Interstellar: la recensione

di Frédéric Pascali - Una soffocante boccata d’aria. È la fantascienza firmata Christopher Nolan. Un maestoso affresco di un futuro neanche tanto lontano, dove i sentimenti e la fisica quantistica si ergono a baluardo per la salvezza dell’umanità. Ispirato da un trattato del fisico Kip Thorne, autore del soggetto, “Interstellar” è l’apoteosi della cultura americana della “nuova frontiera”, la narrazione epica di un viaggio verso l’ignoto con sullo sfondo il legame inossidabile di padre e figlia. Cooper, un ingegnere ex pilota di veicoli spaziali, si è per forza di cose riciclato nel mestiere dell’agricoltore. Le condizioni di vita sulla Terra sono in rapido peggioramento e la coltura del mais resta l’unica in grado di dare frutti e resistere all’incremento delle tempeste di sabbia. Con Cooper vivono i due figli, Tom e Murph, e il suocero, Donald. Un giorno uno strano fenomeno fisico, e la curiosità di Murph, conducono Cooper a incontrare il Prof. Brand, una sua vecchia conoscenza. Lo scienziato, della nuova NASA, propone al vecchio amico la partecipazione a una missione molto speciale. Dopo molte titubanze Cooper accetta. Guiderà una navicella verso l’esplorazione di una remota galassia. Ne va della salvezza del genere umano. È una missione senza certezza del ritorno e Murph ne è sconvolta. Dell’equipaggio fa parte anche la bella Amelia, biologa e figlia prediletta del Prof. Brand. Il viaggio cambierà la vita di entrambi e quella dell’intero genere umano. Mira diritto al cuore Christopher Nolan. Scava nelle nostre angosce più forti, la perdita di quanto ci è più caro, e le rappresenta in una storia che insieme al fratello Jonathan narra con il piglio della pellicola di successo. Non sufficiente per la categoria “capolavori” ma abbastanza per applaudire l’interpretazione di Matthew McConaughey, “Cooper”, e Jessica Chastain, “Murph”, senza dimenticare le altre superstar Anne Hathaway, Michael Caine e Matt Demon. Come sempre riconoscibilissima e magniloquente la colonna sonora di Hans Zimmer, molto azzeccata la fotografia di Hoyte Van Hoytema.

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