Salento: lotta agli incendi boschivi

di Antonio Negro - Secondo la filosofia e la cultura ellenica gli elementi della vita sono: fuoco, terra, aria, acqua. E ognuno di noi subirebbe l'influsso  di questi elementi a seconda del proprio segno zodiacale.

Nei giorni scorsi si è fatto un gran parlare di uno di questi elementi, il fuoco,  per via della lotta agli incendi boschivi, dal momento che l'estate è alle porte. Il 23 di maggio si è tenuto un convegno sull'argomento presso la Prefettura di Lecce; nel  corso della diretta streaming, avevo chiesto di intervenire per delle considerazioni, ma mi è stato impedito di farlo in virtù del fatto che non ho delle cariche e, quindi, non avevo titolo a parlare. Questo a dimostrazione del fatto che gli appelli alla società civile sono solo delle frasi fatte per gettare fumo negli occhi.
Avrei voluto intervenire sia perché abito in una zona che d'estate diventa un carosello, un continuo via vai di macchine e di sirene dei pompieri  e della protezione civile, oltre che di curiosi, sia perché dalla

discussione che veniva fuori sembrava quasi che la colpa degli incendi fosse delle sterpaglie, delle stoppie, dei boschi e non, invece, dei criminali e delinquenti che accendono il fiammifero o si portano dietro l'accendino e, alle due del pomeriggio, quando in campagna non c'è anima viva perché il sole ti spacca il cervello , per vari motivi - non molti - appiccano il fuoco. Criminali, dunque, che commettono un crimine contro la natura, contro il territorio, contro l'ambiente, contro l'uomo, e che vanno perseguiti e puniti. Gli incendi estivi sono un fenomeno che deriva da una cultura mafiosa o simil mafiosa; essi sono come gli incendi delle auto dell'assessore o del sindaco, o come quei manifesti delle sagre, o altre manifestazioni, appiccicati con il nastro adesivo agli incroci sui paletti dei segnali stradali e dei semafori , che impediscono la visuale del traffico e sono vietati dal codice della strada, oltre che dal buonsenso e dal decoro. Estremamente pericolosi, perché possono essere causa di incidenti anche mortali.  Da quegli incroci passano, giornalmente, decine di macchine delle forze dell'ordine: possibile che nessuno li veda?

Cultura mafiosa sì, che non può essere percepita da chi vive nel contesto di una città, seduto alla scrivania del proprio ufficio.

Faccio solo un paio di esempi  sul comune parlare di questi  argomenti, comune parlare che avviene normalmente nell'ambito degli ambienti rurali e contadini.

Un amico, un paio di anni fa, mi sussurrava sottovoce, ripeto sottovoce e nell'orecchio, guardandosi intorno con circospezione, che vicino alla sua campagna avevano appiccato il fuoco e gli si erano bruciati quasi tutti gli alberi  di ulivo (famiglia povera che si produce l'olio per campare) e che era stato evitato il peggio solo grazie  all'intervento, tempestivo e provvidenziale, dei vigili del fuoco, altrimenti chissà cosa sarebbe successo.  Quando gli dissi di andare in caserma e fare denuncia, mi rispose:" Sei matto, così quello mi brucia anche la casa quando dormo!"

Alcuni anni orsono, al confinante di un mio terreno chiesi perché metteva fuoco alla macchia mediterranea che sorge spontanea agli angoli della campagna, mi rispose: "Per fare pulizia, così se ne scappano gli animali". Gli dissi che non poteva farlo e, passando dal tono normale a quello minaccioso, mi rispose che "a casa sua può fare quello che vuole". Tra l'altro costui, ma non solo lui, " metteva fuoco caso mai si mettesse fuoco".  Un concentrato, questo, di scienza filosofica e di contorsione mentale che farebbe impazzire anche uno come Freud: mettere fuoco perché sennò si può mettere fuoco!

Tutto questo, quindi, ruota su un modello mafioso fatto di paura, di minacce, di intimidazioni, di avvertimenti, di ammiccamenti, di omertà, di silenzi, di connivenze, di ritorsioni ...
Di questi criminali, piromani, quanti ne sono stati consegnati alla giustizia nel corso degli anni? O perché presi sul fatto, o dietro denunce, o dopo accurate indagini? Quante multe sono state fatte per gli incendi? Quanti verbali sono stati elevati?  Perché, a mio modesto parere, se non si perseguono questi crimini, se i piromani non sentono il fiato della legge sul collo, il fenomeno non verrà mai debellato. Di tutto questo quel convegno ha detto poco e niente; anzi c'è stato un momento in cui sembrava essere rimasti al mozzicone di sigaretta o alle grigliate del pic-nic, cioè agli albori della lotta agli incendi. La mappa dei fuochi, che sembra essere quasi completa,  serve perché quei luoghi debbano essere interdetti ad alcune attività, come da legge, o unicamente come statistica? In quella mappa ci sono solo gli incendi di vaste proporzioni o anche quelli di piccole proporzioni? E se sì, come mai su quei terreni il pecoraio continua a condurre, imperterrito, le sue capre subito dopo le prime piogge, esercitando, doppiamente, il pascolo abusivo? O il proprietario vi costruisce la sua casetta? O altro ancora?
Orbene, se la lotta agli incendi consiste solo nell'organizzare gli spegnimenti e non anche nel far pagare il prezzo del crimine a chi accende il fiammifero, allora, secondo il mio modesto parere, il Salento  continuerà a bruciare, un pò di meno, ma continuerà.

In questi giorni ci sono state le prime prove, una specie di preapertura della stagione incendiaria con il fuoco alle Cesine e Rauccio, e siamo ancora al mese di maggio. Questo è solo l'anticipo e, inoltre, chi compie questi atti criminali non è nemmeno fuori legge perché lo stato di grave pericolosità parte dal 15 giugno e va fino al 15 di settembre, come previsto dal decreto della Regione Puglia.
Tra l'altro, su questi ultimi casi, sembra che si stia indagando per vedere se ci sia stato dolo, in quanto se non vi è dolo non c'è bisogno di perseguire nessuno perché questi non sono considerati crimini messi in atto da delinquenti incalliti, bensì sono cose, gesti, fenomeni che fanno parte degli usi e costumi salentini, del folklore, delle consuetudini: accendere i fuochi nelle campagne è come ballare la pizzica, come buttare i pesticidi negli uliveti e poi fare l'olio di qualità, come i pezzetti di carne di cavallo, come i "ciciri e tria", come fave e cicorie, come le feste patronali, e così via.

Il dolo, quindi, non diventa un'aggravante ma è, invece, elemento essenziale perché l'incendio venga classificato come delitto; senza dolo, perciò, si tratta di acqua fresca, di numeri da casistica buoni per il convegno del prossimo anno in Prefettura. E sempre che il fuoco non si accenda  da solo perché, in tal caso, saremmo alla magia, alle stregonerie, alla  danza del fuoco, ancora non previste in casistica!

Il controllo del territorio è un'altra cosa. Il controllo del territorio, in pompa magna, non si fa solo da settembre a gennaio, quando ci sono i cacciatori da inseguire per vedere se lasciano il bossolo della cartuccia per  terra, perché il danno all'ambiente a causa di un bossolo non raccolto non è minimamente paragonabile alla devastazione di un incendio, piccolo o grande che sia, con dolo e senza dolo.

Una domanda è legittima: c'è carenza di normativa o carenza di controllo sul territorio?

Meno male, comunque, per l'impegno continuo dei pompieri e della protezione civile, ai quali dobbiamo essere grati se il nostro Salento non è ancora diventato, e speriamo non diventerà, un deserto.