Analisi: Rosatellum, un Porcellum al quadrato

di FRANCESCO GRECO - Vedi alla voce: “restaurazione”. Il “Rosatellum”, il sistema elettorale con cui si voterà il 4 marzo, si può configurare come un “Porcellum” all’ennesima potenza. O un’altra rivoluzione all’italiana, fallita.

Il nuovo peggio del vecchio, un modo elegante di coglionare il cittadino-elettore, una trappola micidiale per topi, un labirinto in cui loro stessi che l’hanno fatta si sono persi, fra quote rosa e seggi sicuri. Da notte della Repubblica.
 
Solo una mente perversa, bacata e impunita come quella della classe politica italica - cui non interessa il bene comune ma la sublimazione massima del solipsismo - poteva pensare a un sistema elettorale che travisa la volontà del cittadino, che Prodi definisce "una porcheria". Che potremmo denominare “Puttanellum”, nel senso che occorre fare una marchetta col capo per farsi mettere in lista.
 
Un tempo le candidature erano decise dalla fedeltà all’elettore, al territorio, tenevano conto delle gerarchie: oggi in lista finiscono gli zerbini dei boss, gli yesman (dopo un bagno di sangue cruento, all’insegna del cannibalismo). Prima si decide chi deve sedere in Parlamento, poi si va dall’elettore, convitato di pietra della democrazia, a farsi legittimare. In nome di cosa? Non certo della governabilità e la stabilità, visto che si susseguono governi tecnici uno via l’altro e all’orizzonte si profilano le larghe intese (Maroni, Calenda e Alfano si son tenuti fuori, sono già ministri). Siamo in piena barbarie, la democrazia è cosa loro.
 
“Rosatellum” peggio del “Porcellum”, che almeno una maggioranza la assicurava tramite il premio di maggioranza (dichiarato poi incostituzionale). “Rosatellum” invece è sinonimo di instabilità e ingovernabilità già alla fonte, a prescindere direbbe Totò. E non per caso sulla sua testa pendono tre ricorsi, tesi a dimostrarne l’incostituzionalità ancora prima che entri in vigore, tanto da allarmare l’Europa, che con Macron e Moscovici ha richiamato l’Italia sui rischi all’orizzonte e del fatto che l’UE, se l’Italia non dovesse avere un governo, ne sarebbe destabilizzata e svaporerebbe la suggestione della ripresa costruita dai media (e saremmo commissariati dalla trojka, come previde Rino Formica, grande vecchio).
 
Ma c’è anche, oltre a quello diciamo tecnico, un secondo fallimento, meramente politico. I seggi sicuri sono la morte della democrazia. La sordità della classe politica, il suo arroccamento nel Palazzo dì’Inverno è un calcio nel didietro alla società civile (hanno ragione Biagio De Giovanni e Alessandro Campi sul “Messaggero” e Antonio Floridia sul “Manifesto”) fino a ieri mitizzata per opportunismo, ma anche un elemento di preoccupazione e di ulteriore distanza fra paese reale e paese legale, di indebolimento del tessuto democratico (“La democrazia si sta estinguendo”, Giulio Sapelli): insomma, un suicidio annunciato.
 
Nella seconda repubblica la percentuale dei votanti è andata gradatamente diminuendo, in periferia più che al centro: si calcola che non andranno alle urne in 17 milioni. Gli italiani non si sentono rappresentati dalla “nuova” classe politica, un ibrido fra vecchi burocrati supponenti e casalinghe di Voghera, incompetenti e sculettanti. Manca il lavoro, così il Parlamento è visto come un ammortizzatore sociale, la politica come sbocco occupazionale. E tutto galleggia sulle ideologie relativizzate e svuotate di progettualità, di idealità, in una società liquida e globale che crea masse di diseredati, di precari, di uomini senza diritti, pane e dignità, di fantasmi borderline ricacciati sempre più ai margini. Gli uni e gli altri concepiscono la politica come un diversivo, non una mission. E’ un’involuzione ontologica: il prossimo Parlamento sarà pieno di avventurieri e inquisiti, sgallettate fintebionde e vecchie zie virtuose, maestre della bagnacauda, nonni e cugini di chi sta già dentro, amici degli amici che faranno formazione nelle istituzioni, parassiti che vivono sulla politica e che ha al massimo il proprio voto e che ha fatto la marchetta per il seggio sicuro.
 
C’è una invece, e si aggrava, una questione seria di rappresentanza reale, di partecipazione alla vita democratico. E come reagisce la classe politica? Con una legge elettorale con cui salva se stessa come casta, aumentando i benefit, che candida e garantisce le burocrazie vecchie e nuove di partiti e movimenti che sono come i partiti, escludendo, diremmo scientificamente, la società civile. I candidati all’uninominale li decide il partito e i primi posti nei listini accanto pure. Dove sta allora la scelta del cittadino? Il suo onesto desiderio di avere i propri rappresentanti è frustrato, ridicolizzato. Fuck-in elettore.

Il maggioritario è fallito, non è nel nostro dna che privilegia il gruppo, la coschetta: ha provocato disaffezione alla partecipazione e governi tecnici. Per salvare la democrazia da disincanto e delegittimazione si deve tornare al proporzionale puro, con le preferenze chiare: solo così si riavvicineranno i cittadini alle istituzioni, si rifidelizzeranno gli elettori.

Così, invece, con questo grottesco gioco al massacro, il solco si farà ancora più profondo e i votanti caleranno sempre più. Ma forse, è proprio questo che si voleva con lo sbranamento indecente, la mattanza della divisione dei collegi “sicuri”, posto che ve ne siano, perché si avranno molte sorprese. Con un elettorato “liquido”. Di sicuro c’è solo la morte, e le tasse dicono gli americani.
 
Se queste sono le premesse, c’è da prevedere l’aumento dell’astensionismo e il trionfo di neo-sovranismi e populismi in tutte le salse, oltre ai qualunquismi sulla scena trasfigurati nei simboli presentati. Al netto dei cavalli di Troia: Carelli (uomo di Berlusconi), Paragone (referente di Salvini). La “gestione” del post-4 marzo si annuncia perciò complicata assai.
 
E’ la risposta sbagliata a questioni serie e profonde come la rappresentanza e la partecipazione. L’ennesima rivoluzione all’italiana abortita: l’anticamera del “commissariamento”, del salto nel buio, verso lo stato etico delle plutocrazie, magari selezionate e inviate da Bruxelles dopo uno scouting bizantino.

1 Commenti

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