Ilva, “la Regione e il Comune di Taranto devono intervenire”

TARANTO - “L’ennesima decretazione d’urgenza del Governo sull’Ilva, pur avendo aspetti positivi per le garanzie offerte sulla copertura finanziaria per la realizzazione delle opere di risanamento previste dall’AIA, relega ad un ruolo subalterno ed insignificante la Regione Puglia, il Comune di Taranto e le Associazioni ambientaliste che si sono battute in questi anni per una fabbrica ecocompatibile, non più foriera di morte.
Innanzitutto, come ha già denunciato da Legambiente il Piano Ambientale viene rinviato al Febbraio del 2014, su di esso la Regione potrebbe esprimere, entro 7 giorni dalla richiesta, un parere assolutamente non vincolante per la definitiva approvazione.
Di qui a catena il ritardo nel presentare il Piano Industriale, che dovrebbe contenere le misure concrete, le risorse stanziate e il crono-programma necessario per il risanamento dell’Ilva.
Campa cavallo… e la sfiducia dei tarantini cresce, grazie anche agli “slooping”, cioè alle emissioni fuggitive nello stabilimento che impregnano l’aria e continuano a colorare sinistramente il cielo di Taranto!
Ma il punto fondamentale, sollevato da Legambiente, su cui il sub-commissario Ronchi, nella sua replica rivolta ai critici del precitato Decreto, volutamente glissa, è quello relativo “ alla drammatica beffa” del rinvio, sempre per decreto al secondo semestre del 2016, dell’applicazione della Legge sulla Valutazione del Danno Sanitario.
Cioè l’unico strumento, scientificamente provato in Usa presso le industrie siderurgiche che potrebbe indicarci con una proiezione futura se le misure AIA da attuarsi eliminerebbero i pericoli per la salute dei lavoratori dell’Ilva e dei cittadini di Taranto.
Il che significa che spenderemo miliardi per il risanamento e non avremo la certezza scientifica che centreremo l’obiettivo!
Già nel primo Rapporto sull’Ilva di Valutazione del Danno Sanitario, il professor Assennato ci mette in guardia affermando che nel 2016 al completamento delle misure AIA  oggi previste, rimarrà un rischio inaccettabile per la popolazione tarantina.
Allora perché, da subito, nel Piano Ambientale e poi in quello Industriale non cercare strade alternative per superare l’area a caldo fortemente inquinante e nociva per la salute?
Il Ministro Clini, quando ci voleva far ingoiare il rospo del primo Decreto “Salva-Ilva”, che tutto sommato dava garanzie nei tempi di attuazione dell’AIA, della VDS, delle multe poi revocate alla dirigenza Ilva e dell’Autority esterna, ci disse che l’Ilva doveva perseguire le migliori tecnologie per anticipare le norme europee, in vigore dal 2016 sulla siderurgia.
Perché allora nel Piano Ambientale scegliere il modello dello Stabilimento di Duisburg, che ha dovuto spostare di 2 Km le batterie e l’area a caldo dal centro abitato, e non Linz che convive con la città avendo adottato da tempo le nuove tecnologie Corex e Finex, che eliminano per sempre i pericoli del benzopirene e delle polveri sottili?
Su questo chiedo l’intervento del Presidente Vendola, che forte della citata Relazione Assennato e del ricorso della Regione e dell’Arpa sul Regolamento VDS, potrebbe richiedere al Ministro Orlando una rivisitazione del Piano Ambientale per ottenere in quello Industriale il superamento dell’area a caldo all’Ilva.
Così dicasi del Sindaco di Taranto, come può supinamente accettare che il nuovo Decreto 136/13 sull’Ilva definisca le enormi coperture dei parchi, i grattacieli mostruosi che si intendono realizzare alti 80 mt., larghi oltre 250 mt. e lunghi più di mezzo Km, solo volumi tecnici, non bisognevoli di autorizzazione urbanistica ?
Le pale eoliche che il Consiglio Comunale ha impedito di costruire a mare erano un abbellimento rispetto a questi nuovi “mostri” che si ergeranno nel paesaggio cittadino. Almeno tengano conto delle proposte alternative, come quella avanzata dagli urbanisti di coperture dei parchi con essenze vegetali e naturali.
Il Comune e la Regione reagiscano in tempi rapidi, a queste imposizioni verticistiche di un Governo che non si confronta più con le Istituzioni locali e con la società civile,  prima che si commettano errori irreparabili ed accorgersi alla fine del percorso di risanamento  dell’Ilva della presenza di rischi ormai più inaccettabili per i lavoratori e per la popolazione jonica.
Sarebbe dopo il danno una beffa insopportabile!". A riferirlo in una nota il consigliere regionale di SeL Alfredo Cervellera.

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