Yara: l'elettricista polacco fornisce la sua versione dei fatti

di Roberta Calò. "Io non c'entro nulla". Queste le parole dell'ultimo indagato per il caso della piccola Yara Gambirasio. Si tratta di un elettricista polacco di 37 anni che ha lavorato presso il cantiere di Mapello nei giorni precedenti alla scomparsa della giovane ginnasta prestando la propria manodopera nella parte di cantiere in cui i cani molecolari avevano fiutato qualcosa.
Indiscrezioni gli avevano attribuito anche la proprietà del famoso furgone bianco che alcuni testimoni avevano collegato alla tragica vicenda di Yara. L'uomo ha spiegato: "il mio furgone era rosso. Ho lasciato l'Italia il 3 dicembre alle 2 di notte. Sono partito con la mia macchina dalla casa di un mio amico a Gorlago" e ha fornito spiegazioni in merito ai suoi contatti con le forze dell'ordine: "Un giorno di dicembre ho chiamato un carabiniere di Ponte San Pietro perchè mi ha telefonato un mio amico: il mio caposquadra metteva in giro la voce che mi stavano cercando. Ho lasciato tutti i miei dati, i numeri di cellulare. Ho lasciato anche il codice fiscale. Ho detto quando avete bisogno sono pronto a venire in Italia per spiegare le cose. Fino a ieri non mi ha risposto nessuno".
L'elettricista ha raccontato dettagliatamente anche la sequenza delle sue azioni il giorno della scomparsa della vittima; finito di lavorare alle 18 l'uomo si sarebbe cambiato d'abito in un quarto d'ora venti minuti per poi "tornare a casa, per fare una doccia e mangiare qualcosa e riposare un pochino e basta". Rientra nei suoi obiettivi quello di poter avere "contatto con i poveri genitori della ragazzina" per poter chiarire la propria posizione.