Eurobond: dopo il no di Berlino si fa strada idea fondo di redenzione

ROMA. Dopo l'ennesimo no della Cancelliera tedesca Angela Merkel agli eurobonds, titoli di Stato europei, l'ipotesi più digeribile da Berlino per la condivisione, seppur parziale, del debito resta quella del Fondo di Redenzione. La proposta, lanciata dal Consiglio degli esperti economici della Cancelleria tedesca, sembra avere le possibilità di raccogliere il consenso dei leader europei, riuniti domani e dopodomani a Bruxelles per un decisivo Consiglio europeo.

Di cosa si tratta? L'idea prevede la costituzione di un Fondo da riempire con l’importo dei debiti pubblici degli Stati dell’Eurozona per la parte eccedente il 60 per cento del PIL. Il Fondo emetterebbe titoli (per complessivi 2.300 miliardi di euro, secondo i calcoli dello stesso Consiglio degli esperti economici) per una durata massima di 20-25 anni garantiti dal gettito delle imposte riscosse a livello nazionale e da asset pubblici (in particolare, riserve auree e di valuta estera) dei Paesi assistiti.

Gli Stati sarebbero dunque tenuti a rimborsare il fondo entro il periodo indicato 20-25 anni, durante il quale dovrebbero raggiungere (come già imposto peraltro dal Patto di stabilità e dal Fiscal compact) la soglia del 60% di debito/PIL, garantendo una gestione virtuosa dei conti pubblici ed evitando il rischio di azzardo morale. Secondo i calcoli degli esperti economici tedeschi, l’Italia parteciperebbe al Fondo con una quota parti al 40% (la più alta tra i Paesi partecipanti), e per rimborsare il suo debito entro il termine stabilito (20-25 anni) dovrebbe produrre ogni anno, assumendo una crescita annua del PIL nominale pari al 3%, un avanzo primario pari al 4,2% del PIL.

A loro avviso, il raggiungimento di questo obiettivo richiederebbe una rigorosa disciplina fiscale, annullando di fatto il rischio di azzardo morale, ma produrrebbe nel contempo una consistente riduzione dei costi di rifinanziamento del debito. In assenza del Fondo, infatti, per ridurre il debito al di sotto del 60%, l’Italia, assumendo un tasso di interesse sui titoli di Stato pari al 7%, dovrebbe assicurare un avanzo primario superiore all’8% del PIL. La differenza sostanziale rispetto agli eurobond consiste nel fatto che il Fondo avrebbe durata limitata.

Inoltre, gli Stati partecipanti dovrebbero garantire l’introduzione di norme vincolanti, di rango costituzionale, che assicurino il pareggio di bilancio, in mondo da evitare che la quota di debito non compresa nel Fondo non ecceda nuovamente la soglia del 60% del PIL. Nell’ambito del dibattito sull’ERF da più parti si è ipotizzato di far confluire nel fondo le risorse derivanti da un’imposta sulle transazioni finanziarie, che è oggetto di una specifica proposta di direttivapresentata dalla Commissione europea il 28 settembre 2011, e attualmente all’esame delle istituzioni dell’UE.

Un meccanismo analogo a quello prospettato dal Consiglio degli esperti economici tedeschi è previsto da uno degli emendamenti approvati dalla commissione affari economici e monetari del PE nell’ambito dell’esame del cd. “two-pack”. Più specificamente, in base all’emendamento approvato il debito eccedente il valore di riferimento del 60% previsto dal Patto di stabilità, potrebbe essere trasferito a un fondo comune a responsabilità solidale (Fondo per il rimborso del debito): per ciascuno Stato membro dovrebbe essere definito un percorso di consolidamento per il rimborso del debito trasferito nell'arco di un periodo di 20-25 anni. Un altro emendamento approvato prevede che Commissione pubblichi una tabella di marcia concreta per l'introduzione degli stability bond.

Il two pack, con i relativi emendamenti, dovrebbe essere esaminato dalla plenaria del Parlamento europeo il 13 giugno 2012. E’ possibile che il voto sulla risoluzione legislativa venga posticipato ad una sessione successiva, al fine di conseguire l’accordo in prima lettura con il Consiglio sulle modifiche da apportare.

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