The Martian: la recensione

di Frédéric Pascali - La stagione cinematografica dei viaggi nello Spazio non conosce pause e presenta un nuovo lavoro a firma del mito Ridley Scott. Tratto dal romanzo di Andy Weir, “L’uomo di Marte”, il “The Martian” del celebre regista britannico si iscrive al genere fantascientifico pur essendo molto prossimo alle vicende del nostro tempo.

La storia, sceneggiata con qualche affastellamento di troppo da Drew Goddard, poggia su di un nucleo che va oltre l’avventura in sé e scava in profondità fino a giungere alle radici delle relazioni umane,a quei punti di confine che solo i grandi drammi sanno mettere in rilievo.

L’equipaggio dell’Ares3, in esplorazione su Marte, a causa dello scatenarsi di una violentissima tempesta è costretto a troncare precipitosamente la propria missione. Nei momenti concitati che seguono l’astronauta Mark Watney viene colpito da dei detriti e, dopo averlo cercato inutilmente, e credendolo morto, viene dagli altri abbandonato sul pianeta rosso. Per Mark è l’inizio di una difficile lotta per sopravvivere almeno fino all’arrivo della successiva missione NASA, con pochissime scorte di cibo e con la difficoltà di comunicare con l’esterno. Le sue conoscenze scientifiche, è un botanico, e la sua forza mentale, lo tengono in vita e lo aiutano a riconnettersi con la Terra e con i suoi colleghi di Ares3, nel frattempo impegnati nel lungo viaggio di ritorno verso casa. In tutto il Mondo la notizia ha un’eco considerevole e sono in molti a offrire il proprio aiuto per il tentativo di recupero.

I 130 minuti di “The Martian” non annoiano e, nonostante i numerosi personaggi in campo, mantengono una linearità semplice e dal ritmo sostenuto. Ottima l’interpretazione di Matt Demon, “Mark Watney”, che è sembrato perfettamente a suo agio nel ruolo, aiutato in questo da oculate scelte di regia fatte di movimenti della macchina da presa sempre piuttosto eleganti e cadenzanti abilmente il dramma con le parti in commedia.

Per Ridley Scott un parziale riscatto, dopo i risultati al di sotto delle aspettative del precedente “Prometheus”, e il lascito, per noi, di uno Spazio non più tanto “profondo” come una volta.

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