OPINIONE. Brexit, il the end dell'Europa elitaria e usuraia

di FRANCESCO GRECO —  Non si capiscono i languidi peana e i lai alti al cielo di fuoco dell'estate 2016 dopo che il popolo britannico ha deciso per la Brexit. Sembrano gargarismi di maniera di chi cade dalle nuvole, perché prima viveva su Marte.

Col contorno grottesco dei commenti quando si sperava (tifava) il Remain (Gianni Pittella, per dire, si lisciava l'asso commentando il pio desiderio del 53% di anti: citazione delle bandierine di Emilio Fede alle Regionali del 2005). E il terrorismo psicologico di alcuni ex capi di Stato e di governo italiettani per i quali i popoli vanno “commissariati”, sono lesionati, non possono esprimersi su temi importanti, di sostanza, ma solo sulla formazione dell'Italia al bar sport.

E la solita, rozza spocchia di chi, quando i popoli non si fanno lavare il cervello, e decidono di pancia (ed è questo il caso), dal pensiero dominante, unico (il loro, ovvio) sono feccia populista e inaffidabile, da “educare”.

La Brexit non è una tragedia, come viene letta. Se tutto ha un inizio e una fine, dopo 60 anni è il the end dell'UE, o almeno dell'interpretazione che se ne dava. La Storia ha voluto che sia toccato ai britannici rottamare un'idea di Europa imposta dalla globalizzazione (è un caso se la City spingeva per il Remain?).

Gli inglesi son tutti noi, loro l'hanno fatto per noi. Grazie! Hanno aperto il recinto, i buoi cominciano a scappare e a effetto-domino altri popoli continueranno a farlo (se gli italiani andranno alle urne, altro che il 52%), perché la maionese ormai è impazzita.

Fu un errore allargarla a 28, ma accadde per l'avidità dei globalizzatori, sempre in cerca di nuovi mercati dove piazzare le loro merci. L'Impero non franò anche perché l'orizzonte era divenuto sconfinato? E l'Impero aveva brain, think-thank, oggi solo scarabocchi.

Diciamolo: il processo di necrosi è attivo almeno dal 1999 (euro): l'ideale è morto da allora, svaporato dal cuore dei popoli: l'Europa verticistica, burocratica, di banchieri e usurai, massoni e affamatori dei popoli, avidi di privilegi e benefit, di accrescerli smodatamente, chiusi nella loro turris eburnea, intenti a decretare sui cetrioli.

Questa UE è percepita come un'entità astratta, metafisica, che vaga nell'iperuranio. Che ci sia lo si dice, ma dove sia nessun lo sa... Che si dissolva non è colpa dei popoli: essi sono vittime, non carnefici e dovrebbero essere loro a infuriarsi con chi ha tradito il pensiero dei padri costituenti (Roma 1957), deviato dai loro format di condivisione e solidarietà.

I sudditi di Sua Maestà sono solo i notai della fine, decretata prima da falangi di burocrati fuori dal mondo, che si parlano addosso, che legiferano sull'abbattimento degli ulivi secolari del Sud, che vietano di coltivare il nostro orto, ecc. Il sogno era già stato relativizzato: gli inglesi si sono hanno solo pagato il funerale.

Ora i cortigiani cercano nelle periferie d'Europa le ragioni del default, ma dove stavano quando il welfare era disfatto dalle politiche del rigore e i patti di stabilità, da destra e sinistra, di cui tessevano gli elogi, la necessità, l'urgenza? Dettati dai mercati, il liberismo darwiniano, le ristrutturazioni dei grandi gruppi industriali, dalla globalizzazione degli appetiti e degli egoismi castali, di lobby assetate, logge dice Salvini, di cui ci hanno narrato la bontà cantando le gesta di affamatori, le armi e gli amori dei tagliatori di teste? Spesso denunciato anche dal papa?

La Brexit non è la causa del tramonto di un'Europa elitaria e supponente, ma l'effetto. I popoli incazzati han mostrato di essere protagonisti, di non farsi passare il cloroformio da questa classe politica che per giustificare l'insuccesso evoca finanche la stregoneria.

L'Europa l'hanno uccisa loro che mandano a Bruxelles le terze e quarte file, attori senza ingaggi e cantanti neomelodici giusto per la pensione: gli interessi dei pochi imposti con la forza della propaganda ai molti, a 500 milioni di sudditi incolpevoli, figli di un dio minore, spinti nella precarietà, la disperazione, la fame, alla morte poiché milioni di persone non possono curarsi. Voler colpevolizzare i popoli è aberrante, intellettualmente disonesto.

Ora si smettano il prima possibile le gramaglie del lutto e si lavori per far rinascere l'UE ma su altre direzioni. Se la fine è un inizio, si deve rimodulare una nuova idea di Continente, su altri parametri, dalla base e i suoi interessi e solo quelli, rovesciando la piramide al cui vertice ci sono quattro gatti: i partiti, i politici servi delle lobby che depredano la ricchezza sociale che i popoli producono, le caste chiuse dei bramini che dominano, asservono, depredano, uccidono: tutto meno che i popoli a cui si toglie pane, dignità, futuro.

Invece si indugia a fare i conti della serva, sino all'ultimo centesimo (tipico degli usurai) sui costi della Brexit anche nel paesello sperduto, e il castello di carte viene giù tutto. L'imperativo è ri-costruire l'Europa dei popoli: la sfida eccitante dei prossimi anni.

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