"La verità sulla musealizzazione della 'Vittorio Veneto'"

BARI - L’opinione pubblica tarantina è rimasta molto colpita dalla notizia della Vittorio Veneto che salperebbe per altri lidi ottenendo a Trieste la meritata valorizzazione a museo galleggiant da soggetti privati e pubblici, mentre non è riuscita ad ottenerla a Taranto.
Premetto che sono d’accordo con l’amico amm. Faggioni: meglio Trieste che la sicura demolizione della nave, vorrei però capire quali risorse verranno impiegate e se la Marina Militare interverrà o meno sul vero scoglio che impedì nel 2009 il nostro progetto di musealizzazione: la bonifica integrale dall'amianto .
Ricostruisco storicamente la vicenda, visto che insieme all’Assessore regionale dell’epoca Massimo Ostillio, fui da Vice Sindaco di Taranto il promotore dei progetti di Area Vasta inviati alla Regione per il finanziamento, che allego alla presente.
I progetti approvati dalla Giunta Stefàno riguardavano, insieme all’Isola di San Paolo e gli ex Baraccamenti Cattolica restituite alla Città: il Veneto, come museo galleggiante nella cornice dell’ex Stazione Torpediniere, con il Magazzino Viveri raggiungibile da Villa Peripato (trasformato in Museo della Marina e del Mare e con un Acquario come quello di Genova) un sommergibile a terra e con le banchine usate per imbarcazioni di lusso.
Tutto un comprensorio (con il Borgo Antico, il Castello Aragonese e il Martà) attrezzato a ricevere un turismo di massa e di èlite, che ci poteva consentire una vera alternativa di sviluppo di Taranto alle criticità ambientali rappresentate dall’Ilva, che già allora avevamo individuato (vedesi le schede).
Come Comune, nel 2008 partecipai, nella sede romana della Regione Puglia, con l’Assessore Ostillio ad una riunione per siglare un Protocollo d’Intesa con il Ministero dei Beni Culturali  e la Marina Militare per ottenere i finanziamenti dello Stato sul progetto di musealizzazione del Veneto, che, però, doveva essere realizzato entro il 2011.
Sempre con Ostillio ottenni a Roma (febbraio 2009) un incontro con l’allora Sottocapo di S.M. della Marina (oggi Capo di S.M. della Difesa) Amm. Binelli Mantelli, che si dichiarò entusiasta del progetto, ma non nascose le sue difficoltà.
 Il progetto di fattibilità del Comune puntava a risparmiare risorse con la sigillatura e la messa in sicurezza dall’amianto di tutti gli ambienti sottostanti della nave, utilizzando solo i piani della cabina comando e quello del ponte di volo.
La Marina nel volere, invece, la bonifica integrale dell’amianto, cosi come impone il RINA per concedere nel passaggio ad una altro Ente del c.d. “bollino blu”, si impegnava a studiare con Navarm e Fincantieri il problema, per venire incontro alla nostre richiesta affinché i lavori di messa in sicurezza integrale della nave fossero fatti dall’Arsenale di Taranto a totale carico della Marina, dato che la Regione metteva a disposizione  14 milioni e servivano tutti per le opere a terra e per la musealizzazione della nave.
Nel frattempo come Comune incontrammo il direttore del Museo Marittimo di Genova, dott. Campodonico, che ci aiutò nel redigere un progetto di fattibilità, anche economico, per la trasformazione della nave in museo.
Non entro nel dettaglio dello stesso, ma il progetto si teneva, se oltre alla musealizzazione della nave, fosse partito in contemporanea il progetto del recupero alla Città dell’area ex Stazione Torpediniere che avrebbe consentito con le sue attrazioni l’accesso ad un numero consistente di visitatori paganti.
E qui nascono i problemi: la Marina, dimentica del Protocollo d’Intesa firmato con il Comune e la Regione nel 1992, ha difficoltà a concedere le banchine e la ex Stazione Torpediniere, anche per le banchine insufficienti presso la Nuova Stazione Navale.
Poi nonostante i vari solleciti, anche del Sindaco Stefàno, che scrisse a Berlusconi e al Ministro Larussa, il Governo non dà risposte ufficiali alla richiesta avanzata dal Comune e dalla Regione nella riunione romana del febbraio 2009.
 Per le vie brevi si viene a conoscenza che le risorse per la bonifica della nave sono ingenti e che la Marina, già sottoposta a tagli drastici dal Governo, non è in grado di stanziarle col suo bilancio. Figurarsi il Comune di Taranto in dissesto. Il colpo di grazia al progetto lo riceviamo infine dal Governo Berlusconi che “sequestra” i Fondi Fas regionali pugliesi (compreso quelli previsti per la nave) ed esclude Taranto dai finanziamenti statali per i festeggiamenti dei 150 anni dell’Unità d’Italia, stracciando di fatto il Protocollo d’Intesa sottoscritto a Roma.
Questi sono i fatti storici.
Oggi ci troviamo come e peggio di allora in un momento di crisi finanziaria.
Ma, come allora, ancora penso che Taranto, per essersi immolata alle esigenze della Nazione con l’Arsenale e con l’Ilva, ha diritto ad un risarcimento minimo dal Governo e lo può ottenere al tavolo romano del prossimo 11 Novembre.
Il Sindaco Stefàno, nell’ambito di un Accordo di Programma da firmare con il Governo e con la Regione Puglia, chieda al Presidente Letta che il Veneto sia bonificato, a spese dello Stato, e sia donato con l’ex Stazione Torpediniere a Taranto.
Il Presidente Vendola destini gli ex Fondi Fas, oggi restituiti alla Regione, come richiesto dall’ Area Vasta Tarantina, ai due progetti della Nave Veneto e  della Stazione Torpediniere, chiedendo al Governo di “nettizzare” quelle risorse per non incappare nei limiti del Patto di Stabilità.
Sarebbe il segno più tangibile e concreto ai tanti cittadini sfiduciati che non credono più nelle Istituzioni e alla speranza di un futuro diverso per Taranto.
Io continuo ancora a crederci…".
A riferirlo in una nota il consigliere regionale Alfredo Cervellera (SEL).

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