Torre di Salignano, a lezione da 'Malepesce' e 'Pistolero'


di FRANCESCO GRECO - SALIGNANO (LE). I gesti lenti, solenni di “Malepesce” intimidiscono, inducono al silenzio. In un angolo della vecchia Torre cinquecentesca di Salignano (una delle frazioni di Castrignano del Capo, con S. Maria di Leuca e Giuliano), l’antropologa francese Francoise Serrero osserva attenta e sorride: sa quanto antico è quel modo di intrecciare i teneri “ristinchi” (lentischi) e il più resistente “sciuncu” (giunco) che cresce nelle paludi per fare le nasse, e che gli stessi gesti, e gli stessi materiali e tecniche sono usati dai pescatori in tutti i porti del Mediterraneo e l’Adriatico, da Istanbul a Tripoli, da Valona a Salonicco.

“Liquilab” (Bottega di Memorie e Identità Giovanili, sedi a Tricase e a Giuliano di Lecce), il cui suggestivo concept è intrecciare echi e radici del passato contaminandoli agli input artistici ed estetici del presente e fra le iniziative della programmazione 2017-2018 nel progetto “InPuglia365”, ha coinvolto l’associazione “Sud Salento”, che da anni lavora al recupero della memoria, l’identità, le tradizioni nel territorio e organizza i laboratori per imparare a  costruire le nasse e i cesti, e con il patrocinio del Comune di Castrignano del Capo, ha programmato una full immersion con lo stesso scopo: il passaggio di conoscenza fra vecchie e nuove generazioni.
 
Nella Leukòs dell’altro secolo, questo lavoro dava il pane a una quarantina di famiglie di pescatori, che vi si dedicavano quando d’inverno il mare era troppo  agitato per uscire al largo verso le secche “du Pasulu” per buttare reti, tramacchiati, nasse d’ogni grandezza.
 
Gli ultimi maestri sono qui, nella vecchia Torre cuore di Salignano, a mostrare a grandi (il poeta di Castrignano Vittorio Buccarello ha superato le 70 primavere) e piccini l’antica arte.
Intensi occhi blu, “Malepesce”, detto anche “Occhio di verdesca”, è Antonio Margarito e ha 90 anni. L’altro maestro è più giovane, è suo cugino, si chiama Mario Margarito, detto “Pistolero” perché ha la stazza di un attore da film western anni ‘60.
 
Entrambi hanno una pazienza da saggi zen: spiegano che lo spago sottile (detto “Furesa”) ogni tanto va bagnato nell’acqua per essere più morbido e che i lentischi vanno “spellati” per essere più maneggevoli e facili da intrecciare.
 
Francoise è venuta da Parigi, Alessandro da Varsavia, c’è anche Donatella col marito Francesco: è una bellissima ragazza che ha fatto la modella. L’assessore comunale ai servizi sociali Mina De Maria è sempre presente nelle occasioni importanti. Assente giustificata Rosanna Schina, che da settembre 2015 a luglio 2016 organizzò un corso, molto seguito, sull’intreccio del giunco e sulla vela latina.
 
La nassa pian piano prende forma e mentre si osservano le abili mani di “Malepesce” e del “Pistolero” le storie di mare del passato, i fascinosi storytelling si intrecciano come giunchi e lentischi. Si scopre così che nel Cinquecento, al largo delle coste di Leuca, c’erano banchi di corallo bianco e di riflesso un commercio legato alla sua lavorazione. Oggi qualcuno pensa di averlo ritrovato, e sarebbe una bella notizia, perché significherebbe che le acque sono pulite, per cui fra poco la lavorazione artigianale potrebbe tornare e il corallo ricomparire nelle vetrine dei negozi.
Ma si parla anche di un museo del mare, il materiale, da Enea alla sirena Leucasia, alla Torre dell’Omomorto, non mancherebbe.
 
E il giunco? Anche questo prezioso elemento della natura che cresce a Torre Pali (Jonio) e a Frigole (Adriatico). Quello più sottile (paleddu) era ricercato per la lavorazione delle sporte e dei fiscoli usati nei frantoi. C’era un ricco commercio con l’Albania da cui si importava, perché quello del luogo non era sufficiente.
 
Il passato dunque ritorna, il tempo ha una modulazione circolare come diceva il grande scrittore colombiano Gabriel Garcìa-Màrquez (“Cent’anni di solitudine”).

Questi corsi servono anche per cogliere le opportunità offerte appunto dal passato, visto che il presente offre solo precarietà e sfruttamento.
 
La serata si è conclusa con la famosa zuppa di pesce del “Pistolero”, a far da controcanto, il Negroamaro e i brindisi fino a notte: l’una e l’altro eccellenze di un territorio che ne è ricco, ma non sempre lo sa. Santé!

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