Forno spento, lavoratori Cementir Taranto in presidio fino a 9 gennaio

TARANTO - In attesa dell'incontro istituzionale che si terra' a Bari nella sede della Regione Puglia con azienda, sindacati e gli assessori regionali al lavoro Leo Caroli e sviluppo economico Loredana Capone, i lavoratori della Cementir di Taranto da oggi e fino al 9 di gennaio (data della riunione regionale) manterranno, insieme ai sindacati Feneal Uil, Filca Cisl e Fillea Cgil, un presidio di protesta davanti ai cancelli del cementificio sulla statale 106. Vito Galeandro, delle rappresentanze sindacali unitarie della Fillea Cgil, si dice preoccupato dalle informazioni giunte dalla direzione aziendale secondo le quali "il forno per la macinazione rimarra' spento dal 1° gennaio e fino almeno al 15 marzo 2014".

Fino ad allora la forza lavoro "sara' ridimensionata - afferma - come se la Cementir di Taranto fosse un centro di macinazione e non anche di produzione del cemento". Una situazione che Antonio Stasi, segretario generale della Fillea Cgil di Taranto, definisce "di grande pericolo" poiche' "un forno che viene spento, cosi' come viene addotto dall'azienda, per motivi tecnici - continua Stasi - in caso di manutenzione anche straordinaria non ci mette tutto questo tempo a ripartire, senza peraltro nessuna certezza della ripartenza dopo il 15 marzo. In piu' ci appare paradossale una situazione come questa in presenza di commesse gia' acquisite, come quella di 18mila tonnellate, e altre in itinere, con un forno spento e il clinker acquistato all'esterno dalla Buzzi di Barletta". Insomma i sindacati chiedono di vederci chiaro.

Intanto i lavoratori della Cementir chiedono all'azienda un incontro prima della seduta in Regione "perche' - spiega Stasi - mentre e' chiaro il grado di confusione che in questo momento regna sulle notizie che circolano in merito al futuro di questo stabilimento, non e' altrettanto chiaro il piano politico-aziendale che dovrebbe allontanare il rischio di possibili ridimensionamenti della forza lavoro e declassamenti dell'attuale asset aziendale".

L'azienda, infatti, dopo i piani di espansione del 2011 con investimenti per 200 milioni di euro del 'Progetto Taranto', oggi potrebbe trasformarsi in un centro di serie B con sola macinazione e non piu' produzione. "In quel caso - ricordano i sindacati - la forza lavoro si ridurrebbe del 70%. Uno smacco che Taranto non puo' permettersi il lusso di sostenere".

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