la ricostruzione degli investigatori, quella sera si fece 'caricare' in auto da sua moglie e con lei una volta individuato il bersaglio a bordo del suo scooter, gli avrebbe teso l'agguato che solo per un miracolo ha lasciato illeso il bambino di tre anni e ferito in modo grave, ma non in pericolo di vita, Felice Calabrese colpito da un proiettile a un fianco che gli ha provocato una lesione midollare che lo ha costretto a una lunga degenza all'ospedale 'Perrino' di Brindisi.

L'EPILOGO - Insomma, una storia di vendette consumate e da consumare. Del resto la circostanza che in casa di Umberto Lorusso, questa mattina gli agenti hanno sequestrato una pistola e un giubbino antiproiettile e' la dimostrazione, secondo gli inquirenti, che il noto esponete del clan Rizzo continuasse a temere per la sua vita. Quindi, l'arresto di questa mattina potrebbe avergli salvato la vita. Agli investigatori, infatti, risulterebbe che il fratello di Felice Calabrese, Francesco, 24 anni, detenuto a Lecce, da mesi stava cercando di organizzare una risposta armata al ferimento di suo fratello. A suffragare le ipotesi investigative, poi, si sono aggiunte anche le dichiarazioni di un pentito del clan Striscuglio.