OPINIONI. I mostri della porta accanto

di FRANCESCO GRECO - Dai giornali: “Nel piccolo ospedale dove tutti sapevano”. Sapevano ma tacevano, perché ci siamo dati una civiltà modulata sui silenzi, spesso l'omertà. Un'infermiera in verità ha parlato, ma è stata minacciata: “Qui avrai vita breve... Ti auguro un cancro all'utero”.

Così a Saronno (Varese) un medico anestesista e un'infermiera divenuti amanti (la notte gli ospedali sono magnifiche alcove, se si riesce a farlo mentre nella stanza accanto qualcuno agonizza o chiede il pappagallo), avrebbero commesso tranquillamente orrendi delitti donando l'eutanasia a chi non l'aveva chiesta.

Tre vecchi malati e il marito della donna, convinto di avere il diabete e, anima candida, si faceva curare a pro domo sua da cotanta moglie. Stessa sorte forse attendeva la mamma e la zia di lei e il padre di lui: la ditta però non sapeva che fare dei cadaveri: “Da noi l'umido passa una volta alla settimana e non abbiamo più i maiali”, diceva lei. Lo zio finito nella vasca dei maiali dell'azienda agricola forse non fu un caso. Impossibile saperne di più: marito e zio sono stati cremati. E si indaga anche su altri decessi sospetti.

Ancora dai giornali: “Patto di amore e morte in corsia, cocktail letali per quattro pazienti”. Gli apprendisti stregoni l'avevano chiamato “protocollo Cazzaniga”: un intruglio di cloropromezina, midazolam, propofol, morfina e promaziona. La banalità del male sconvolge ogni volta noi poveracci che con una goccia di sangue sveniamo.

Poi dice che le intercettazioni non sono utili: Sentite l'infermiera: “Ogni tanto devo uccidere qualcuno...”. Così, per noia, fra un salto dall'estetista e un po' di shopping in centro. Il Dottor Morte invece ama Eschilo e Sofocle e si sente Dio. Guardi le loro foto dai giornali: sembrano i vicini della porta accanto. Lombroso ci ha corrotti: aspettiamo di vedere i mostri già dai tratti somatici: nulla di più errato. Sono normali come noi.

“Era sempre disponibile con chi soffre”, dicono in corsia. Più disponibile di così si muore... Un classico: l'assassino è sempre un pezzo di pane, elegante, educato, saluta tutti. Lo dicono il portiere e i vicini di casa. Innamorata pazza, lei ha chiesto al suo lui se i suoi due figli fossero un ostacolo alla passione, come fosse pronta a sacrificarli sull'ara pagana, novella Medea, dopo averli svezzati all'orrore, si presume, con i videogiochi più violenti e truculenti. Il bambino ogni tanto si lagnava: “Mamma, non darmi più quelle pasticche che non ce la faccio ad alzarmi...”.

In un insospettato sussulto di pietas, l'ex anestesista avrebbe detto no, lasciamoli vivere. Magari lei glielo avrebbe fatto come regalo di Natale, lui stava pensando a un bel visone?

Al di là di quello che accadrà ora che sono stati arrestati e che lui ha detto di aver avuto pietà di vecchi ridotti e larve e lei tace, questo episodio di cronaca nel profondo Nord (quando accadevano al Sud il moralismo si sprecava, ora sono “normali”: viva l'unità d'Italia!) svela il tempo che attraversiamo confusi e irati più di mille tomi di sociologia e antropologia.

A volerlo scannerizzare, c'è il baratro del XXI secolo e un giorno, quando nelle emeroteche i posteri troveranno i giornali di questo autunno 2016 si accorgeranno di avere fra le mani un documento dalle decodificazioni infinite, che dice tutto del nostro tempo.

Nel puzzle c'è la società cieca, che non vede i mostri della porta accanto, muta e sorda a ogni parola ormai nuda di senso - tanto che l'inchiesta interna si è risolta in una bolla di sapone - ormai così atomizzata e sfatta dalla solitudine, ripiegata su se stessa, da non sapere quel che avviene a due passi. Ci si gira dall'altra parte con fastidio: non c'è tempo da perdere, tutti in carriera, tutti in calore.
Qualcuno ha parlato, ma le sue parole sono state oscurate dal rumore di fondo dei media e dalla virtualità che ci avvolgono come infido peplo: i social, la fiction, il Grande Fratello, il talent: insomma, la spazzatura che corrode la nostra anima come un veleno pervasivo che non conosce mitridatizzazioni, orrida sovrastruttura trasfigurata nella religione del nostro tempo.

C'è poi il delirio di onnipotenza e la certezza dell'impunità di chi è così folle da ergersi a dispensatore della morte credendosi un benefattore dell'umanità: quei poveracci soffrivano, sarebbero morti lo stesso, erano a fine vita e quindi potrà essere letto come un gesto colmo di bontà. Echi della saponificatrice di Correggio.

E c'è la fine, o il relativismo, di ogni autorità: il sonno della ragione che genera mostri e la nostra vita ne è colma. Oggi l'uomo non ha alcuna morale né freni inibitori, è abbandonato a se stesso, ai suoi istinti peggiori: non ci sono padri, maestri e anche Dio è sociologico. Nulla lo trattiene dal baratro, perché solo. Abbiamo costruito una società di lupi della steppa dominati dal vuoto interiore, dal deserto dei disvalori, dal nulla cioraniano. Ecco i risultati.

E non poteva mancare un'altra costante della nostra epoca ispida “come cocci di bottiglia” direbbe Eugenio Montale. La fuga dalle responsabilità di chi avrebbe dovuto controllare, ma anche della società civile intorpidita dalla tv spazzatura. Che ci coinvolge tutti, è strutturale, un'etica diffusa: dal furbetto del cartellino al burocrate che non firma un papello. Ormai stiamo tutti sull'Aventino.
Vero è che quello di Saronno era un ospedale alla deriva, ridotto a un cronicario, spogliato di tutto dalla politica peggiore, “i portaborse” dice il chirurgo Fausto Galli che sta andando in pensione.

Oggi si lavora senza passione, solo per lo stipendio, si timbra il budge e si scappa al centro commerciale, la palestra, la farm, i cavoli nostri. Perché i posti di lavoro sono ottenuti mafiosamente, comprati o con concorsi truccati, o su raccomandazione del boss politico o mafioso. Chi dovrebbe controllare spesso è peggio di noi. Anche così è ridotta in certe realtà la sanità: Vengono i brividi a pensare che in questo momento altri “angeli della morte” potrebbero arrabattarsi col “protocollo Cazzaniga”.

E infine c'è l'impotenza in cui siamo immersi, come società e come individui presi uno a uno. Solo quando accadono questi orrori la collettività pavida emerge dal sonno per esprimere uno stupore ciclostilato e ricadere immediatamente nell'ignavia.

Su di noi cloni smarriti adesso arriverà il diluvio di quei programmi pomeridiani dove, telecamera puntata sul luogo dell'orrore, croniste d'assalto spacceranno per scoop banalità da bar sport.

Una patologia su cui i “mostri” possono sempre contare per essere umanizzati e ricevere in carcere pacchi di lettere solidali da altri fuori di testa. Da tali episodi poi si spreme un succo di audience che sarà venduto ai produttori di mortadella.

Come con Sara Scazzi, Yara Gambirasio, Fortuna e tante altre, la signora D'Urso e co. ciacoleranno nei tinelli italiani tutti i pomeriggi da qui all'eternità, sino al prossimo orrore, in una catena di montaggio che ci frulla come le montagne russe.

Con l'opzione, direbbe Totò, perché la mostruosità è seriale: dopo Fausta Bonino, Daniela Poggiali e Angelo Stazzi ecco Angela Taroni, mentre un'altra infermiera già si profila all'orizzonte armeggiando col potassio o la morfina.

Il lavoro non manca, grazie a Dio a cui abbiamo sottratto ogni potere sulla vita e la morte in nome di un libero arbitrio che ci ha prostrati sino alle soglie del nulla. Un alito di vento ed è finita.

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