Erasmus: "Provare a superare le appartenenze nazionali pur rimanendo saldamente attaccati al proprio Paese"

PARIGI. L’idea che l’istruzione e la diffusione della conoscenza esigesse di uomini e ambienti appositamente eletti a questa meta così importante è presente sin da tempi lontani, ed è ancora oggi uno dei fattori essenziali per lo sviluppo della civiltà umana.

Questa idea si delineò con maggiore chiarezza tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo con l’istituzione delle università medievali, il cui progressivo evolversi dovuto alle trasformazioni sociali e alla crescente eterogeneità dei saperi non escluderà che tutt’oggi si possa guardare a questi modelli scorgendo in essi un’anima condivisa e un buon grado di omogeneità di fondo.

In una prospettiva comunitaria, è essenziale ricordare che la parola 'nationes', che in tempi remoti indicava le associazioni studentesche, verrà sostituita da quella di 'universitas', intesa come “universitas magistrorum et scholarium”, proponendo un’accezione più ampia, ovvero quella dell’intera comunità accademica.

Oggi più che mai, lo sguardo cosmopolita è una sensibilità necessaria anche all’istruzione; per questo, per comprendere qualcosa che oggi sfugge ai global studies, la sociologia ha mostrato particolare interesse.

In questa prospettiva, affascina la lettura del libro 'L'esprit cosmopolite voyages de formation des jeunes en Europe', scritto dal Prof. Vincenzo Cicchelli, barese, oggi docente della facoltà di Scienze Umane e Sociali della Sorbonne di Parigi.

Il sociologo, in occasione dei venticinque anni dell’Erasmus pubblica un'opera, dalla grande chiarezza comunicativa, risultato di indagine sociologica sui giovani partecipanti al progetto di mobilità europea.

Il libro apre una finestra sul mondo, un vero caleidoscopio di racconti sullo sfondo delle città europee in continuo divenire, ma dai tratti sempre riconoscibili, proponendo al lettore un corpus variegato di interviste.

Ogni intervista è rivolta a giovani studenti che, con le loro parole, dal forte potere immaginifico, contribuiscono a riempire e colorare un mosaico di umana bellezza narrativa.

L’autore mira ad esplorare la dimensione culturale della socializzazione cosmopolita, ponendo l’accento sul concetto di 'bildung', inteso come momento di formazione per i giovani che entrano in contatto con nuovi orizzonti umani, culturali e sociali dove il continuo confronto con la pluralità rappresenta la prima grande occasione per divenire cittadini del mondo, nonostante i rigidi limiti delle frontiere culturali.

Il modo in cui gli attori sociali hanno acquisito nel corso dei decenni la coscienza di abitare un mondo comune ma plurale è la chiave di volta utile per comprendere la realtà nella quale viviamo, caratterizzata dalla progressiva dissoluzione dei confini e dall’onnipresenza dell’alterità.

Da questo principio nasce, secondo l’autore, la necessità condivisa di un approccio non relativistico ma umanista, in cui “l’altro” diventa un orizzonte universale nella misura in cui si fa il tentativo di incontrarlo.

Valentina Battista

1 Commenti

  1. Io stessa non avrei saputo esprimermi meglio "un mondo comune ma plurale" come chiave di volta per comprendere la realtà!
    Comprendere la realtà che ci circonda: un importante ausilio per la comprensione di noi stessi che, al pari della istruzione e della diffusione della conoscenza, è strumento idoneo ai fini dello sviluppo della civiltà.
    Un'affascinante prospettiva strettamente legata al disperato tentativo di soddisfare una sete inesauribile di sapere che cresce di volta in volta con la meraviglia che accompagna la scoperta di ogni piccolo tassello di un mosaico fatto di parole,sì, ma anche emozioni, luoghi, lingue e culture.
    Superare le appartenenze nazionali e restare legati al proprio paese esattamente come sin da origine si è evoluta la "cultura migliore" ovvero trascinando con se tradizioni irrinunciabili, esperendo nuovi usi e costumi ed arricchendo noi stessi e contemporaneamente l'intera società.
    Samantha

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