Diari da Kinshasa / Ngai Africa, la mia Africa

di Barbara Musciagli. Rieccomi qui, cari amici, in questa rubrica del Giornale di Puglia nuovamente impegnata a descrivere “un’emozione”... per me è sempre difficile raccontare e parlare di ciò che ormai definisco “la mia Africa”!

E' il 22 gennaio 2011, ore 07:30, arrivo all'aeroporto di Kinshasa, esco dall'aereo: il mix tra caldo e aria umida mi dà una strana sensazione... mi manca quasi l'aria. I vestiti che indosso sembrano sciogliersi. Il mio cuore batte all'impazzata perchè finalmente sono nella “mia Kinshasa”, e nuovamente potrò vivere i suoi odori e colori.
Padre Macaire mi attende nella sala d'attesa, anche se sono molto stanca. Senza attendere un minuto di più, decidiamo di andare all'orfanotrofio “Mama Elena”, poco distante dall'aeroporto.
Sono contentissima perchè finalmente potrò rivedere i bambini, tra cui “il nostro piccolo Simba Ngai” (uno dei ragazzi dell'orfanotrofio, ndr). Durante il tragitto, tuttavia, Padre Macaire mi prepara ad una possibile triste realtà: forse non avrei mai più rivisto Il piccolo “Simba”.

Nella RDC non è raro che i bambini vengano abbandonati per strada o che muoiano di fame o malattia o vengano utilizzati come mine per trovare oro e diamanti.
Per strada si incontra di tutto: bambini malvestiti che giocano nella terra, fiumi lenti di persone senza una meta, animali, bancarelle e come al solito un traffico indescrivibile di auto; ragazzi che tentano di vendere bustine di “Mayi” (acqua) e che per attirare l'attenzione emettono uno strano suono; persone che pur di avere un passaggio si aggrappano alla maniglia esterna dei camioncini, altre sui tettucci, nessun segnale stradale, nessuna strada... solo sabbia nera e tanti uomini senza una meta, senza una vera ragione di vita.


Ma per noi bianchi la vita a Kinshasa è difficile! Per loro siamo solo dei “mindele”, cioè degli “sporchi bianchi” pieni di soldi. I "kinios" sono convinti che è colpa nostra se per loro la vita è così difficile. Questo pensiero alimenta la loro rabbia e noi “mindele” siamo spesso vittime di furti ed episodi di violenza.
La vita di un bianco a Kinshasa è una vita sotto scorta. Nei 20 giorni a Kinshasa non
sono mai lasciata sola, ogni volta che usciamo prendiamo la macchina e mettiamo la sicura centralizzata con i finestrini chiusi.

Kinshasa è un paradosso: è il contrasto tra la ricchezza estrema e la povertà assoluta che a un certo punto si trasforma in miseria. Quella miseria che ti priva anche della dignità di essere umano e che ti fa morire sulla strada nell'indifferenza più totale.
Ma è anche un contrasto di emozioni sempre forti e vivide: è lo sguardo triste ed allo stesso tempo felice di un bambino perchè lo si è accarezzato, oppure lo si è fotografato o gli è stata elargita qualche caramella. E' la bontà d'animo della gente che ha imparato a conoscerti e che “ti considera una di famiglia”.

Kinshasa è il legame forte e inspiegabile che si crea con la gente. E' la “gioia” dei suoi abitanti quando si accorgono che non sei lì per “imporre l'Europa” ma che semplicemente perchè vuoi conoscere ed imparare la loro cultura.
Così treccine, qualche piatto di fou-fou, pondù e ngai-ngai (piatti tipici, ndr), insieme a qualche parola di lingala (lingua locale, ndr), sono stati gli ingredienti di una pozione magica che mi hanno regalato i loro sorrisi, la loro amicizia, un'altra casa e una grande famiglia.

Kinshasa è quel tempo “Malembe” (lento) che ti fa vivere in un’altra dimensione e ti propone un’altra ottica di vita, quasi magica, all'interno della quale, come afferma l'antropologo De Boeck, “l'invisibile che è sempre stato presente in Congo, annulla il visibile”.

Kinshasa è la presenza o assenza della pioggia, della corrente elettrica che sembrano quasi dominare e regolare la vita dell'uomo. Così, giorno dopo giorno, ho imparato ad apprezzare i momenti in cui il caldo fa da padrone ed i momenti in cui ti trovi a dover fare i conti con una pioggia torrenziale mai vista... A Kinshasa anche la pioggia prende vita!

Kinshasa è il cinguettio mattutino di una moltitudine di uccellini che augurano il buongiorno, è l'immagine bellissima e grandiosa del fiume Congo... è il suo magico cielo che prende vita per augurarmi, ogni sera, la buonanotte.

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