Licenziamento lavoratore Ikea Bari, "Impotenza più completa istituzioni"

BARI - "Qui, a Bari come altrove, assistiamo all’impotenza delle istituzioni, dei governi e dei sindacati di fronte a situazioni di inaudita gravità e azioni di spietata arroganza da parte dei padroni e delle multinazionali. Migliaia di lavoratori che da un giorno all’altro sono messi sulla strada, lavoratori interinali o con contratti precari , spremuti con gli straordinari e con turni disumani  poi buttati via, con contratti, diritti e dignità  calpestati.  Questo accade in aziende come la ex OM, la BOSCH, la TRANSCOM, la BRIDGESTONE, l'OERLICON, a solo indicarne qualcuna,  e poi c'è l'IKEA, quella del modello svedese". Lo dichiara in una nota il prof. Luigi Liantonio, Prc.

"Quella IKEA - prosegue la nota - che per molti italiani ha rappresentato qualcosa di più di una azienda del mobile, avendo permesso a migliaia di giovani coppie di arredare la prima casa con gusto spendendo poco, che con il suo ristorantino ed i suoi prodotti tipici svedesi  ha ospitato famiglie e amici, quella che, esponendo manifesti che rappresentavano emancipazione sociale e concezione di vita straordinariamente progressisti, aveva catturato una diffusa  simpatia e fiducia e moltiplicato i suoi clienti.
Un'azienda con una ventina di sfavillanti presidi in Italia (l’Italia è uno dei suoi maggiori clienti),  con circa 7000 dipendenti  ed un indotto imponente, ingenti arrivi di merci, fatturati da capogiro,  un vero impero.
Ma oggi, è un impero che se da un lato ancora splende, dall'altro proietta ombre lunghe che colpiscono drammaticamente i suoi dipendenti, un tempo anche loro al centro della strategia aziendale sullo stesso piano del cliente.
Il nuovo modello svedese che:
 licenzia a bruciapelo una lavoratrice con 17 anni di anzianità, madre separata con due figli a carico di cui uno disabile, che aveva più volte segnalato il problema di non riuscire ad essere contemporaneamente in servizio e ad accompagnare i figli a scuola, rea di non aver rispettato per due volte il turno di lavoro assegnatole. La risposta, davvero poco svedese, è stata, dopo vari rimpalli, la consegna di una lettera di licenziamento in tronco,
comunica, con semplici avvisi affissi nella bacheca aziendale,  ai lavoratori con contratto in scadenza, che  a fine anno non saranno più prorogati,
 determina condizioni di lavoro sempre peggiori, cambi repentini di reparto, orari disagiati, aperture selvagge anche in giornate festive (l’azienda aveva in origine sempre tenuto le saracinesche abbassate anche per rispetto alle esigenze di riposo degli addetti).
disdetta il contratto integrativo aziendale per abbassare i salari  dei lavoratori
usa i contratti di lavoro di un mese rinnovabili a discrezione dell’azienda
licenzia un lavoratore con 2 figli a carico per aver ritardato di 5 minuti  il rientro dalla pausa pranzo
licenzia una lavoratrice con 26 anni di servizio dopo averla prima immotivatamente  demansionata,
mostra una totale inversione di tendenza che butta nel compattatore storia e mission aziendale in nome della ricerca spasmodica  del profitto".

"E pensare - spiega Liantonio - che in tutta la penisola  gli enti locali hanno steso tappeti all'insediamento Ikea,  e che a Bari come altrove la multinazionale svedese ha usufruito di una barca di contributi pubblici. Fondi pubblici regionali per corsi di formazione per il personale da assumere e opere pubbliche realizzate ad hoc per l’apertura della sede di Mungivacca (vedi viabilità, parcheggi, trenini, ecc).
Ma se accade tutto questo, se una madre viene licenziata per due ore di ritardo accumulate per accudire i figli e se una  dipendente quadro aziendale che ha con diligenza, lavorato per oltre un trentennio in Ikea, viene licenziata senza giustificato motivo, la vera causa  a nostro avviso sta nel fatto che la dirigenza  Ikea ha capito che in Italia si può fare impunemente ciò che si vuole ai lavoratori dipendenti, anche terrorizzarli. Hanno capito che si può sfruttare il lavoro all’estremo, rimanendo dentro un quadro di apparente legalità, cose aberranti e antisociali pur restando nel rispetto delle nuove leggi in materia di lavoro.
Sulle miserie dell'Ikea, ci limitiamo a dire che non abbiamo mai creduto alla filantropia di questa multinazionale svedese, e che, a nostro avviso, l’apparente emancipazione sociale su cui questa azienda ha fondato il suo successo erano ipocrisia allo stato puro:  l'Ikea e le altre multinazionali, considerano i diritti dei lavoratori come un ostacolo all'arricchimento e i governi che si sono succeduti, Berlusconi, Monti e Renzi, si sono comportati da zerbini al servizio del grande capitale.
Come Partito della Rifondazione Comunista, esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai  lavoratori, augurando loro di ottenere il reintegro al lavoro. Ribadiamo però come ciò a cui si assiste sia il risultato delle deregolamentazioni del lavoro, a partire dalla cancellazione dei contratti nazionali, dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, fino allo scellerato jobs act che sancisce per legge la precarietà. Provvedimenti a cui ci siamo sempre opposti e continueremo a farlo, la cui responsabilità ricade tutta sulle manomissioni operate dai governi, compreso il governo Gentiloni, che ha compiuto anche uno scippo di democrazia impedendo, su questi argomenti, il regolare svolgimento di referendum quando più di un milione di cittadini avevano raccolto le firme contro la precarietà su iniziativa della Cgil la scorsa stagione.
Più in generale, occorre con sempre maggior forza battersi per la riconquista dell’articolo 18 in tutta la sua pienezza, cancellare le leggi Fornero sulle pensioni e redistribuire il lavoro e il reddito esistente: lavorare meno, lavorare tutti, lavorare meglio", conclude Liantonio.

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