Maxi-operazione ad Andria: sequestrati terreni, appartamenti, auto e gioielli


ANDRIA - Alla lunga, delinquere non paga. Questa la morale alla base di un importante provvedimento di confisca eseguito dai Carabinieri della Compagnia di Andria a carico di un 43enne pluripregiudicato del posto, noto alle cronache per il coinvolgimento in vicende di associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico, attualmente recluso a Bari, affiliato ad un noto clan locale. Una Masseria di lusso ubicata in una tenuta di 76 ettari di bosco, sita in c.da Bosco di Spirito (comprensiva degli arredi, elettrodomestici, impianti tecnologici in genere, suppellettili di pregio, monili in oro, gioielli, orologi e beni di altre utilità), due appartamenti ubicati in Andria, due terreni, un fabbricato rurale, due autovetture ed un motociclo, il tutto per un valore di 1,5 milioni di euro.

Questo il prezioso patrimonio diventato oggi, finalmente, di proprietà dello Stato. Il 3 marzo del 2011 i Carabinieri della Compagnia di Andria eseguirono un decreto di sequestro anticipato di beni mobili e immobili, per un valore di 1,5 milioni di euro, emesso dal Tribunale di Trani – Sezione per le Misure di Prevenzione, al quale seguì, nell’agosto del 2012, una confisca di primo grado sull’intero patrimonio riconducibile al 43enne. Il provvedimento venne adottato a conclusione di una più ampia indagine patrimoniale, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, che dimostrò come il Lapenna aveva intestato, ai familiari più stretti e ai prestanome di fiducia, le proprietà che venivano acquistate, secondo le indagini, con i proventi del traffico delle sostanze stupefacenti.

Al termine del lungo iter giudiziario, la Corte di Cassazione – condividendo le risultanze istruttorie degli inquirenti e la legittimità dei pronunciamenti – ha confermato, in via definitiva, il provvedimento ablativo nei confronti dell’uomo.
Gli accertamenti patrimoniali eseguiti dai Carabinieri di Andria e dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, utilizzando la norma introdotta con il “Pacchetto Sicurezza”, che consente di "aggredire" i patrimoni di tutti i soggetti che vivono abitualmente con i proventi di attività delittuose, avevano infatti evidenziato come il 43enne, nel tempo, aveva mantenuto un tenore di vita notevolmente superiore alle proprie reali possibilità economico-finanziarie e capacità reddituali.

Le indagini hanno inoltre evidenziato che l’uomo aveva sempre dichiarato redditi imponibili nulli, ovvero ai limiti della soglia di povertà, a conferma della palese sproporzione tra quanto dichiarato rispetto al valore economico dei beni sottoposti a sequestro. L’intero patrimonio confiscato è attualmente affidato all’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Gestione dei Beni confiscati alla criminalità organizzata con sede in Reggio Calabria.

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