OPINIONI. Referendum, "Giù le mani dal voto degli emigranti"

di ANTONIO NEGRO - Mai come in questo momento il voto degli italiani all’estero è stato oggetto di tante attenzioni. Secondo alcuni il "SI" al referendum costituzionale del 4 dicembre potrebbe vincere proprio a causa del voto degli emigrati
italiani nel mondo.
 
Ecco, quindi, che per gli avversari di Renzi si dovrebbe abolire la norma che consente di votare all’estero. La conquista del diritto di voto all’estero è una pietra miliare nella storia dell’emigrazione italiana nel mondo.
 
Sono testimone diretto e artefice della battaglia per il diritto di voto agli emigrati. Quando, con alcuni amici e compagni della Uil, iniziammo questa battaglia da Zurigo, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli anni '80, venni duramente attaccato da chi si opponeva e fui minacciato di espulsione dal mio stesso partito, il PSI.
 
Ma sui diritti politici e civili non potevamo lasciare il primato a nessuno, come socialisti e come sindacalisti. Il merito della legge sul voto all’estero fu, giustamente, attribuito all'on. Mirko Tremaglia, ma perché a sinistra non c’era né convinzione né capacità di vedere in positivo questa realtà.
 
Il motto della Uil in quegli anni era: “Partecipare per cambiare !“. Noi, della Uil Svizzera lo adattammo alla situazione dell’emigrazione e lo trasformammo così: “Partecipare = diritto di voto!”. Fu un successo.
 
A milioni di italiani espulsi dal processo economico e sociale del proprio Paese veniva negato anche il diritto politico minimo, quello di partecipare a pieno titolo alle elezioni. Scartati dalla società in tutti i sensi, ma buoni per le rimesse.
 
La nostra proposta era semplice: o diritto di voto per il paese d’origine o diritto di voto per il paese di accoglienza. Senza nessuna di queste due possibilità gli emigrati restavano nella terra di nessuno, buoni solo per lo sfruttamento economico e come braccia per il processo produttivo: nè carne né pesce, una nullità senza diritti civili e politici. Apolidi, ma con lo stato civile in ordine.
 
Le sinistre miopi si opponevano per paura che la destra di allora (il Msi) prendesse molti più voti, perché c’era l’opinione diffusa che le comunità italiane delle Americhe fossero sotto il diretto controllo dei fascisti. Come dire: non sei di sinistra? Allora niente diritti civili e politici.

Mi ha sorpreso la dichiarazione di qualche tempo fa di Emma Bonino, che stimo e apprezzo, su tale argomento che suonava più o meno così: se non pagano le tasse in Italia non vedo perché debbano poter votare…
 
A parte il fatto che ci sono tanti evasori che votano tranquillamente, non capisco come proprio lei la veda in questo modo. Lei, paladina dei diritti civili e politici nel mondo e componente del partito radicale transnazionale!
 
E le rimesse? Forse non lo sa, molti non sanno, che nei primi anni del ‘900 (dal 1900 al 1912) le entrate per le rimesse degli emigrati superavano quelle delle entrate fiscali dello stato.

E’ una tesi che non regge: i diritti civili e politici vengono prima e vanno oltre il concetto di mera contabilità fiscalità.
 
Le motivazioni contro il voto degli italiani all’estero, ancorché banali, sorprendono ogni volta. E’ anche venuta fuori la storia dei brogli, sorretta dalla relazione dell’ambasciatrice Cristina Ravaglia.

E’ positivo il fatto che un diplomatico si occupi delle questioni relative alla comunità italiana all’estero: negli anni in cui ero a Zurigo, si contavano sulle dita di una mano i diplomatici che avevano a cuore le sorti delle proprie comunità. Tuttavia, c’era chi, tra un impegno di rappresentanza e un cocktail, riusciva a dedicare qualche tempo ai problemi del l’emigrazione.
 
Non fu così, purtroppo, in Argentina, quando si trattò di scegliere l’idioma nazionale. Non tutti, infatti, sanno che in Argentina non si parla l’italiano perché, nel mentre l’allora ambasciatore spagnolo spedì con solerzia la lettera di richieste al governo di Madrid, quello italiano la dimenticò nel cassetto della sua scrivania di Buenos Aires.

L’Italia è piena di brogli: inchieste, indagini, riconta dei voti, voti di scambio, amministrazioni sciolte per mafia, brogli alle primarie, come in questi giorni per i 5stelle di Palermo, sono all’ordine del giorno! Ma dove si punta il dito? Sul voto degli italiani all’estero per qualche scheda in più o in meno!
 
Beppe Grillo e il "Fatto Quotidiano" masticano poco la materia dell’emigrazione. Essa è così vasta e complessa che non si può ridurre alla semplice proposta di negazione del diritto di voto all’estero sol perché gli emigrati non votano come noi vorremmo. E’ un approccio superficiale e offende milioni e milioni di italiani nel mondo che hanno contribuito e contribuiscono a fare grande l’Italia, senza chiedere nulla in cambio.
 
Nel voto degli italiani all’estero c’è qualche errore? Qualche inesattezza? Qualche broglio? Invece di correggerli si fa prima a cancellare direttamente il diritto di voto a milioni di cittadini! Naturalmente, se tra gli emigrati dovesse prevalere il NO, i detrattori sarebbero i primi a ricredersi delle loro idee.

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