L’ora più buia: la recensione

di FREDERIC PASCALI - Vi sono momenti che di per sé rendono la storia di un uomo degna di essere raccontata e condivisa come esempio di tenacia e irriducibile volontà di affermazione.

Di uno di questi s’impadronisce Joe Wright, sottraendolo al passato e riaffermandolo nella memoria collettiva attraverso il racconto filmico delle decisioni più difficili prese da Winston Churchill poco dopo la sua prepotente ascesa allo scranno di Primo Ministro dell’Impero britannico. L’operazione vintage, a metà tra il biopic e il dramma storico, riesce perfettamente anche grazie alla straordinaria interpretazione di Gary Oldman, fresco candidato all’Oscar come miglior attore protagonista, che riveste i panni dello statista inglese con una puntigliosità quasi maniacale, degna di un posto d’onore nel Museo delle cere di Madame Tussauds.

Nel maggio del 1940 per gli Alleati la situazione della guerra in Europa volge rapidamente al peggio. Dopo l’invasione del Belgio le truppe naziste sono penetrate nel Nord della Francia costringendo francesi e inglesi a una drammatica ritirata. Sir Winston Churchill diventa Primo Ministro ereditando l’ingrato compito di decidere le sorti dell’intero Paese. Il carattere schietto e scorbutico, la saggezza della moglie Clementine e, soprattutto,il suo intuito, sono le doti che nell’ora più buia lo aiutano a prendere le decisioni più difficili, in barba all’ostilità dei membri più autorevoli del suo stesso partito.

Candidato all’Oscar anche come miglior film, “L’ora più buia” si avvale di una sceneggiatura, a firma Anthony McCarten, di grande sensibilità che fa scivolare via leggero, attraverso le manie, le inquietudini, le tenerezze e le fragilità dello statista britannico più amato di sempre,uno degli scorci più difficili nel cammino dell’umanità.

La fotografia “in tinta” di Bruno Delbonnel ribadisce il tema fondante dell’intera trama giostrando abilmente i chiaroscuri degli interni, architravi di un mondo in bilico tra la propria leggenda e il proprio declino, con i primi piani di una macchina da presa ossessivamente attratta dalle espressioni del volto dell’uomo divenuto improvvisamente Storia.

Se è impeccabile tutto il resto del cast, leggiadra Kristin Scott Thomas, “Clementine”, non può essere di certo dimenticata la bella colonna sonora di Dario Marianelli, capace di unire, nell’immaginario collettivo che ospita i sogni che portano alla gloria, il tempo della disperazione e quello della speranza.

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