Papa Francesco: "Lecito stop cure se non proporzionali"

CDV - Papa Francesco ricorda come sia "moralmente lecito rinunciare all'applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito "proporzionalità delle cure".

Il Pontefice esprime il suo pensiero nel messaggio al convegno sul "fine vita" promosso dalla Pontificia Accademia invocando "un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona".

“Oggi – scrive Jorge Mario Bergoglio – è anche possibile protrarre la vita in condizioni che in passato non si potevano neanche immaginare. Gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute. Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona”.

“Il Papa Pio XII”, ha detto Francesco, “in un memorabile discorso rivolto 60 anni fa ad anestesisti e rianimatori, affermò che non c’è obbligo di impiegare sempre tutti i mezzi terapeutici potenzialmente disponibili e che, in casi ben determinati, è lecito astenersene.

E’ dunque moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito ‘proporzionalità delle cure'”, ha proseguito il Papa citando la dichiarazione sull’eutnasia pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 5 maggio 1980.

“L’aspetto peculiare di tale criterio è che prende in considerazione ‘il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell’ammalato e delle sue forze fisiche e morali’. Consente quindi di giungere a una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all”accanimento terapeutico”.

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