LA LETTERA | Chi ha paura della libertà?

di Paola Cristiano, Presidente Movimento Puglia - Il periodo storico che stiamo vivendo è caratterizzato non solo da una devastante crisi economica, che ha ferito in modo trasversale molte generazioni, ma anche da una profonda difficoltà nel riconoscersi in un modello di società che risulta ben distante da quel che serve all’uomo per sentirsi appagato. In realtà, la nostra Repubblica, nata dopo un lungo periodo di sofferenze, è sorta per restituire agli italiani quei diritti fondamentali per cui molti hanno dato la vita, caduti per una Patria, che oggi dovrebbe vergognarsi, perché forse non è degna di questo sacrificio. Lavoro, libertà, uguaglianza, salute, solidarietà, sicurezza, legalità, ambiente, cultura, sviluppo sono quei valori fondamentali su cui è stato costruito il nostro Paese e che, tuttavia, sono quotidianamente offesi e oltraggiati da una politica che, in tutti questi anni, non ha guardato all’uomo, alla sua realizzazione più piena, ma al profitto, che è divenuto unico metro di valutazione per ogni decisione da adottarsi, al fine di garantire la massima economicità del sistema. Per poi scoprire che, in molti casi, la politica è stata il mezzo per realizzare “il particulare”, avrebbe detto Machiavelli, quel tornaconto personale che ha tolto alla politica la fiducia necessaria ai cittadini per “affidarsi”. Si è così creata una razionalità burocratica che, se da un lato ha voluto rendere il sistema efficiente, dall’altro ha tolto ogni slancio alla libera iniziativa dei privati, letteralmente schiacciati dagli adempimenti e certificazioni; ha creato un grosso ostacolo all’occupazione, per attribuire, invece, ai burocrati un enorme potere, che in molti casi, ha generato clientele e corruzione, ma, soprattutto, sottrazione dei diritti dei cittadini. Il risultato qual è stato? Una crescente ottusità nel comprendere i problemi della gente comune, degli imprenditori, degli agricoltori, degli artigiani, dei liberi professionisti, dei medici, dei pazienti, degli insegnanti, degli studenti, dei lavoratori dipendenti. Una ottusità che ha messo in ginocchio un Paese intero, paralizzandolo in ogni suo agire e togliendogli la vera cosa che lo rendeva vivo: il lavoro. Una ottusità che consente di affermare che la responsabilità delle case distrutte dalle recenti piogge che hanno afflitto il nord d’Italia sono da rinvenirsi nei proprietari, dimenticando che i denari che gli stessi proprietari hanno versato per il condono, sono stati chiesti per pagare gli oneri di urbanizzazione che i Comuni dovevano utilizzare per metterli in sicurezza; o che applica senza logica l’imposizione della TASI sulle case distrutte per eventi naturali o accidentali (ultimo esempio, le abitazioni crollate 15 anni fa in viale Giotto, a Foggia). Una ottusità che, senza orgoglio, tollera la decisione degli agricoltori di far marcire i prodotti coltivati, anziché raccoglierli, per impossibilità a sostenere le spese; consente di ribassare il prezzo delle olive prodotte nel nostro sud, la loro vendita in nero, permettendo al nord il loro utilizzo per produrre olio di oliva nei loro frantoi, ingannando i consumatori, ma, quel che è peggio, svendendo non solo le olive, ma il nostro territorio e la sua preziosa identità, che, invece, dovrebbe ritrovare proprio nella terra e nel mare la fonte della sua crescita economica e sociale. Una ottusità che consente di costruire un apposito palazzo per l’Expo 2015, ennesima occasione di corruttele e sperpero, quando nel nostro Paese ci sono moltissimi edifici esistenti, che avrebbero potuto ospitare degnamente questa manifestazione internazionale, magari in più città italiane, mostrando non solo quanto sia vario il nostro paesaggio, ma quanto sia straordinariamente ricco nei suoi prodotti naturali, come in quelli artistici e culturali, con una inevitabile quanto propizia ricaduta economica su tutta la nazione. I fondi a ciò destinati, avrebbero potuto essere impiegati per potenziare i mezzi di trasporto e la viabilità (la Salerno - Reggio Calabria è ancora da ultimare, molte linee ferroviarie sono da elettrificare e la Bari – Ancona, come la Roma - Bari sono ancora da “riconciliare”). Una ottusità che esige che ultrasessantenni continuino a lavorare, impedendo ai giovani di entrare nel modo del lavoro, nonostante le competenze sempre più qualificate, perché non ci sono i fondi per erogare le pensioni. Una ottusità che non fa levare la voce contro una Europa che ci impone l’accoglienza di poveri migranti che non sappiamo dove e come ospitare, mancando le strutture e, soprattutto che non ci fornisce i mezzi per dare loro una degna accoglienza, con ciò provocando intuibili attriti tra i residenti italiani; si esige, però, il rispetto delle misure destinate al risollevamento economico dell’eurozona, pretendendo dai Paesi membri sacrifici enormi, riducendo molte persone alla miseria, dimenticando che nel preambolo della Carta fondamentale dei diritti dell’Unione europea è dichiarato che “l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà”, cercando altresì di “promuovere uno sviluppo equilibrato e sostenibile”. Da una prima analisi, tuttavia, non vi è né equilibrio, né sviluppo, almeno fino a quando non si realizzerà un fondo monetario europeo reale che sancirà la vera federazione degli Stati. Una ottusità che ci impone di tollerare un Parlamento dichiarato dalla Corte Costituzionale illegittimo, ma che opera ed incide pesantemente sulla vita dei cittadini attraverso decisioni che non sono il risultato di un programma politico accettato dagli elettori, ma letteralmente imposto da un governo di larghe intese, in cui tutto si confonde e da cui si promana, senza alcuna forma di partecipazione attiva da parte dei cittadini, i quali non riescono a riflettersi in questo ennesimo governo, privato di qualsivoglia significato di rappresentanza politica. Una ottusità che non approvvigiona di fondi gli istituti di eccellenza internazionalmente riconosciuta, come il CNAO, che prevede il pagamento di un semplice ticket per far accedere alla fecondazione eterologa le coppie desiderose di generare nuove creature, ma lascia in grande solitudine i malati di SLA che, solo dopo umilianti manifestazioni di piazza, ottengono qualche fondo per le cure e assistenza, grazie a qualche parlamentare più sensibile, lasciando alle famiglie e alle associazioni di volontariato tutto il peso della gestione delle malattie rare. Una ottusità che paragona la scuola ad una azienda, nella quale l’unico vero profitto da raggiungere non è il sapere e lo spirito critico delle nuove generazioni, ma il numero degli studenti per formare più classi, i progetti europei da utilizzare per poter attingere qualche soldo in più e dare un riconoscimento maggiore agli insegnanti che si premiano non per le loro qualità professionali dimostrate durante la vita scolastica, ma per il progetto che sono in grado di far approvare. Gli esempi da ricordare potrebbero essere ancora tanti, come la riforma della giustizia, settore che si vuole americanizzare sempre più, tradendo non solo le antiche radici del nostro sistema giuridico, ma facendo lavorare gli operatori del diritto in una continua incertezza nella sopravvenienza di norme e metodi che portano solo a elevarne i costi, riducendo inevitabilmente l’accesso al riconoscimento dei propri diritti, che sarà via via privilegio di pochi. Ciò che emerge è che si è creato un sistema fasullo, fondato su parametri che non corrispondono alla realtà, tanto nei fini, quanto nei mezzi. Per ripristinare una convivenza autenticamente democratica, dobbiamo lavorare per eliminare quel che Pasolini avrebbe definito come “il caos provocato dalla dittatura degli uomini medi”, dobbiamo emancipare la politica dai conformismi e dalle pratiche insignificanti che hanno omologato le masse, rendendole tutte così negativamente uguali che si ha quasi paura della libertà, avrebbe aggiunto Erich Fromm. Vogliamo a tutti i costi assimilarci a modelli di sviluppo che non ci appartengono, quando, invece, siamo i detentori di un patrimonio storico e culturale da cui possiamo ritrovare quei principi che hanno reso immensa la nostra civiltà e che possono farla rifiorire: potremmo parlare di “phronesis”, ad esempio, di quella “saggezza” e di quel senso della misura che ha da sempre caratterizzato la cultura classica e che consiste nella capacità di applicare i principi con moderazione, che stimola l’uomo a migliorarsi e che al contempo gli dà il limite del suo agire, nel perseguimento del bene migliore. Il Mediterraneo ha prodotto la cultura del concreto e dell’umano e la politica deve essere guidata da una visione di sistema, che oggi manca, da una idea forte e chiara che ponga al centro dell’attenzione l’uomo con le sue necessità e istanze, non solo nelle emergenze, ma sempre, costantemente. Serve aprire un’era illuminata dal senso della misura, necessario per garantire il progresso dell’uomo e il suo sviluppo personale e economico, per consentire a tutti la realizzazione del proprio progetto di vita, senza meccanismi che possano stritolarlo in falsi problemi che, pur tuttavia, lo relegano ad un forzato immobilismo e decadenza. È necessario riportare la politica nella polis, nel territorio, perché possa parlare con schiettezza e rispondere concretamente alle esigenze reali dei cittadini. Il tempo di dare speranza è finito: la politica ha il dovere di fornire risultati concreti, perché in questo consiste la sua funzione e la sua stessa esistenza; bisogna perciò impegnarsi a riempire di valore e di contenuti una politica che deve rinascere, nel segno della uguaglianza dei cittadini e della vera democrazia, che rende a tutti il diritto più grande, che oggi appare perduto, quello della libertà!

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