Governo battuto su senatori a vita
ROMA - Solo un fatto tecnico: è questa in sostanza la spiegazione addotta dalla minoranza del Partito Democratico per allontanare da se' lo spettro di un segnale politico a Palazzo Chigi. Resta il fatto che la cronaca di oggi registra il governo battuto in commissione Affari costituzionali alla Camera, sul voto di 2 emendamenti al ddl riforme, uno di Sel e l'altro della minoranza Pd, che eliminano dall'attuale testo del ddl i 5 senatori di nomina presidenziale, che rimangono in carica per 7 anni. Conseguenza formale, rispetto all'impianto delle riforme, e' dunque che, di fatto, con l'approvazione di questi due emendamenti il Senato sara sara' composto solo da 100 senatori eletti nei consigli regionali e non ci saranno piu', invece, i cinque senatori di nomina presidenziale. Era un "emendamento tecnico", quindi, "non e' un voto politico". Spiega cosi' l'accaduto l'esponente della minoranza Pd Alfredo D'Attorre. Tutti gli emendamenti inerenti la materia erano stati accantonati nella giornata di ieri per verificare se era possibile trovare un'intesa. "Erano emendamenti tecnici su cui c'era una larghissima condivisione, non si capisce perche' - osserva - il governo ha dato parere negativo. Quanto e' successo conferma che sui punti centrali della riforma la Commissione deve decidere. C'e' l'impegno di tutti nel Pd a non toccare i pilastri della riforma, ma deve prevalere la discussione in Commissione". D'Attorre ricorda quindi che "ci sono altri nodi" ancora da sciogliere e "mi auguro che l'atteggiamento dei relatori e del governo sia diverso, rimettendosi all'orientamento che emerge in Commissione". "Non ero presente alla votazione, ma non c'e' alcuna implicazione politica nel mancato voto", chiarisce Francesco Sanna.